Gesù inizia la sua missione. Muove i suoi
primi passi. Così ce lo presenta oggi l’evangelista Matteo. Ancora in
continuità con il Battista, subito dopo il suo arresto (“Da allora Gesù cominciò a predicare…”), ma in una novità di modi
e contenuti tutti da scoprire.
Questa missione è da subito indicata come
“esplosione di luce”, utilizzando le parole del profeta Isaia ascoltate anche
nella prima lettura. “Il popolo che
abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione
e ombra di morte una luce è sorta”. Un’immagine bella soprattutto se
abbiamo esperienza del buio, di cosa significhi stare e muoversi nel buio: esso
fa paura (non solo ai bambini…) e soprattutto disorienta: non si è più
consapevoli di dove si mettono i piedi, timorosi, da un momento all’altro, di
trovare il vuoto davanti a noi. Chi non ha fatto esperienze simili? Così è
anche nella nostra vita quando si fa buio. Momenti di crisi, di incomprensione;
situazioni di fatica, di lotta, di sofferenza; fallimenti e sbagli… Quante
volte ci capita di vivere nel buio. Ma c’è anche un buio collettivo: la Parola
ci parla di “popolo che abitava nelle
tenebre”. Non ci viene affatto difficile riconoscere la nostra realtà di
oggi: la fatica, il disorientamento dell’umanità in generale, e della nostra
società in particolare. Tanti problemi e tante situazioni oggi ci danno la
percezione di camminare nelle tenebre, senza riuscire più a capire dove si sta
andando, con la paura di trovarci improvvisamente con il vuoto sotto i piedi…
Non è necessario fare elenchi di situazioni simili… basta rifarci alla cronaca
di ogni giorno.
In questa realtà di tenebre chi non
percepisce il bisogno di una luce, che non nutre il desiderio di maggiore
chiarezza, la possibilità di tornare a rivedere orizzonti chiari di speranza?
Per chi nutre queste attese, e per tutti,
la Parola che ci siamo radunati ad ascoltare oggi, ci annuncia questa
“esplosione di luce” che si compie nella persona di Gesù.
Accogliamo con gioia questo annuncio e
proviamo anche a comprenderlo meglio.
Innanzitutto chiediamoci: DA DOVE viene
questa luce.
Il vangelo (come pure Isaia) è chiaro, da
un’indicazione geografica precisa: “dal
territorio di Zabulon e di Neftali, dalla Galilea dei pagani”. Ma non è
solo indicazione geografica; sta piuttosto a ricordarci che questa luce - Gesù-
si manifesta proprio a partire dalla periferia (così era considerata la
Galilea), si mostra in mezzo a una realtà disprezzata, piccola, povera. E
questo da speranza a quanti dentro realtà simili si trovano immersi.
Ma questa luce VERSO DOVE è orientata, dove
va e si dirige? Ancora il vangelo ci parla: “mentre
camminava… vide… li chiamò”. Verso l’uomo, verso uomini semplici come quei
pescatori, uomini qualunque che lavorano e vivono il loro quotidiano; va verso
ciascuno di noi e ci avvolge proprio nel mezzo delle nostre quotidiane fatiche
e impegni. Il cuore dell’uomo è il suo obiettivo. Per arrivare a trasformarlo.
Questa luce si fa quindi voce, Parola che chiama, che invita a seguire;
soprattutto che annuncia: “Il regno di
Dio è qui”: la Sua Presenza è qui in questa tua storia, in ciò che fai ogni
giorno. Dunque “convertitevi”,
lasciatevi cioè avvolgere e trasformare da questa presenza perché la vostra
vita ritrovi tutta la sua bellezza e il suo significato.
Ecco che allora comprendiamo anche PER CHE
SCOPO questa luce arriva al cuore dell’uomo, di ciascuno di noi: “Venite dietro di me”. Seguirlo con
coraggio e con una nuova gerarchia di valori (il lasciarono le reti, il padre,
la barca, non è altro che l’aver messo un altro prima di tutte queste cose, un
altro che ha il potere di dare un senso anche a queste cose, faccende, persone
che fanno la nostra vita). “Venite dietro
a me, vi farò pescatori di uomini”. Ecco lo scopo finale. Una luce che ci
raggiunge al cuore, ci libera da schiavitù e legami secondari e ci rande capaci
di “pescare uomini”. Pescare è
togliere dall’acqua. Quell’acqua che nella bibbia è anche immagine di morte in
cui si è immersi. Pescare uomini significa diventare capaci di sottrarre altri
da una situazione di morte, di nulla, di riportare pienezza di vita attorno a
noi. Questa è la chiamata che ci è rivolta come discepoli di Gesù che fin dal
Battesimo, da lui pescati e sottratti dall’acqua di morte del peccato, siamo
stati resi figli amati chiamati a dare una mano ad altri, ad essere riflesso
della sua luce. E Paolo, nella seconda lettura, sottolinea una modalità
concreta, così attuale in particolare in questa settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani. Ridare vita equivale a saper vivere relazioni nuove, che
aprono all’unità, alla fraternità: “vi
esorto a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni, ma
siate in perfetta unione di pensiero e di sentire”. A questa rinnovata
comunione tra noi e con gli altri (altri cristiani, credenti o no) ci spinge
questa esplosione di luce. Lasciamoci avvolgere dunque da Gesù, luce vera,
Parola di verità, pienezza di vita, perché in lui e con lui possiamo veramente
essere, non più popolo che abita nelle tenebre, bensì il nuovo popolo di Dio,
chiamato ad annunziare al mondo il suo amore, che dalle tenebre ci conduce allo
splendore della sua luce.
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