sabato 31 maggio 2025

"Di me sarete testimoni" - Ascensione del Signore

 

Sono due i racconti di questo evento dell’ascensione di Gesù. Entrambi scritti da Luca: negli Atti degli Apostoli (1 lettura) e nel vangelo che abbiamo letto.

Due racconti per descrivere un’unica esperienza vissuta da tutti i discepoli. Gesù, colui che ha condiviso in tutto la loro vicenda umana e che è passato tra la gente facendo il bene e annunciando la bella notizia dell’amore di Dio, quel Gesù che è stato ingiustamente condannato e crocifisso, è risorto, è il Vivente, è Dio con noi.

L’ascensione, più che un fatto fisico, esteriore, è un’esperienza spirituale profonda che porta i discepoli alla certezza che in Gesù, morto e risorto, è Dio stesso che si è manifestato.

Colui che è disceso ora ascende. Dio che in Gesù si è fatto uomo, dopo aver manifestato il suo volto, il suo amore, cessa di rendersi visibile nell’umanità, continuando ad avvolgere con la Sua presenza ogni cosa. L’immagine dei ‘cieli’ cui ascende sta a indicare quella realtà spirituale che avvolge ogni cosa.  Come ci ricorda la lettera agli Ebrei (2 lettura) “Cristo è entrato nel cielo stesso”, diventando “via nuova e vivente” per tutti noi. Questo è il senso dell’Ascensione: la consapevolezza che siamo “avvolti” da una Presenza che è la presenza di Dio rivelata in Gesù. Quel Gesù che diventa “via nuova e vivente”. Si apre così per i discepoli, per l’umanità tutta, un cammino nuovo, di ascensione, di realizzazione.

Celebrare l’ascensione dunque è innanzitutto affermare che “Gesù è la via nuova e vivente”: è cioè il centro, il cuore, il senso della storia stessa. In Lui ci è dato di vedere il volto di Dio, di comprendere il suo disegno sull’umanità, di partecipare alla sua stessa vita. Non per nulla, nell’episodio narrato nel vangelo, Gesù si congeda lasciando ai suoi una promessa e una benedizione. “Mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso… poi li benedisse”. Lo Spirito viene ad avvolgerci, lo Spirito del Padre e del Figlio. In Gesù questa promessa e benedizione si compiono. In Lui entriamo nella benedizione di Dio, cioè nel suo amore che ci rende figli amati.

Avvolti così nella Sua Presenza siamo chiamati a diventare “testimoni”: “di questo sarete testimoni”; “riceverete la forza dello Spirito santo e di me sarete testimoni fino ai confini della terra”. Ecco delinearsi il nostro compito, la nostra missione. Testimoni verso tutti che Gesù è Dio rivelato a noi. Un Dio che benedice l’umanità e non la maledice. Un Dio che avvolge tutti con la Presenza del Suo Spirito e tutti trascina verso l’incontro, la comunione con Lui: meta verso cui siamo in cammino.

E’ il compito di ogni cristiano e della chiesa: “nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dai peccati”. Conversione: l’invito a convergere, orientare a Lui la nostra vita. E il perdono dei peccati, la misericordia che rinnova, l’amore che unisce e armonizza le persone. Perché questo è il disegno e la volontà di Dio.

Questa testimonianza oggi in particolare chiede di essere offerta da tutti noi in alcuni ambiti ben precisi.

Innanzitutto testimoni della pace che viene dal vangelo dentro una società tesa alla guerra, al riarmo, alla distruzione. Ha detto ieri papa Leone: “C’è troppa violenza nel mondo, c’è troppa violenza nelle nostre società. Di fronte alle guerre, al terrorismo, alla tratta di esseri umani, all’aggressività diffusa, i ragazzi e i giovani hanno bisogno di esperienze che educano alla cultura della vita, del dialogo, del rispetto reciproco. E prima di tutto hanno bisogno di testimoni di uno stile di vita diverso, nonviolento. La nonviolenza come metodo e come stile deve contraddistinguere le nostre decisioni, le nostre relazioni, le nostre azioni.

Testimoni poi di parole e notizie vere: oggi giornata delle comunicazioni sociali siamo chiamati a educare a un uso più responsabile dei social e soprattutto a far circolare verità e informazioni costruttive, positive. “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori” è il tema di questa giornata. 

Infine testimoni di un amore che ha il coraggio del perdono, del dialogo, del dono reciproco dentro le nostre famiglie, per educare i figli a relazioni sane e costruttive, nel rispetto e nella capacità di dialogo.

Lo Spirito della pace, della verità e dell’amore che invochiamo in questi giorni preparandoci alla Pentecoste ci renda sempre più testimonio credibili del Vangelo di Gesù.


domenica 25 maggio 2025

"Amare, ascoltare, dimorare" - Sesta domenica di Pasqua

 

Partiamo da quell’immagine di apertura che ci presenta la seconda lettura, il libro dell'Apocalisse: “mi trasporto in spirito su un monte grande e alto”. Motivo? “mi mostrò la città santa”. Sul monte per vedere la Gerusalemme celeste, ovvero la chiesa, la comunità dei figli di Dio. Oggi insieme vogliamo guardare a quella città che “scende dal cielo”, quella chiesa-comunità voluta da Dio che siamo chiamati a realizzare.

Il brano la descrive come comunità solida, ben fondata; torna il numero 12 (12 porte, angeli e tribù d’Israele, 12 basamenti, 12 apostoli…) E’ il popolo nuovo che Dio ha fatto nascere dalla Pasqua del Suo Figlio. E’ descritta come una comunità bella, luminosa, dove non c’è più un tempio ma Dio stesso e l’Agnello la abitano e la illuminano.

Questa è la visione dell’Apocalisse. Voi direte: altra è la realtà!

Infatti se andiamo alla prima lettura, nel libro degli Atti degli Apostoli, anche li si descrive la prima comunità che cresce ma in mezzo a questioni e fatiche (chi accogliere, solo i nostri o anche i lontani? Cosa tenere, cosa lasciare del giudaismo, come evangelizzare e nello stesso tempo aiutare chi ha bisogno…) Tuttavia notiamo che, pur nella fatica delle questioni e delle diversità che la caratterizzano, questa comunità impara la strada del “dialogo sinodale” e insieme, sotto la guida dello Spirito santo, scoprono ciò che è essenziale per vivere come chiesa di Cristo, per manifestarsi a tutti come il popolo nuovo che Dio si è dato. E così fanno delle scelte: apertura, accoglienza verso tutti, dialogo, fraternità.

Guardando alla visione dell’Apocalisse e alla realtà degli Atti degli Apostoli oggi tocca a noi riconoscerci questa chiesa in cammino, comunità voluta da Dio per essere testimone della Pasqua, della speranza che Gesù ci ha donato.

Occorre allora che ci lasciamo guidare e illuminare proprio da Lui, il Signore Gesù. Il vangelo lo presenta in mezzo alla prima comunità dei discepoli alla vigilia della sua Pasqua quasi per lasciare le indicazioni essenziali per essere nel tempo la sua chiesa. Le possiamo riassumere queste indicazioni in tre inviti: amare, ascoltare, dimorare. “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e noi prenderemo dimora presso di lui”. Quasi tre passi da compiere insieme perché Lui rimanga tra noi e noi possiamo essere da Lui abitati diventando così la sua famiglia.

Amare Gesù e lasciarci amare da Lui. Se lo amiamo allora ascolteremo la Sua Parola. Infine il dimorare: la sua Presenza in noi, presenza dell’Amore del Dio Trinità. “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e noi prenderemo dimora presso di lui”. Noi: Padre, Figlio e Spirito. Quello Spirito Paraclito aiuto e forza, che “insegnerà” e “ricorderà” a noi tutto quello che Gesù ci ha detto così che Lui dimori in noi e sia il cuore della nostra vita personale e comunitaria.

Se così avviene allora veramente “non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”. Allora veramente sperimenteremo la Sua pace che può maturare solo in un cuore abitato dalla Sua presenza.

Gesù, amato, ascoltato diventa Presenza in noi del Padre che con il fuoco del suo Spirito guida ancora oggi la chiesa tutta, affinché possiamo essere i testimoni del Suo Amore: i diffusori di quella pace vera che tanti invano cercano; i costruttori di una chiesa dalle porte aperte che splenda di una bellezza frutto, non di oro e di argento, bensì di una Presenza che la avvolge, di un Dio che in Gesù, Parola e Spirito, vuole essere tutto in tutti.


sabato 17 maggio 2025

"Fare nuove tutte le cose" - Quinta domenica di Pasqua

 

Novità. E’ il desiderio che tutti portiamo nel cuore. Relazioni nuove, fraterne, di pace, serenità e dignità, reciproco aiuto e stima. Questa novità desideriamo.

Essa oggi ci viene annunciata come possibilità. C’è qualcuno capace di realizzarla concretamente, qualcuno che pagando di persona fino al dono della vita ora vive per sempre e attesta che tutto può rinnovarsi. "Ecco, Io faccio nuove tutte le cose!". Lui "abiterà con loro, asciugherà ogni loro lacrima, non vi sarà più la morte, né lutto né lamento né affanno", così annuncia il libro dell’Apocalisse.

La novità si fa possibile se accogliamo la Presenza di Gesù, l'uomo nuovo, il risorto, nella nostra vita. 

Con Lui la nostra esistenza potrà diventare capace di produrre frutti nuovi. Primo tra tutti il frutto dell'amore che Gesù ci chiede, ci comanda, di portare. Un invito ad amare vecchio quanto la storia dell’umanità, ma che si presenta come proposta totalmente nuova nelle sue modalità. "Come io vi ho amati". Qui sta la novità: non tanto nell’amore, ma nel ‘come’ attuarlo. “Come io”. Come? Non a caso la pagina di oggi si apre con il riferimento a Giuda e con l'osservazione che "ora il Figlio è glorificato"; cioè solo ora nell'ora dell'amore supremo dato anche a Giuda, al traditore, e attuato sulla croce, nel dono della vita, si manifesta la gloria, cioè la grandezza e la totalità dell'amore del Padre rivelato nel Figlio. Un amore dunque che ha il coraggio di abbassarsi, accogliere e abbracciare anche il nemico.

Questo amore deve diventare sempre più il segno (l'unico segno) di riconoscimento per coloro che si dicono suoi discepoli "da questo vi riconosceranno se vi amate gli uni gli altri"

Questo amore di Gesù non sta solo come modello da imitare, ma anche quale causa, fondamento, che rende capaci di amarci. Siamo chiamati ad accogliere in noi l'Amore di Gesù: accoglierlo dentro la nostra vita fatta di peccato, debolezze, infedeltà. Solo se il Suo Amore è accolto, saremo trasformati e resi capaci di amare come Lui.

E' quanto vediamo nei primi discepoli (1 lettura): l'amore di Gesù li spingeva alla missione, all'amare come lui pur in mezzo alle tribolazioni. E in questo loro darsi da fare per diffondere e far crescere comunità cristiane c’è alla fine il riconoscere che chi effettivamente opera non sono tanto loro, ma Dio stesso: “riferirono quello che Dio aveva fatto per mezzo loro”.

Quanto è importante questa consapevolezza anche per noi oggi e per le nostre comunità. Non dobbiamo mai dimenticare che non siamo noi a fare nuove le cose, ma solo Lui. Lui che continua ad agire attraverso noi nella misura che ci lasciamo amare e impariamo ad amare “come Lui”.

Questo è ciò di cui oggi c'è particolarmente bisogno. Questa è la vera novità che serve al mondo, la riforma delle riforme, nelle famiglie, nella società, nelle nostre comunità.

Solo l'amore di Cristo, accolto in noi, può fare nuove tutte le cose, il mondo, la storia, ma innanzitutto, prima di tutto, la nostra vita personale.

E solo da questo amore vissuto concretamente, ogni giorno, “tutti sapranno che siamo sui discepoli”. Non da altro. Non tanto dalle cose che facciamo, ma da come ci amiamo: “se avete amore gli uni per gli altri… tutti sapranno”.

Tutti potranno allora toccare con mano che la Parola del Signore è efficace e fa veramente nuove tutte le cose; che la Sua Presenza d’amore continua oggi in mezzo a noi.

Chiediamo che questo si compia in noi e in particolare per papa Leone che inizia oggi ufficialmente il suo nuovo ministero. Lo chiediamo per i capi delle nazioni, per quelli che si professano cristiani in particolare, perché sappiano portare quella novità dell’amore che genera la pace vera interrompendo quanto prima ogni forma di violenza e di guerra. Lavoriamo insieme, ognuno nel proprio ambito di vita, per generare novità attraverso scelte e comportamenti di amore autentico a immagine di Cristo Gesù.