Guardare, osservare. Due verbi che risuonano nella pagina del vangelo come invito che oggi Gesù rivolge a tutti noi.
Guardare e osservare chi? Ci sono nel vangelo due scene caratterizzate una dagli scribi, e l’altra dalla vedova.
La prima scena vede in mostra gli scribi, gente che ha fatto dell’esteriorità il loro stile di vita: “passeggiano in lunghe vesti, amano i primi posti, essere riveriti per strada...”. Non solo: questo loro modo di atteggiarsi nasconde ingiustizia e mancanza di amore: “divorano le case delle vedove”.
Questa vita ridotta a spettacolo esteriore che nasconde atteggiamenti ingiusti di disprezzo degli altri purtroppo la vediamo praticata anche oggi. Gli scribi di oggi hanno certo altri nomi (e forse anche il nostro nome…), ma sempre si tratta di persone che a tutti i costi vogliono apparire, emergere nella società a discapito degli altri, anzi usando spesso gli altri e anche Dio stesso.
“Guardatevi” da loro, dice con chiarezza Gesù. “Guardatevi” e non “guardateli”; tenetevi lontani, state attenti e non invidiateli né imitateli. Perché il rischio è proprio questo: che ci lasciamo prendere da questo modo di essere e di vivere che ci circonda ed è costantemente sotto i nostri occhi nella tv, nei giornali, fino a rimanerne assuefatti, incantati come davanti a modelli da imitare. Questi sono quelli che divorano e massacrano i piccoli, gli indifesi, i poveri. “Guardatevi” da loro, tenetevi ben lontani.
La seconda scena invece vede protagonista una “vedova povera”. Gesù ci invita a fissare gli occhi su di lei. Ad osservarla nel suo modo di essere e di agire. “Seduto davanti al tesoro del tempio Gesù osservava come la folla vi gettava monete”. Osservava «come», non «quanto» la gente offriva. “I ricchi (quelli descritti sopra) gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine”. Gesù chiama a sé i discepoli e li invita a osservare con attenzione: “questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”.
Gesù non bada ovviamente alla quantità di denaro. Guarda al cuore di una donna che ha saputo mettere tutta la sua vita, tutto quello che possedeva, il suo stesso futuro, nelle mani di Dio; una donna che veramente ama Dio con tutto sé stessa, fidandosi totalmente di Lui e affidandosi totalmente a Lui.
Un forte contrasto tra le due scene. Un contrasto che fa emergere due modi diversi di vivere e di credere. Uno da cui guardarsi: “Guardatevi”, l’altro da osservare e imitare.
Su questi due atteggiamenti dobbiamo verificarci innanzitutto personalmente. Sì perché si può essere cristiani solo di facciata, capaci anche di fare tante cose esteriori belle per farsi notare e peggio ancora opprimendo gli altri. Da questo modo di vivere dobbiamo veramente guardarci, starne lontani.
Nella vedova povera invece è tracciato lo stile del vero credente, del discepolo di Gesù chiamato ad assumerne lo stile: di fiducia, di affidamento, di donazione gratuita non tanto di cose, di denaro, quanto di se stessi, della propria vita.
Come la vedova povera, quelli che sorreggono il mondo, quelli che contano veramente agli occhi di Dio, non sono gli uomini e le donne di cui tutti parlano e sfacciatamente mettono davanti ai nostri occhi ogni loro azione e scelta, bensì quelli dalla vita nascosta, fatta di fedeltà, di generosità, di onestà, di giornate a volte cariche di immensa fatica. Sono questi che danno di più. I primi posti di Dio appartengono a quelli che, in ognuna delle nostre case, danno ciò che fa vivere, regalano vita quotidianamente, con mille gesti non visti da nessuno, gesti di cura, di attenzione, rivolti ai genitori o ai figli o a chi è nella necessità. Piccoli gesti pieni di cuore, come quelli delle due vedove che la Parola oggi ci presenta; gesti che nascono da una fede profonda e autentica e ne diventano manifestazione.
Gesù, nell’atteggiamento generoso della vedova, vede il proprio cammino. I discepoli devono fissare bene nella mente quel gesto, sia per comprendere la sua passione e morte, che per disporsi a fare altrettanto.
Guardiamo a Lui che si è fatto povero ed è venuto a donare, non il superfluo, ma tutto per noi, per quel ‘tempio’ che è l’umanità. Lui, come ci ha ricordato la lettera agli Ebrei, “ha offerto sé stesso una volta per tutte” perché anche tutti noi, liberi dall’inganno del peccato, ne seguissimo l’esempio.