Partiamo da quell’immagine di apertura che ci presenta la seconda lettura, il libro dell'Apocalisse: “mi trasporto in spirito su un monte grande e alto”. Motivo? “mi mostrò la città santa”. Sul monte per vedere la Gerusalemme celeste, ovvero la chiesa, la comunità dei figli di Dio. Oggi insieme vogliamo guardare a quella città che “scende dal cielo”, quella chiesa-comunità voluta da Dio che siamo chiamati a realizzare.
Il brano la descrive come comunità solida, ben fondata; torna il numero 12 (12 porte, angeli e tribù d’Israele, 12 basamenti, 12 apostoli…) E’ il popolo nuovo che Dio ha fatto nascere dalla Pasqua del Suo Figlio. E’ descritta come una comunità bella, luminosa, dove non c’è più un tempio ma Dio stesso e l’Agnello la abitano e la illuminano.
Questa è la visione dell’Apocalisse. Voi direte: altra è la realtà!
Infatti se andiamo alla prima lettura, nel libro degli Atti degli Apostoli, anche li si descrive la prima comunità che cresce ma in mezzo a questioni e fatiche (chi accogliere, solo i nostri o anche i lontani? Cosa tenere, cosa lasciare del giudaismo, come evangelizzare e nello stesso tempo aiutare chi ha bisogno…) Tuttavia notiamo che, pur nella fatica delle questioni e delle diversità che la caratterizzano, questa comunità impara la strada del “dialogo sinodale” e insieme, sotto la guida dello Spirito santo, scoprono ciò che è essenziale per vivere come chiesa di Cristo, per manifestarsi a tutti come il popolo nuovo che Dio si è dato. E così fanno delle scelte: apertura, accoglienza verso tutti, dialogo, fraternità.
Guardando alla visione dell’Apocalisse e alla realtà degli Atti degli Apostoli oggi tocca a noi riconoscerci questa chiesa in cammino, comunità voluta da Dio per essere testimone della Pasqua, della speranza che Gesù ci ha donato.
Occorre allora che ci lasciamo guidare e illuminare proprio da Lui, il Signore Gesù. Il vangelo lo presenta in mezzo alla prima comunità dei discepoli alla vigilia della sua Pasqua quasi per lasciare le indicazioni essenziali per essere nel tempo la sua chiesa. Le possiamo riassumere queste indicazioni in tre inviti: amare, ascoltare, dimorare. “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e noi prenderemo dimora presso di lui”. Quasi tre passi da compiere insieme perché Lui rimanga tra noi e noi possiamo essere da Lui abitati diventando così la sua famiglia.
Amare Gesù e lasciarci amare da Lui. Se lo amiamo allora ascolteremo la Sua Parola. Infine il dimorare: la sua Presenza in noi, presenza dell’Amore del Dio Trinità. “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e noi prenderemo dimora presso di lui”. Noi: Padre, Figlio e Spirito. Quello Spirito Paraclito aiuto e forza, che “insegnerà” e “ricorderà” a noi tutto quello che Gesù ci ha detto così che Lui dimori in noi e sia il cuore della nostra vita personale e comunitaria.
Se così avviene allora veramente “non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”. Allora veramente sperimenteremo la Sua pace che può maturare solo in un cuore abitato dalla Sua presenza.
Gesù, amato, ascoltato diventa Presenza in noi del Padre che con il fuoco del suo Spirito guida ancora oggi la chiesa tutta, affinché possiamo essere i testimoni del Suo Amore: i diffusori di quella pace vera che tanti invano cercano; i costruttori di una chiesa dalle porte aperte che splenda di una bellezza frutto, non di oro e di argento, bensì di una Presenza che la avvolge, di un Dio che in Gesù, Parola e Spirito, vuole essere tutto in tutti.