domenica 25 maggio 2025

"Amare, ascoltare, dimorare" - Sesta domenica di Pasqua

 

Partiamo da quell’immagine di apertura che ci presenta la seconda lettura, il libro dell'Apocalisse: “mi trasporto in spirito su un monte grande e alto”. Motivo? “mi mostrò la città santa”. Sul monte per vedere la Gerusalemme celeste, ovvero la chiesa, la comunità dei figli di Dio. Oggi insieme vogliamo guardare a quella città che “scende dal cielo”, quella chiesa-comunità voluta da Dio che siamo chiamati a realizzare.

Il brano la descrive come comunità solida, ben fondata; torna il numero 12 (12 porte, angeli e tribù d’Israele, 12 basamenti, 12 apostoli…) E’ il popolo nuovo che Dio ha fatto nascere dalla Pasqua del Suo Figlio. E’ descritta come una comunità bella, luminosa, dove non c’è più un tempio ma Dio stesso e l’Agnello la abitano e la illuminano.

Questa è la visione dell’Apocalisse. Voi direte: altra è la realtà!

Infatti se andiamo alla prima lettura, nel libro degli Atti degli Apostoli, anche li si descrive la prima comunità che cresce ma in mezzo a questioni e fatiche (chi accogliere, solo i nostri o anche i lontani? Cosa tenere, cosa lasciare del giudaismo, come evangelizzare e nello stesso tempo aiutare chi ha bisogno…) Tuttavia notiamo che, pur nella fatica delle questioni e delle diversità che la caratterizzano, questa comunità impara la strada del “dialogo sinodale” e insieme, sotto la guida dello Spirito santo, scoprono ciò che è essenziale per vivere come chiesa di Cristo, per manifestarsi a tutti come il popolo nuovo che Dio si è dato. E così fanno delle scelte: apertura, accoglienza verso tutti, dialogo, fraternità.

Guardando alla visione dell’Apocalisse e alla realtà degli Atti degli Apostoli oggi tocca a noi riconoscerci questa chiesa in cammino, comunità voluta da Dio per essere testimone della Pasqua, della speranza che Gesù ci ha donato.

Occorre allora che ci lasciamo guidare e illuminare proprio da Lui, il Signore Gesù. Il vangelo lo presenta in mezzo alla prima comunità dei discepoli alla vigilia della sua Pasqua quasi per lasciare le indicazioni essenziali per essere nel tempo la sua chiesa. Le possiamo riassumere queste indicazioni in tre inviti: amare, ascoltare, dimorare. “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e noi prenderemo dimora presso di lui”. Quasi tre passi da compiere insieme perché Lui rimanga tra noi e noi possiamo essere da Lui abitati diventando così la sua famiglia.

Amare Gesù e lasciarci amare da Lui. Se lo amiamo allora ascolteremo la Sua Parola. Infine il dimorare: la sua Presenza in noi, presenza dell’Amore del Dio Trinità. “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e noi prenderemo dimora presso di lui”. Noi: Padre, Figlio e Spirito. Quello Spirito Paraclito aiuto e forza, che “insegnerà” e “ricorderà” a noi tutto quello che Gesù ci ha detto così che Lui dimori in noi e sia il cuore della nostra vita personale e comunitaria.

Se così avviene allora veramente “non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”. Allora veramente sperimenteremo la Sua pace che può maturare solo in un cuore abitato dalla Sua presenza.

Gesù, amato, ascoltato diventa Presenza in noi del Padre che con il fuoco del suo Spirito guida ancora oggi la chiesa tutta, affinché possiamo essere i testimoni del Suo Amore: i diffusori di quella pace vera che tanti invano cercano; i costruttori di una chiesa dalle porte aperte che splenda di una bellezza frutto, non di oro e di argento, bensì di una Presenza che la avvolge, di un Dio che in Gesù, Parola e Spirito, vuole essere tutto in tutti.


sabato 17 maggio 2025

"Fare nuove tutte le cose" - Quinta domenica di Pasqua

 

Novità. E’ il desiderio che tutti portiamo nel cuore. Relazioni nuove, fraterne, di pace, serenità e dignità, reciproco aiuto e stima. Questa novità desideriamo.

Essa oggi ci viene annunciata come possibilità. C’è qualcuno capace di realizzarla concretamente, qualcuno che pagando di persona fino al dono della vita ora vive per sempre e attesta che tutto può rinnovarsi. "Ecco, Io faccio nuove tutte le cose!". Lui "abiterà con loro, asciugherà ogni loro lacrima, non vi sarà più la morte, né lutto né lamento né affanno", così annuncia il libro dell’Apocalisse.

La novità si fa possibile se accogliamo la Presenza di Gesù, l'uomo nuovo, il risorto, nella nostra vita. 

Con Lui la nostra esistenza potrà diventare capace di produrre frutti nuovi. Primo tra tutti il frutto dell'amore che Gesù ci chiede, ci comanda, di portare. Un invito ad amare vecchio quanto la storia dell’umanità, ma che si presenta come proposta totalmente nuova nelle sue modalità. "Come io vi ho amati". Qui sta la novità: non tanto nell’amore, ma nel ‘come’ attuarlo. “Come io”. Come? Non a caso la pagina di oggi si apre con il riferimento a Giuda e con l'osservazione che "ora il Figlio è glorificato"; cioè solo ora nell'ora dell'amore supremo dato anche a Giuda, al traditore, e attuato sulla croce, nel dono della vita, si manifesta la gloria, cioè la grandezza e la totalità dell'amore del Padre rivelato nel Figlio. Un amore dunque che ha il coraggio di abbassarsi, accogliere e abbracciare anche il nemico.

Questo amore deve diventare sempre più il segno (l'unico segno) di riconoscimento per coloro che si dicono suoi discepoli "da questo vi riconosceranno se vi amate gli uni gli altri"

Questo amore di Gesù non sta solo come modello da imitare, ma anche quale causa, fondamento, che rende capaci di amarci. Siamo chiamati ad accogliere in noi l'Amore di Gesù: accoglierlo dentro la nostra vita fatta di peccato, debolezze, infedeltà. Solo se il Suo Amore è accolto, saremo trasformati e resi capaci di amare come Lui.

E' quanto vediamo nei primi discepoli (1 lettura): l'amore di Gesù li spingeva alla missione, all'amare come lui pur in mezzo alle tribolazioni. E in questo loro darsi da fare per diffondere e far crescere comunità cristiane c’è alla fine il riconoscere che chi effettivamente opera non sono tanto loro, ma Dio stesso: “riferirono quello che Dio aveva fatto per mezzo loro”.

Quanto è importante questa consapevolezza anche per noi oggi e per le nostre comunità. Non dobbiamo mai dimenticare che non siamo noi a fare nuove le cose, ma solo Lui. Lui che continua ad agire attraverso noi nella misura che ci lasciamo amare e impariamo ad amare “come Lui”.

Questo è ciò di cui oggi c'è particolarmente bisogno. Questa è la vera novità che serve al mondo, la riforma delle riforme, nelle famiglie, nella società, nelle nostre comunità.

Solo l'amore di Cristo, accolto in noi, può fare nuove tutte le cose, il mondo, la storia, ma innanzitutto, prima di tutto, la nostra vita personale.

E solo da questo amore vissuto concretamente, ogni giorno, “tutti sapranno che siamo sui discepoli”. Non da altro. Non tanto dalle cose che facciamo, ma da come ci amiamo: “se avete amore gli uni per gli altri… tutti sapranno”.

Tutti potranno allora toccare con mano che la Parola del Signore è efficace e fa veramente nuove tutte le cose; che la Sua Presenza d’amore continua oggi in mezzo a noi.

Chiediamo che questo si compia in noi e in particolare per papa Leone che inizia oggi ufficialmente il suo nuovo ministero. Lo chiediamo per i capi delle nazioni, per quelli che si professano cristiani in particolare, perché sappiano portare quella novità dell’amore che genera la pace vera interrompendo quanto prima ogni forma di violenza e di guerra. Lavoriamo insieme, ognuno nel proprio ambito di vita, per generare novità attraverso scelte e comportamenti di amore autentico a immagine di Cristo Gesù.

 


sabato 10 maggio 2025

"In buone mani" - Quarta domenica di Pasqua - Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

 

Una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”. E’ la visione profetica della 2 lettura, nel libro dell’Apocalisse. Ma è un po' anche quanto abbiamo visto davanti a nostri occhi in questi giorni a Roma, nel gruppo dei cardinali come pure nella folla multicolore radunata in piazza: una moltitudine di ogni nazione, popolo, razza. Immagine e anticipo di questa nostra umanità chiamata a diventare famiglia, a trovare unità davanti a Colui che è l’origine della sua stessa vita.  

“Stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello” che siede sul trono perché vincitore. Gesù è l’agnello che ha donato la sua vita per l’umanità e che, risorto, vive per sempre, è il vincitore e dona la sua pace.

“La Pace sia con voi. - Così ha salutato il nuovo papa l’umanità tutta - Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente”.

Di questo amore l’umanità è chiamata a farne esperienza piena: “non avranno più fame né avranno più sete” perché “l’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”.

Gesù è Colui che donando la vita per amore (Agnello) guida tutti noi (Pastore) alle “fonti delle acque dalla vita”.

Così nel vangelo si presenta: guida per condurci, anzi per farci dono della vita senza fine: “io do loro la vita eterna”. In questo Egli opera a nome di Dio Padre, perché “io e il Padre siamo una cosa sola”. E del Padre Gesù manifesta tutto l’amore, l’attenzione e la cura per ciascuno di noi: “nessuno le strapperà dalla mia mano…. nessuno può strapparle dalla mano del Padre”.

Ed ecco ancora le parole di papa Leone: “Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti! Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di Lui come del ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace”.

Davanti a questo amore smisurato del Padre a noi è chiesto semplicemente di ascoltare e seguire Colui che ci conosce da sempre. “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”.

Chiamati alla vita, ci è indicata la strada per realizzarla in pienezza: ascoltare la Voce, seguire Colui che amandoci si è fatto guida e pastore. Non altre voci che sovrastano la sua Voce. Troppi altri falsi pastori ci seducono e ci spingono a seguirli. E così invece che le fonti della vita, sperimentiamo l’aridità e la sete, il fallimento e il vuoto, la paura e l’angoscia. Dobbiamo imparare a far tacere queste voci per ascoltare l’unica Voce. Ascoltare e amare la Voce del Pastore. Ascoltare la Sua Parola perché questa Parola non ha altro da ricordarci che siamo in buone mani, nelle sue mani, come figli amati e che “nessuno può strapparci dalle mani del Padre”.

Da questa certezza troveremo la capacità, il rinnovato coraggio di seguirlo, di fare con Lui lo stesso cammino che porta alla “fonte della vita”. E’ quanto sono stati capaci di fare i primi cristiani: nel libro degli Atti (prima lettura) c’è la forte insistenza sulla Parola annunciata e ascoltata e nel contempo si descrive come questa Parola rende capaci di fare come Gesù anche davanti alle prove, alle gelosie, alle persecuzioni. La vita si fa servizio, si fa dono; è la vocazione di ogni cristiano, servire come Gesù per portare a tutti la sua Parola, la speranza che ci dona, la bella notizia dell’amore di Dio per ogni sua creatura, del nostro essere nelle sue mani e dell’essere chiamati, tutti, a diventare famiglia in Lui che è sorgente della vita per ciascuno di noi e dell’universo intero. Così tutti noi, ciascuno secondo la propria vocazione, collaboriamo all’unica missione: “a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace” (papa Leone XIV).