L’immagine che
emerge dalla Parola di Dio oggi è l’immagine della comunione, di una grande
famiglia.
E’ la moltitudine
immensa descritta nella prima lettura, una moltitudine chiamata a essere
famiglia di Dio, figli suoi, come ci ricorda la seconda lettura; una
moltitudine composta da tutti coloro che poveri, miti, pacifici, afflitti,
perseguitati, misericordiosi hanno percorso le strade della storia lasciando
tracce di verità e di bene.
La festa di oggi
celebra dunque tutti i santi, o meglio la comunione dei santi (così come
professiamo nel credo): cioè l’essere noi qui sulla terra e tutti coloro che ci
hanno preceduti, una sola famiglia, in una comunione che ci unisce tutti in
quell’unica fonte di vita e di amore che è Dio.
Festa dunque
della comunione: dei santi e dei peccatori che si tengono per mano nell’immenso
pellegrinaggio della vita.
Tutti peccatori,
ma tutti chiamati ad essere santi, perché tutti portiamo in noi l’immagine e la
somiglianza con il solo Santo, il Dio rivelato in Gesù e siamo tutti abitati
dal suo Spirito che è vita senza fine.
Da queste
considerazione allora emergono alcuni ‘pensieri forti’ che dobbiamo radicare
nel cuore e che devono guidare il nostro cammino.
Non siamo soli.
E’ festa oggi contro la solitudine, contro ogni isolamento. Non siamo soli,
siamo comunione, siamo parte di una comunione che ci avvolge e ci spinge perché
abbiamo a portare a compimento al meglio la nostra vita.
I santi ci
spingono con il loro esempio e la loro amicizia. Ci sostengono. Ci dicono:
anche tu puoi.
Se non ci fossero
i santi, se non credessimo a questa comunione tra loro e noi, saremmo chiusi in
una solitudine disperata.
La comunione con
loro invece ci dice che in me, in ciascuno di noi, c’è qualcosa che è stato
anche in loro: in me e in ciascuno c’è un po’ di Paolo e di Pietro, di san
Francesco, di Madre Teresa, di quel santo di cui porto il nome…
Non è presunzione
questa, ma effetto di questa comunione di vita che ci avvolge, dalla quale
ricaviamo forza e capacità per saper dare anche noi il meglio con la nostra
vita.
Tutto ciò allora
ci porta a un secondo ‘pensiero forte’.
Ci dice che c’è
un destino di speranza che ci attende, verso il quale ci muoviamo, un destino di
vita. Il nostro vivere è pellegrinaggio verso un oltre; è dunque un camminare
senza paura e sconforto, dentro una storia non facile, ma verso una meta che
non è il nulla, ma la beatitudine, la felicità piena e definitiva.
La realizzazione
totale del nostro essere e dell’umanità tutta in una comunione che finalmente
si compirà pienamente, così che tutti saremo una cosa sola in Dio, simili a Lui
e viventi nella pienezza del suo Amore.
L’ultimo
pensiero: questa meta finale è per tutti, aperta a tutti, senza distinzioni e
al di là dei meriti conseguiti!
E’ dono che Dio
stesso, nel suo amore, e per sua grazia ci offre, dono che ci raggiunge fin
d’ora e ci fa nuovi interiormente.
Dono da
accogliere: siamo chiamati ad accogliere “l’iniziativa
mirabile del suo amore”. Un Dio che si fa vicino, ci riempie di sé e ci
eleva alla dignità di figli suoi.
Dio non cerca
eroi (i santi non sono tali), ma figli che si lasciano amare, uomini e donne
veri che camminano con le loro debolezze e fatiche con il desiderio della
santità, accompagnati e sostenuti dal Suo amore accolto e coltivato nella
nostra vita. Questo dentro la quotidiana e normalissima vita di tutti i giorni.
Il Vangelo di
oggi sembra evocare cose di tutti i giorni, una trama di situazioni comuni,
fatiche, speranza, lacrime: sono il nostro pane quotidiano.
A significare che
fra tutte le beatitudini c’è la tua, quella scritta e pensata per te, quella
che è la tua missione, che tu devi identificare vivere.
In quell’elenco
ci siamo tutti: i poveri, i miti, i misericordiosi, gli incompresi, quelli
dagli occhi puri, i semplici. C’è la santità delle lacrime, di coloro che molto
hanno pianto, che sono il tesoro di Dio.
Non è dunque la
santità degli eroi che ci è chiesta, non è la santità degli uomini duri e puri.
Gesù non convoca eroi nel suo regno; non si rivolge ai forti e ai migliori tra
noi, ma a peccatori e pubblicani. A un
Pietro roccia che si sbriciola e rinnega, a una Maddalena che aveva sette
demoni, a pescatori che non sanno leggere: si rivolge a gente come me, come
tutti noi. Il paradiso – potremmo dire - non è pieno di santi, ma è pieno di
peccatori perdonati, di gente comune, come noi.
Dunque viviamo il
nostro quotidiano come strada verso la santità, con semplicità e gioia, facendo
spazio ogni giorno, a quell’amore di Dio che ci accompagna e che vuole fare
anche di noi, peccatori, i suoi figli amati, santi e beati.