“Che cosa vuoi che io faccia per te?”: che bella questa domanda che anticipa la richiesta del cieco. In Gesù vediamo tutta la premurosa attenzione di Dio verso di noi: è Gesù infatti che chiede, così come fa un servo davanti al suo padrone: cosa devo farti? Una domanda che rivela l’atteggiamento di disponibilità e di servizio tipico di Gesù. “Il Figlio dell’uomo è venuto per servire” ci ha detto domenica scorsa. E già nell’episodio di settimana scorsa questa domanda era risuonata: “Che cosa volete che io faccia per voi?” Così Gesù si rivolse a Giacomo e Giovanni lungo la strada. Loro chiesero i primi posti, privilegi e onori. Il cieco chiede, grida con forza il bisogno di luce.
Nella figura di questo cieco l’evangelista vuole indicare l’atteggiamento del discepolo: di Giacomo e Giovanni e degli altri che lo seguivano e di ciascuno di noi oggi. Noi discepoli che “non sappiamo cosa chiediamo” e dove andiamo. Noi che abbiamo bisogno di luce per capire su quale strada camminare: se quella del potere o quella del servizio; quella del sistemarsi o quella del donarsi.
Oggi in particolare, facciamo fatica come cristiani, come chiesa a vedere come muoverci, come vivere la nostra fede, come orientarci nelle nebbie e nelle tenebre di questo nostro tempo non facile. Il Papa ci invita a tornare “al cuore” con la sua nuova enciclica, a quel cuore di Cristo da cui proviene tutto l’amore di Dio per noi, tutta la luce di cui abbiamo bisogno. Il Sinodo che si sta chiudendo a Roma ci indica la sinodalità come metodo del nostro camminare insieme per una chiesa più missionaria, ministeriale. Tuttavia facciamo fatica a vedere dove stiamo andando, che passi e scelte compiere.
E non vediamo perché restiamo avvolti nelle nostre paure, chiusi nel mantello delle nostre sicurezze e abitudini che invece il cieco ha saputo con coraggio e decisione gettare alle spalle. Come ciechi non vediamo dove stiamo andando in questo tempo di crisi, di fatiche, di abbandoni, di incertezze.
“Che cosa vuoi che io faccia per te?” così oggi si rivolge a noi il Signore Gesù.
Troviamo il coraggio, senza lasciarci intimidire dalla folla, da questa società che fa tacere e mette da parte quanti invocano Dio e lo cercano. Gridiamo anche noi con forza: “Che io veda Signore!” Vuole essere oggi anche la nostra invocazione, quella delle nostre comunità e della chiesa tutta, la supplica dell’umanità intera che cerca spiragli di luce in mezzo a tanta tenebra e violenza.
Che il Signore ci aiuti a vedere la strada da seguire, la sua strada e non le nostre, per ridare speranza ai nostri giorni, per riportare pace nei nostri cuori tormentati, per ritrovare coraggio per gesti di perdono, per parole di riconciliazione, per scelte concrete di fraternità e di condivisione.
Gesù chiama anche noi a incontrarlo. “Chiamatelo”. Non ci lascia mendicanti solitari ai bordi delle strade. Ci chiama, ci invita a portare a lui il nostro grido, la nostra cecità, pronto a guarire i nostri occhi e il nostro cuore.
Da Lui guariti e illuminati ritroviamo la capacità di diventare suoi strumenti, missionari inviati a offrire a tutti parole di incoraggiamento e di vita nuova. “Coraggio! Alzati, ti chiama!”. E’ la chiamata a risorgere: Alzati!.
E’ parola per la comunità cieca, chiamata a rialzarsi. E per ciascuno di noi. Parola da regalare a quanti ancora oggi ai margini della strada, della vita, gridano il loro dolore e la loro notte: “Coraggio! Alzati”. Come discepoli, guariti diventiamo guaritori. Rialzati rialziamo. Chiamati chiamiamo all’incontro con Colui che è la vera Luce del mondo.
Andare a Gesù per trovare luce. Portare a Gesù perché tutti abbiano luce. E’ la missione della chiesa e di ciascuno di noi.
E’ quanto il mondo oggi inconsapevolmente attende.