venerdì 30 giugno 2017

Tredicesima domenica del Tempo ordinario



Paolo, nella seconda lettura, ci ricorda che il cristiano è colui che vive una vita nuova.
Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.
In cosa consiste questa vita nuova? 
Forse noi pensiamo subito alla vita oltre la morte; certo, anche, e pure Paolo lo richiama nel brano letto. Ma questa vita nuova è già iniziata e già si attua qui, oggi, appunto a partire dal Battesimo che ci ha resi viventi per Dio, in Cristo Gesù.
Innanzitutto essa consiste nel mettere Gesù sopra tutto e tutti… per vivere da uomini e donne liberi e non dipendenti. Amare Gesù ‘più di’ madre, padre, figlio, più del proprio io e della propria vita non vuol dire amare meno gli altri, ma amarli nel modo più autentico e vero, senza dipendenza e nella libertà del dono, nella gratuità vera. E’ intraprendere la stessa via di Gesù che è la via della croce, del dono che apre alla vera vita.
La vita vecchia tende a possedere l’altro e a legarci a tal punto da essere dipendenti, non più liberi e dunque ad amare nel modo sbagliato, dentro una logica di possesso e non più di gratuità.
La vita nuova di chi si riconosce vivente in Cristo Gesù, porta a vivere un amore vero perché non più dipendente, ma libero che ha come unico riferimento l’amore stesso di Gesù, amato di più, prima e sopra ogni altra persona o cosa, o meglio amando gli altri, se stessi, le cose, attraverso Lui, fino ad amare come Lui ci ha amati.
Nella vita nuova iniziata con la risurrezione di Gesù il Padre che è nei cieli ci ha resi fratelli e figli che sono sopra la terra. Non esiste il ricco o il povero, il colto o l’ignorante, il buono o il cattivo; esiste l’uomo ed esso è figlio del Padre. Un mondo nuovo, un ritmo nuovo, e in questo mondo, in questo ritmo di vita nuova il padre, la madre, i figlio secondo la carne e il sangue diventano essenzialmente fratelli in Dio, nel Padre, l’unico principio e fine ultimo di tutto e di tutti.
Tutto ciò stravolge e rinnova ogni cosa. Nel perdersi, nel donarsi, nel morire a relazioni di possesso, si nasce a relazioni nuove di autentico amore, ci si apre a una vita non certo persa, bensì ritrovata e realizzata.
C’è poi una secondo segnale di vita nuova. Il riconoscere Gesù in tutti…  
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.
Questo riconoscere rende nuovo e diverso anche l’aiutare.
Noi spesso aiutiamo quasi per sentirci bravi, importanti, per essere in qualche modo gratificati dall’azione compiuta. La vita nuova porta invece a riconoscere Gesù nell’altro e dunque a vivere l’aiuto come accoglienza, dono, scambio reciproco: ecco la vera ricompensa. Si rimane arricchiti dall’altro, si attua uno scambio vitale. Non è solo dare, ma anche ricevere. Doni un bicchiere d’acqua e ricevi l’eternità, la vita di amore di Dio. Quando dal tuo cuore, come un canale d’amore, sgorga un gesto, un sorriso, un bicchiere d’acqua, il canale del tuo cuore riceve istantaneamente il fiume e la cascata dell’amore di Dio. Lo ricorda bene anche la prima lettura…
Essere consapevoli di questo cambia completamente il modo in cui ci si pone nei confronti della carità, ma anche nei confronti di chi si cerca di aiutare e risollevare. La condivisione apre un canale di amore con la persona con cui si condivide e al tempo stesso con quel Dio che abita e vive nel cuore di ciascuno. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
L’accoglienza, l’amore, l’aiuto, la solidarietà non sono il nostro gesto di bene verso qualcuno che – poverino – ha bisogno, ma sono un travaso interminabile di amore e di luce. Aiutare un povero pensando che lui sia povero e noi non poveri, soccorrere un bisognoso con l’atteggiamento di chi non ha bisogno è vita vecchia non secondo il vangelo  Non abbiamo ancora capito che quando aiutiamo, ci trasmettiamo Dio e la sua luce, non il nostro soccorso. Non è solamente fare che salva, ma fare e compiere il bene nella luce di questa consapevolezza.
Ecco emergere in tutta la sua novità e bellezza la vita nuova dei figli di Dio, dei rinati nel Battesimo, di coloro che sono viventi per Dio, in Cristo Gesù.
Mettiamo allora la nostra vita davanti allo specchio della Parola di Dio, confrontiamoci con essa, pronti a togliere da noi, con la grazia che viene dallo Spirito, l’uomo vecchio, per manifestare la novità del vangelo nel nostro vivere di ogni giorno.

sabato 24 giugno 2017

Dodicesima domenica del Tempo ordinario



Abbiamo tutti bisogno di sentircelo dire: non abbiate paura.
Ed è questa la bella notizia che la Parola oggi annuncia.
La paura è troppe volte nostra compagna di viaggio.
Senza che ce ne accorgiamo essa blocca al vita: paralizza, impedisce di agire, di decidere, di vivere. La paura crea sospetto, costruisce muri, inquina le nostre relazioni.
E’ la paura ad esempio che ci impedisce di vedere gli altri per quello che sono realmente: la paura dello straniero, del diverso, genera ‘nemici’, antagonisti; crea pregiudizi, incomprensioni, violenze.
Dobbiamo imparare a dare un nome alle nostre paure per affrontarle. Ci sono paure che vengono dall’esterno e altre che invece sono dentro di noi. Tutte ci impediscono di vivere serenamente e bene. 
Gesù ci invita a discernere tra chi genera paure che toccano la nostra vita fisica e chi invece arriva a uccidere l’anima, il senso profondo della vita stessa. La sciagura più grave è la seconda. Se il perdere la vita ci sembra il male estremo, il perdere la propria anima va oltre, perché è il perdere il senso ultimo del vivere e del morire.
Gesù ci invita infine a riconoscere che per paura possiamo arrivare anche a rinnegarlo davanti agli uomini, a non avere il coraggio di rendere testimonianza a Lui e al Vangelo.
Così era anche per i primi discepoli, nelle prime comunità cristiane davanti alle sfide del tempo e alle prime persecuzioni
Gesù non è però venuto per giudicarci e condannarci bensì a incoraggiarci: non abbiate paura… E lo ripete con insistenza.
E’ come un ritornello che torna non solo nei vangeli, ma ancor prima in tutta la Bibbia.
La prima lettura e il brano di vangelo fanno affiorare alcune paure: la persecuzione, l’incomprensione, il rifiuto….
Ma ci mettono anche nella prospettiva di individuarne il rimedio, di capire cosa può sconfiggere la paura.
Se la paura è un veleno che ci paralizza, l’antidoto che la vince e che ci permette di vivere con coraggio e speranza si chiama fede.
La fede è il contrario della paura. Dove c’è la vera fede non può abitare la paura. Ma “a molti credenti manca solo la vera fede” dicevano i Padri del deserto. Quale vera fede? Certo quella in Dio! Sì, ma in che Dio? A volte rischiamo di avere un’immagine di Dio che suscita Lui stesso paura, sgomento, che ci mette in continuo stato di apprensione…
La nostra fede è nel Dio che Gesù ci ha rivelato.
Il Padre che si prende cura dei passeri del cielo e perfino dei capelli del nostro capo. Quel Padre che vede in ciascuno di noi un figlio suo, un figlio amato e che non abbandona nessuno in balia della morte. Non abbiate paura dunque, voi valete di più…: è una dichiarazione d’amore: ai miei occhi tu vali, voi valete!.
E’ invito a vivere l’oggi, il presente con fiducia e coraggio.
La paura abita nel passato e genera sensi di colpa; avvolge il futuro e crea ansia e incertezza. Solo il presente è lo spazio dove non abita la paura, ma Dio. Dio è il Dio dell’oggi, dell’adesso: oggi, ora, sono qui per tenerti nelle mie mani: ai miei occhi tu sei prezioso!
Già il profeta l’aveva intuito così da poter dire “Il Signore è al mio fianco… A te ho affidato la mia causa”.
Questa fede-certezza che siamo sempre nelle sua buone mani diventa allora la sorgente di nuove scelte e nuove relazioni.
La scelta di vivere fino in fondo il Vangelo e di testimoniarlo nonostante tutto. E’ un coraggio che dobbiamo ritrovare oggi. Un coraggio che non chiede chissà quali gesti eclatanti, ma il vivere il quotidiano alla luce della Parola di Dio, in tutto ciò che facciamo in ogni occasione della nostra giornata. Il coraggio di dire apertamente nella luce, quello che ascoltiamo all’orecchio…
D.Milani, d.Mazzolari, che il Papa ha voluto ricordare venendo a pregare sulla loro tomba in questa settimana, sono stati due, tra i tanti, che non si sono lasciati bloccare dalla paura, nemmeno dalla paura del giudizio degli altri, della chiesa stessa, vivendo ogni giorno il vangelo fino in fondo.
La vera fede poi ci apre a nuove relazioni, dove non è più la paura a condizionare i nostri rapporti, ma quel nuovo sguardo che ci rende capaci di vedere, proprio grazie alla fede, che ogni uomo e donna sono figli dello stesso Padre, che siamo fratelli, chiamati a costruire una umanità giusta, pacifica, fraterna, libera dalla paura che genera odio e violenza.
Non abbiate paura: ricordiamoci di questa parola di Gesù. 
Viviamo la nostra fede come relazione d’amore con il Padre e troveremo così coraggio e forza per essere testimoni del suo amore tra tutti e anche in mezzo a contrasti, incomprensioni e prove saperlo riconoscere davanti agli uomini certi che anche Lui ci riconoscerà davanti al Padre che è nei cieli.

venerdì 16 giugno 2017

Festa del Corpo e Sangue del Signore



C’è un legame strettissimo nel vangelo di oggi tra il mangiare e il vivere: più volte ritorna l’espressione “chi mangia… vivrà”.
Per vivere – lo sappiamo bene – occorre mangiare, nutrirsi; senza energie non si cammina, non si vive, non si fa nulla.
E’ per questo che Dio si fa conoscere al suo popolo come il Dio che nutre: già con Mosè nel cammino lungo il deserto Dio nutre il popolo con la manna e gli dona così vita conducendolo alla terra promessa. Poi manda il suo Figlio Gesù: nasce in una mangiatoia a Betlemme, che significa la casa del pane, e fa della sua vita un dono per tutti, nutrendo l’umanità con il suo amore, la sua misericordia, la sua sapienza. Per questo si presenta, davanti ai giudei affermando: “io sono il pane della vita”.
La sua persona diventa nutrimento che offre una vita piena, eterna, che va oltre la morte: “chi mangia la mia carne io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
Pane, carne, corpo e sangue, sono immagini che dicono di una persona che si è fatta totalmente dono, che ha fatto della propria vita un’offerta d’amore. Sulla croce la sua carne è offerta per tutti; nel pane resta il segno efficace della sua Presenza di Risorto, al punto che i suoi lo riconosceranno proprio dallo “spezzare il pane”.
Gesù dunque è il nutrimento che Dio offre all’umanità, per far capire a tutti che non si vive solo di cibo, di soldi, di cose, ma abbiamo bisogno di un nutrimento spirituale che riempia la nostra vita di significato, di sapienza, soprattutto di amore.
Gesù, con la sua vita, il suo corpo e il suo sangue, donati a noi è sorgente di ogni energia. “Senza di me non potete fare nulla” ha detto. Con Lui possiamo tutto. Con la sua vita che alimenta la nostra ci è data la forza per affrontare il cammino dell’esistenza, con tutte le sue fatiche e prove, in mezzo a ogni deserto, con la speranza e la fiducia di essere interiormente sostenuti, alimentati, rafforzati per riuscire ad andare sempre oltre, e far prevalere la vita sulla morte, il bene sul male, l’amore sull’odio e la violenza.
Questa sua energia inoltre, non è solo sostegno individuale, ma diventa anche legame tra tutti noi che attingiamo ad essa, infatti: “poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane”.
L’eucaristia diventa così oltre che energia vitale, fermento di comunione, di unità, legame di amore tra tutti coloro che vi partecipano, perché essa donandoci Cristo e unendoci alla sua vita, ci rende il suo corpo, la sua famiglia: “il pane che spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo?” ci ricorda ancora Paolo. Dall’eucaristia nasce e si edifica la comunità, la chiesa.
Ecco dunque cosa produce il nutrimento che Dio offre attraverso Gesù: energia vitale per ciascuno, legame d’amore tra tutti.
E’ quanto abbiamo bisogno per il cammino della vita, per il cammino come comunità, per crescere insieme capaci di amore e di solidarietà.
Perché questo possa realizzarsi occorre che non dimentichiamo mai due verbi: “ricordati” e “mangia”.
Ricordati” innanzitutto. “Ricordati” ripete più volte la prima lettura. Ricordati dell’Amore. Ricordati che la tua vita va avanti ed è sostenuta da un’energia d’amore che è Dio stesso ad offrirti. Quando sei stanco e sfiduciato, quando il peccato e il male ti assalgono, quando le forze vengono meno… ricordati che Dio ti nutre, che Lui si è fatto vicino e presente per essere la tua forza, la tua energia vitale. Quando le liti e le divisioni sembrano prevalere, quando l’invidia e l’orgoglio seminano tra noi antipatie e contrasti: ricordiamoci che c’è un pane che unisce, che ci lega di nuovo nella capacità di generare comunione e fraternità. Ricordati dell’amore che Dio ha per te.
Dunque “mangia”. Questo nutrimento non è per i perfetti, ma per i deboli, i peccatori, i fragili. Se sai che Lui ti nutre, non sciupare il dono che ti è offerto. Partecipa al banchetto, non solo come spettatore, ma come commensale, nutrendoti di questa presenza che è Gesù, della sua Parola e del suo Pane.
La Messa che ogni domenica celebriamo, sacramento del Suo corpo e del suo sangue, è per noi cristiani il momento del nutrimento: Parola e Pane ci vengono offerti, sono la vita stessa di Gesù. Una vita tutta donata per noi.
“Se non mangiate e non  bevete non avete in voi la vita” ammonisce Gesù. “Chi mangia…rimane in me e io in Lui…colui che mangia me vivrà per me”: sono parole chiarissime, che ci dicono la comunione profonda che nasce da questo incontro, da questo lasciarci nutrire, cioè amare, da Dio attraverso Gesù, cibo e energia che ci sostiene e ci unisce.
Alimentati di Gesù, del suo amore, della sua misericordia, della sua sapienza e parola e avrai la forza per vivere nella gioia e non più nella paura. Alimentati di lui e avrai l’energia per affrontare ogni cammino.
Nutriamoci insieme di questo Amore donato e ritroveremo nuove capacità per amare e costruire comunione con tutti.

domenica 11 giugno 2017

Tu sei Dio!



Dio il Padre, Dio il Figlio, Dio lo Spirito Santo.
Immenso il Padre, Immenso il Figlio, Immenso lo Spirito santo.
Uno il Padre, Uno il Figlio, Uno lo Spirito Santo.
Nella Trinità indivisibile ogni Persona divina 

è la Potenza, la Sapienza, l'Amore:
ciascuna Persona 

è la Divinità unica, immensa.
Tutta l'immensità
l'Unità che tutto trascende
lo Spirito Santo è:
il Dono che dall'abbisso s'effonde e penetra tutto
e di sé indivisibile e uno 

tutte le cose riempie
e tutte in una luce trasforma.
Nessun uomo, nessuna creatura,
nulla nel cielo e sopra la terra ti adori più:
nessuno ti conosca o ti ammiri, 

nessuno ti serva, ti ami.
Illuminato dallo Spirito, 

battezzato dal fuoco,
chiunque tu sia: 

monaco, vergine, sacerdote,
tu sei trono di Dio,
sei la dimora, sei lo strumento,
sei la luce della Divinità.
Tu sei Dio:
sei Dio, Dio, Dio.
Dio nel Padre, Dio nel Figlio, Dio nello Spirito Santo;
sei Dio, Dio, Dio...


Dal Cantico di San Sergio di Radonez Patrono di Russia, 1314-1392
(testo di Divo Barsotti)