Nel discorso di mercoledì 31/3, alla vigilia del Triduo
Pasquale, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla Passione, la Morte e
la Risurrezione di Cristo.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Già
immersi nel clima spirituale della Settimana Santa, siamo alla vigilia del
Triduo pasquale. Da domani a domenica vivremo i giorni centrali dell’Anno
liturgico, celebrando il mistero della Passione, della Morte e della
Risurrezione del Signore. E questo mistero lo viviamo ogni volta che celebriamo
l’Eucaristia. Quando noi andiamo a Messa, non andiamo solo a pregare, no:
andiamo a rinnovare, a farlo di nuovo, questo mistero, il mistero pasquale.
Questo è importante non dimenticarlo. È come se noi andassimo al Calvario - è
lo stesso - per rinnovare, per fare di nuovo il mistero pasquale.
La sera del Giovedì Santo, entrando nel Triduo pasquale, rivivremo la Messa che si dice
in Coena Domini, cioè la Messa dove si commemora l’Ultima
Cena, quanto avvenne lì, in quel momento. È la sera in cui Cristo ha lasciato
ai suoi discepoli il testamento del suo amore nell’Eucaristia, ma non come
ricordo, ma come memoriale, come sua presenza perenne. Ogni volta che si
celebra l’Eucaristia, come dissi all’inizio, si rinnova questo mistero della
redenzione. In questo Sacramento, Gesù ha sostituito la vittima sacrificale –
l’agnello pasquale – con sé stesso: il suo corpo e il suo sangue ci donano la
salvezza dalla schiavitù del peccato e della morte. La salvezza da ogni
schiavitù è lì.È la sera in cui Egli ci chiede di amarci facendoci servi gli
uni degli altri, come ha fatto Lui lavando i piedi dei discepoli. Un gesto che
anticipa l’oblazione cruenta sulla croce. E infatti il Maestro e Signore morirà
il giorno dopo per rendere mondi non i piedi, ma i cuori e l’intera vita dei
suoi discepoli. È stata un’oblazione di servizio a tutti noi, perché con quel
servizio del suo sacrificio ci ha redenti tutti.
Il Venerdì Santo è
giorno di penitenza, di digiuno e di preghiera. Attraverso i testi della Sacra
Scrittura e le preghiere liturgiche, saremo come radunati sul Calvario per
commemorare la Passione e la Morte redentrice di Gesù Cristo. Nell’intensità
del rito dell’Azione liturgica ci sarà presentato il Crocifisso da adorare.
Adorando la Croce, rivivremo il cammino dell’Agnello innocente immolato per la
nostra salvezza. Porteremo nella mente e nel cuore le sofferenze dei malati,
dei poveri, degli scartati di questo mondo; ricorderemo gli “agnelli immolati”
vittime innocenti delle guerre, delle dittature, delle violenze quotidiane,
degli aborti... Davanti all’immagine del Dio crocifisso porteremo, nella
preghiera, i tanti, troppi crocifissi di oggi, che solo da Lui possono ricevere
il conforto e il senso del loro patire. E oggi ce ne sono tanti: non
dimenticare i crocifissi di oggi, che sono l’immagine del Crocifisso Gesù, e in
loro è Gesù. Da quando Gesù ha preso su di sé le piaghe
dell’umanità e la stessa morte, l’amore di Dio ha irrigato questi nostri
deserti, ha illuminato queste nostre tenebre. Perché il mondo è nelle tenebre.
Facciamo un elenco di tutte le guerre che si stanno combattendo in questo
momento; di tutti i bambini che muoiono di fame; dei bambini che non hanno
educazione; di popoli interi distrutti dalle guerre, dal terrorismo. Di tanta,
tanta gente che per sentirsi un po’ meglio ha bisogno della droga,
dell’industria della droga che uccide... È una calamità, è un deserto! Ci sono
piccole “isole” del popolo di Dio, sia cristiano sia di qualsiasi altra fede,
che conservano nel cuore la voglia di essere migliori. Ma diciamoci la realtà:
in questo Calvario di morte, è Gesù che soffre nei suoi discepoli. Durante il
suo ministero, il Figlio di Dio aveva sparso a piene mani vita, guarendo,
perdonando, risuscitando… Adesso, nell’ora del supremo Sacrificio sulla croce,
porta a compimento l’opera affidatagli dal Padre: entra nell’abisso della
sofferenza, entra in queste calamità di questo mondo, per redimere e
trasformare. E anche per liberare ognuno di noi dal potere delle tenebre, dalla
superbia, dalla resistenza a essere amati da Dio. E questo, solo l’amore di Dio
può farlo. Dalle sue piaghe siamo stati guariti (cfr 1 Pt 2,24), dice l’apostolo Pietro, dalla sua morte siamo stati
rigenerati, tutti noi. E grazie a Lui, abbandonato sulla croce, mai più nessuno
è solo nel buio della morte. Mai, Lui è sempre accanto: bisogna soltanto aprire
il cuore e lasciarsi guardare da Lui.
Il Sabato
Santo è il giorno del silenzio: un grande silenzio c’è su
tutta la Terra; un silenzio vissuto nel pianto e nello smarrimento dai primi
discepoli, sconvolti dalla morte ignominiosa di Gesù. Mentre il Verbo tace,
mentre la Vita è nel sepolcro, coloro che avevano sperato in Lui sono messi a
dura prova, si sentono orfani, forse anche orfani di Dio. Questo sabato è anche
il giorno di Maria: anche lei lo vive nel pianto, ma il suo cuore è pieno di
fede, pieno di speranza, pieno d’amore. La Madre di Gesù aveva seguito il
Figlio lungo la via dolorosa ed era rimasta ai piedi della croce, con l’anima
trafitta. Ma quando tutto sembra finito, lei veglia, veglia nell’attesa
custodendo la speranza nella promessa di Dio che risuscita i morti. Così,
nell’ora più buia del mondo, è diventata Madre dei credenti, Madre della Chiesa
e segno di speranza. La sua testimonianza e la sua intercessione ci sostengono
quando il peso della croce diventa troppo pesante per ognuno di noi. Nelle tenebre del
Sabato santo irromperanno la gioia e la luce con i riti della Veglia
pasquale e, in tarda serata, il canto festoso
dell’Alleluia. Sarà l’incontro nella fede con Cristo risorto e la gioia
pasquale si prolungherà per tutti i cinquanta giorni che seguiranno, fino alla
venuta dello Spirito Santo. Colui che era stato crocifisso è risorto! Tutte le
domande e le incertezze, le esitazioni e le paure sono fugate da questa
rivelazione. Il Risorto ci dà la certezza che il bene trionfa sempre sul male,
che la vita vince sempre la morte e la nostra fine non è scendere sempre più in
basso, di tristezza in tristezza, ma salire in alto. Il Risorto è la conferma
che Gesù ha ragione in tutto: nel prometterci la vita oltre la morte e il
perdono oltre i peccati. I discepoli dubitavano, non credevano. La prima a credere
e a vedere è stata Maria Maddalena, è stata l’apostola della resurrezione che è
andata a raccontare che aveva visto Gesù, il quale l’aveva chiamata per nome. E
poi, tutti i discepoli l’hanno visto. Ma, io vorrei soffermarmi su questo: le
guardie, i soldati, che erano nel sepolcro per non lasciare che venissero i
discepoli e prendessero il corpo, lo hanno visto: lo hanno visto vivo e
risorto. I nemici lo hanno visto, e poi hanno fatto finta di non averlo visto.
Perché? Perché sono stati pagati. Qui è il vero mistero di quello che Gesù
disse una volta: “Ci sono due signori nel mondo, due, non di più: due. Dio e il
denaro. Chi serve il denaro è contro Dio”. E qui è il denaro che ha fatto
cambiare la realtà. Avevano visto la meraviglia della resurrezione, ma sono
stati pagati per tacere. Pensiamo alle tante volte che uomini e donne cristiani
sono stati pagati per non riconoscere nella pratica la resurrezione di Cristo,
e non hanno fatto quello che il Cristo ci ha chiesto di fare, come cristiani.
Cari fratelli e
sorelle, anche quest’anno vivremo le celebrazioni pasquali nel contesto della
pandemia. In tante situazioni di sofferenza, specialmente
quando a patirle sono persone, famiglie e popolazioni già provate da povertà,
calamità o conflitti, la Croce di Cristo è come un faro che indica il porto
alle navi ancora al largo nel mare in tempesta. La Croce di Cristo è il segno
della speranza che non delude; e ci dice che nemmeno una lacrima, nemmeno un
gemito vanno perduti nel disegno di salvezza di Dio. Chiediamo al Signore che
ci dia la grazia di servirlo e di riconoscerlo e di non lasciarci pagare per
dimenticarlo.