sabato 29 giugno 2019

Sabato 6 luglio: CONCERTO

SABATO 6 luglio ore 11.30 presso il Santuario

MUSICAL MEDITATIONS WITH




 

Musicisti

Christiane Karg, Soprano
Gary Levinson, Roberto Righetti, Violini
Iakov Zats, Viola
Andrea Scacchi, Violoncello

Musiche

Mendelssohn-Reimann „… oder soll es Tod bedeuten?“ Otto Lieder e un frammento di Heinrich Heine e sei Intermezzi di Aribert Reimann per soprano e quartetto d’archi
Schubert “Quartettsatz” in do minore D 703
Schubert-Reimann Mignon selezionati e trascritti per soprano e quartetto d’archi da Aribert Reimann


 A cura di Lac Mus - International Music Festival

XIII domenica del Tempo ordinario - C


CAMMINARE…
Noi siamo cristiani se siamo in cammino con Gesù, colui che è venuto a chiamarci, ad invitarci a seguirlo. Non per nulla i primi cristiani invece erano chiamati ‘quelli della via’, quelli della strada, la strada di Gesù.
Certo è più comodo, è più rassicurante ridurre la fede a nozioni e pratiche, a delle risposte sicure e definitive. Più scomodo invece, meno rassicurante è per un cristiano stare sempre in cammino: il viaggio non è mai concluso, e cristiani non si è mai finito di diventarlo. Gesù è sempre davanti, non nelle tue formule, non nei tuoi schemi mentali, è oltre. Sta sulla strada, sta in cammino.
Questa è la fede. Camminare sulla via di Gesù.

VERSO DOVE?
Ma qual è la meta di questo cammino? "Mentre stavano compiendosi i giorni in cui Gesù sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme". Così inizia il brano del Vangelo.
“I giorni in cui sarebbe stato elevato in alto” sono allusione alla sua morte e risurrezione. E Gerusalemme non è tanto luogo geografico quanto luogo simbolico: indica il dono totale della vita. Un viaggio in salita, in tutti i sensi! E il Vangelo dice che Gesù “prese la ferma decisione”, meglio “indurì il volto”, nel senso di "tenere duro", radunare tutte le forze, in quella direzione.

COME?
- Aperti e accoglienti verso tutti…
Davanti ai Samaritani che non li accolgono ecco i discepoli che vorrebbe vendicarsi, imporsi, usare la forza: “fa scendere un fuoco che li consumi”. Ma non è questo il modo di agire di Gesù che “si voltò e li rimproverò”. Gesù non ha nulla da spartire con coloro che invocano un fuoco che consumi; lui è venuto perché nessuno, proprio nessuno, vada perduto. L’uomo, ogni uomo, senza aggettivi, samaritano o giudeo, credente o ateo, amico o nemico… l’uomo viene prima di tutto e va rispettato e amato.
- Con cuore libero e umile…
Davanti alle chiamate o al desiderio di seguirlo, ecco poi una serie di “sì, ma prima lascia che…”. Compromessi, incertezze, desiderio di camminare con lui ma nel contempo camminare ancora sulle vecchie strade… Così “non si è adatti” per il Regno. Ci sono nostalgie che rallentano il passo, c’è un indugiare che ci fa perdere l'occasione propizia.
Decisone e coraggio nel fare della vita un dono; comprensione e mitezza verso chi non accoglie e non capisce; libertà da condizionamenti di ogni genere (cose, persone, tradizioni…) così da mettere Lui solo davanti agli occhi e nel cuore e vivere con Lui e per Lui.

Questo cammino è per tutti noi. Per ogni battezzato. Ed è un cammino da attuare ogni giorni, lì dove si vive, secondo la vocazione di ciascuno, in famiglia, sul posto di lavoro, nella società, nelle relazioni e nelle amicizie… 
Noi siamo ‘quelli della Via’, quelli che camminano con Gesù e come Gesù.

“Cristo ci ha liberati per la libertà” ci ha detto Paolo. “Non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù”, ma  “mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri”. “Camminate secondo lo Spirito”: significa lasciarci guidare dallo Spirito di Gesù che abita in noi. Lui allora sarà luce e forza, ci renderà capaci di seguirlo, di fare la sua strada, ogni giorno.



sabato 22 giugno 2019

Corpus Domini: comunione e condivisione


Né a noi né a Dio è bastato darci la sua Parola. Troppa fame ha l'uomo, e Dio ha dovuto dare la sua Carne e il suo Sangue (Divo Barsotti). Neppure il suo corpo ha tenuto per sé: prendete, mangiate, neppure il suo sangue ha tenuto per sé: prendete, bevete. Neppure il suo futuro: sarò con voi tutti i giorni fino al consumarsi del tempo. La festa del Corpo e Sangue del Signore è raccontata dal vangelo attraverso il segno del pane che non finisce. I Dodici sono appena tornati dalla missione, erano partiti armati d'amore, e tornano carichi di racconti. Gesù li accoglie e li porta in disparte. Ma la gente di Betsaida li vede, accorre, li stringe in un assedio che Gesù non può e non vuole spezzare.
Allora è lui a riprendere la missione dei Dodici: cominciò a parlare loro di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
C'è tutto l'uomo in queste parole, il suo nome è: creatura che ha bisogno, di pane e di assoluto, di cure e di Dio.
C'è tutta la missione di Cristo, e della Chiesa: insegnare, nutrire, guarire. E c'è il nome di Dio: Colui che si prende cura.
La prima riga di questo Vangelo la sento come la prima riga della mia vita. Sono uno di quei cinquemila, in quella sera sospesa: il giorno cominciava a declinare; è il tempo di Emmaus, tempo della casa e del pane spezzato. Mandali via, tra poco è buio e qui non c'è niente... Gli apostoli hanno a cuore la situazione, si preoccupano della gente e di Gesù, ma non hanno soluzioni da offrire: che ognuno si risolva i suoi problemi da solo. Hanno un vecchio mondo in cuore, in quel loro cuore che pure è buono, ed è il mondo dell'ognuno per sé, della solitudine. Ma Gesù non li ascolta, lui non ha mai mandato via nessuno. Vuole generare, come si genera un figlio, un nuovo mondo. Vuole fare di quel luogo deserto, di ogni deserto, una casa, dove si condividono pane e sogni. Per questo risponde: date loro voi stessi da mangiare. Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani e due pesciolini. Ma a Gesù non interessa la quantità, e passa subito a un'altra logica, sposta l'attenzione da che cosa mangiare a come mangiare: fateli sedere a gruppi, a tavolate, create mense comuni, comunità dove ognuno possa ascoltare la fame dell'altro e faccia circolare il pane che avrà fra le mani.
Infatti non sarà lui a distribuire, ma i discepoli, anzi l'intera comunità. Il gioco divino, al quale in quella sera tutti partecipano, non è la moltiplicazione, ma la condivisione (R. Virgili). Allora il pane diventa una benedizione (alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, e lo spezzò) e non una guerra.
E tutti furono saziati. C'è tanto pane nel mondo che a condividerlo davvero basterebbe per tutti.

Ermes Ronchi, da Avvenire del 20.6.19




sabato 15 giugno 2019

S.S. TRINITA'


Quest’oggi contempliamo la Santissima Trinità così come ce l’ha fatta conoscere Gesù. Egli ci ha rivelato che Dio è amore “non nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza” (Prefazio): è Creatore e Padre misericordioso; è Figlio Unigenito, eterna Sapienza incarnata, morto e risorto per noi; è finalmente Spirito Santo che tutto muove, cosmo e storia, verso la piena ricapitolazione finale. Tre Persone che sono un solo Dio perché il Padre è amore, il Figlio è amore, lo Spirito è amore. Dio è tutto e solo amore, amore purissimo, infinito ed eterno. Non vive in una splendida solitudine, ma è piuttosto fonte inesauribile di vita che incessantemente si dona e si comunica. Lo possiamo in qualche misura intuire osservando sia il macro-universo: la nostra terra, i pianeti, le stelle, le galassie; sia il micro-universo: le cellule, gli atomi, le particelle elementari. In tutto ciò che esiste è in un certo senso impresso il “nome” della Santissima Trinità, perché tutto l’essere, fino alle ultime particelle, è essere in relazione, e così traspare il Dio-relazione, traspare ultimamente l’Amore creatore. Tutto proviene dall’amore, tende all’amore, e si muove spinto dall’amore, naturalmente con gradi diversi di consapevolezza e di libertà. “O Signore, Signore nostro, / quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!” (Sal 8,2) – esclama il salmista. Parlando del “nome” la Bibbia indica Dio stesso, la sua identità più vera; identità che risplende su tutto il creato, dove ogni essere, per il fatto stesso di esserci e per il “tessuto” di cui è fatto, fa riferimento ad un Principio trascendente, alla Vita eterna ed infinita che si dona, in una parola: all’Amore. “In lui – disse san Paolo nell’Areòpago di Atene – viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). La prova più forte che siamo fatti ad immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché viviamo in relazione per amare e viviamo per essere amati. Usando un’analogia suggerita dalla biologia, diremmo che l’essere umano porta nel proprio “genoma” la traccia profonda della Trinità, di Dio-Amore.
Il pensiero, l’ammirazione e la lode della Santissima Trinità, fonda e sostiene l’impegno concreto di ispirarci a tale modello perfetto di comunione nell’amore per costruire le nostre relazioni umane di ogni giorno. La Trinità è veramente comunione perfetta! Come cambierebbe il mondo se nelle famiglie, nelle parrocchie e in ogni altra comunità i rapporti fossero vissuti seguendo sempre l’esempio delle tre Persone divine, in cui ognuna vive non solo con l’altra, ma per l’altra e nell’altra! È l’amore a compiere questo incessante miracolo: come nella vita della Santissima Trinità, la pluralità si ricompone in unità, dove tutto è compiacenza e gioia.
(Benedetto XVI° - anno 2009)

venerdì 7 giugno 2019

PENTECOSTE



Senza lo Spirito Dio è lontano,
Cristo resta nel passato,
l’Evangelo è lettera morta,
la Chiesa una semplice organizzazione,
l’autorità dominio, la missione propaganda,
il culto un’evocazione e
l’agire cristiano una morale da schiavi.
Ma, in Lui, il cosmo si solleva e geme nelle doglie del regno,
Cristo Risorto è presente,
l’Evangelo è potenza di vita,
la Chiesa significa comunione trinitaria,
l’autorità è servizio liberante,
la missione è Pentecoste,
la liturgia è memoria e anticipazione,
l’agire umano è deificato.

Preghiera di Ignazio IV, Hazim, Patriarca greco-ortodosso, nel suggestivo passaggio di un suo famoso discorso ad un Consiglio Ecumenico delle Chiese.

sabato 1 giugno 2019

Ascensione del Signore - C


Sono due i racconti dell’ascensione di Gesù. Entrambi scritti da Luca: negli Atti degli Apostoli (1 lettura) e nel vangelo che abbiamo letto.
Due racconti, diversi ma per descrivere un’unica esperienza vissuta da tutti i discepoli. Gesù, colui che ha condiviso in tutto la loro vicenda umana e che è passato tra la gente facendo il bene e annunciando la bella notizia dell’amore di Dio, quel Gesù che è stato ingiustamente condannato e crocifisso, morto e risorto, è il Vivente, è Dio stesso.
L’ascensione, più che un fatto fisico, esteriore, è questa esperienza spirituale profonda che porta i discepoli alla certezza che in Gesù, morto e risorto, è Dio stesso che si è manifestato.
Colui che è disceso ora ascende. Dio che in Gesù si è fatto uomo, dopo aver manifestato il suo volto, la gloria del suo amore, cessa di rendersi visibile nell’umanità, continuando ad avvolgere con la Sua presenza ogni cosa.
L’immagine dei ‘cieli’ cui ascende sta a indicare la totalità, l’universo intero, che è da sempre avvolto dalla sua Presenza. Ora questa presenza ha assunto un volto, un nome, una parola, dei gesti: la vita di Gesù, Dio con noi per sempre.
Come ci ricorda la lettera agli Ebrei (2 lettura) “Cristo…è entrato nel cielo stesso”, diventando “via nuova e vivente” per tutti noi.
Questo è il senso dell’Ascensione: la consapevolezza che siamo “avvolti” da una Presenza che è la presenza di Dio rivelata in Gesù. Quel Gesù che diventa “via nuova e vivente”. per portare anche ciascuno e tutti l’umanità intera, alla comunione di vita con Lui.
Si apre così per i discepoli, per l’umanità tutta, un cammino nuovo, di ascensione, di realizzazione.
Siamo in cammino verso la pienezza: la vita è un costante ascendere, con e verso Gesù guidati dal dono dello Spirito che ci ha dato. In Lui la nostra umanità si divinizza.
Di questo – come cristiani, suoi discepoli – siamo testimoni.
Significative le sue ultime parole.
Andate, ma senza fretta, non siamo noi a fare... Andate ma solo dopo aver ricevuto lo Spirito rimanendo in città, dentro la vita, la storia della gente..
Predicate, annunciate la misericordia e la conversione, il convergere a Lui per elevare la vita…
E poi l’ultimo gesto: li benedisse…
Dio che benedice e non maledice… che invita i suoi ad essere portatori di benedizione ovunque…
Ecco delineata la missione della chiesa, della comunità cristiana:
-      Stare insieme per accogliere il dono dello Spirito
-      Da Lui guidati annunciare misericordia, invitare a convergere a Gesù
-      Benedire, portare ovunque benedizione… Nella misericordia in particolare continua a riversarsi su di noi la sua benedizione e noi stessi diventiamo portatori di benedizione solo nella misura in cui siamo testimoni di perdono e misericordia verso tutti. “Di questo voi siete testimoni”.
Così aiutiamo l’umanità a crescere, ad ascendere verso una vita più bella, più consapevole, più capace di amore, di libertà, di verità.
Verso quella vita che Gesù ha testimoniato e che con il Suo Spirito possiamo vivere già ora, crescendo verso l’incontro definitivo con il Padre.