Signore Gesù,
donaci un cuore libero,
sospinto dal soffio dello Spirito,
per annunciare la bellezza
dell'incontro con te.
Aiutaci a sentire la tua presenza amica,
apri i nostri occhi,
ardere i nostri cuori,
per riconoscerci
"marcati a fuoco dalla missione“.
Fà che sogniamo con te
una vita pienamente umana,
lieta di spendersi nell'Amore,
per alzarci,
andare e... non temere.
Vergine Maria sorella nella fede,
donaci prontezza nel dire
il nostro "Eccomi"
a metterci in viaggio come te,
per essere portatori innamorati del Vangelo
Amen.
LA TENDA DI MAMRE, un luogo di silenzio e di ascolto, di ricerca e di incontro, di preghiera e di pace.
sabato 29 aprile 2017
Terza domenica di Pasqua
Il brano evangelico ci parla della storia di due uomini
che hanno dubitato e perso ogni fiducia in Gesù, i due discepoli di Emmaus.
Essi sono guidati dallo stesso Gesù a rileggere le Sacre Scritture e a
scoprirvi che la sua Passione non è stata un incidente imprevisto e contrario
al disegno di Dio, ma ne è stato il compimento.
Eccolo infine entrare nella loro casa e spezzare il
pane con loro. A quel gesto lo riconoscono e tornano di corsa a Gerusalemme per
raccontare agli apostoli la loro incredibile avventura.
Il cammino di questi due pellegrini rappresenta
anzitutto l’itinerario di fede dei primi discepoli che passano dalla
crisi-delusione per la morte scandalosa di Gesù, alla sorpresa dell’incontro e
alla gioiosa trasmissione della fede di Pasqua.
Anche noi, la nostra speranza ha spesso il fiato corto.
Siamo incapaci di vedere oltre l’insuccesso immediato. Nel mezzo del tunnel
oscuro non riusciamo sempre a trovare la luce che può investirci soprattutto
dopo quell’inevitabile momento di purificazione.
Questo brano dei discepoli di Emmaus ci fa immaginare
proprio come il Risorto è sempre presente per le vie del mondo, in cerca di
fratelli increduli, sfiduciati, scoraggiati, scontenti e senza orizzonte.
Tuttavia, per incontrarlo e riconoscerlo, occorre percorrere, come questi due
pellegrini, la via dell’ascolto della sua parola e nutrirsi di Lui, vero pane
di vita.
Quindi, il Signore risorto si fa incontro e si
manifesta nella Parola e nei segni del Pane eucaristico. Alla fine, il vangelo
fa notare che, mentre Gesù stava spezzando il pane, sparì dagli occhi dei due
discepoli. Non scomparve ma si rese invisibile, perché infatti, dopo l’ascolto
della Parola e nell’eucaristia, Egli, propriamente parlando, non vuole più
essere soltanto con noi, ma vuole passare ad essere in noi.
La parola e il pane di vita dovrebbero allora
entrarci dentro. Non vediamo più il suo volto, perché Egli stesso dovrebbe
diventare il nostro volto. In altre parole, Gesù vuole rivelarsi non più fuori
di noi, ma dentro di noi, come nostra vita.
La nostra vita è così chiamata a diventare la sua
stessa vita, cioè una vita che si dona per amore a Dio e ai fratelli.
L’episodio dei due discepoli di Emmaus è veramente molto suggestivo: ci rivela
le tappe che dovrebbero caratterizzare il cammino di fede di ogni singolo
cristiano o di ogni comunità cristiana: la Parola di Dio che ci illumina, il pane
eucaristico che ci nutre e l’annuncio a tutti che Cristo vive. Egli è la
conferma definitiva e la garanzia sicura della fedeltà di Dio in tutte le sue
promesse.
venerdì 21 aprile 2017
Seconda domenica di Pasqua
“La sera di quel
giorno, il primo della settimana…”: il vangelo ci fa tornare agli avvenimenti
di quel «primo giorno della settimana»,
il giorno della corsa dei due discepoli al sepolcro vuoto e dell'apparizione
del Risorto a Maria di Màgdala, ma, nello stesso tempo, ci fa entrare anche nell’”ottavo
giorno” (“Otto giorni dopo“), quasi a ricordarci la consuetudine delle prime
comunità cristiane di riunirsi in assemblea ogni primo giorno
della settimana, giorno in cui si faceva memoria della Pasqua
del Signore e che in seguito divenne il 'suo' giorno, il 'giorno del Signore' (dies
dominicus, = 'domenica').
Il vangelo ci immette dunque in
questo ritmo liturgico scandito dalla memoria pasquale, che si rinnova di
domenica in domenica in un succedersi ininterrotto, fino al compimento definitivo
della storia quando il Signore verrà nella sua gloria.
E non è forse un caso che Giovanni
presenti l'apparizione del Risorto ai discepoli come
una 'venuta' (per ben tre volte infatti si dice che «venne Gesù»). Gesù viene per stare di nuovo in mezzo ai suoi, come
aveva promesso, viene là dove una comunità si raduna nel suo nome, viene in
ogni celebrazione eucaristica come pegno e anticipo di quella venuta ultima
promessa alla fine dei tempi.
E la sua presenza è così forte da
vincere ogni paura, ogni chiusura (le 'porte
sprangate'!), ogni smarrimento, ogni tristezza. I discepoli, dopo la morte
del loro Maestro, se ne stanno ancora rintanati, impauriti e increduli. Ed ecco
che Gesù viene, si fa loro vicino, si ferma «in mezzo», non a margine bensì proprio al cuore della loro paura,
del loro scoraggiamento, della loro incapacità a rialzarsi dopo la delusione
provata per il 'fallimento' della croce. Sta in mezzo e la prima parola che
pronuncia è: «Pace a voi!», e il
primo gesto che fa è quello di mostrare le mani e il fianco. Parola e gesto profondamente
uniti: la pace offerta nasce infatti dalla sua vita interamente donata; i segni
della sua passione - le mani trapassate dai chiodi e il fianco trafitto - sono
lì, davanti a tutti, a testimoniare il suo amore giunto «sino alla fine». Questa è la pace che il mondo non può dare perché
è una pace che viene da Dio ed è una pace vera perché capace di distruggere
l'odio e la menzogna fino alle loro radici. Quando in ogni eucaristia ci
scambiamo il 'segno di pace' dovremmo ricordarci di chi è e da dove viene
questa pace.
«E i
discepoli gioirono al vedere il Signore». Dalla paura e dalla tristezza i discepoli
passano alla gioia, una gioia intensa e profonda. La presenza del
Risorto crea una comunità in cui regna la pace invece della paura, la fiducia
invece della diffidenza, la libertà invece della schiavitù. E una comunità
finalmente aperta, in missione, non più chiusa e ripiegata su se stessa.
Questo è il motivo di lode e di
benedizione espresso da Pietro nella 2 lettura: “Sia benedetto Dio che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati
mediante la risurrezione di Gesù Cristo…per una speranza viva…”.
Da questo incontro con il Risorto
nasce e si edifica la comunità dei credenti che, nonostante le difficoltà e
paure (di cui ci parla il vangelo) ci viene presentata, nel libro degli Atti (1
lettura) capace di “perseverare” e di
crescere fondata su l’ascolto della Parola, la frazione del pane, la preghiera
e la comunione fraterna; quattro pilastri che devono stare a fondamenta di ogni
comunità cristiana.
Anche noi oggi dunque siamo chiamati
a fare della domenica il giorno del Signore, perseverando nel partecipare a
questo giorno per fare esperienza della Sua presenza che salva e ci dona misericordia
e pace. Se il Risorto è colui che «sta in
mezzo» alla sua comunità, alla sua Chiesa, quest'ultima diventa allora il
luogo privilegiato (non unico) per incontrarlo: finché Tommaso sta fuori dal
cenacolo non ha la possibilità di incontrare il Risorto e
continua a dubitare; nel momento che accetta di entrare nello spazio della
comunità radunata, ecco che il Risorto viene e si fa a lui presente.
«Tommaso, uno dei Dodici, non
era con loro». Tommaso ci è di esempio nel suo cercare il
Signore: lui non si accontenta facilmente dell'esperienza riportata da altri ma
vuole 'toccare con mano' come stanno veramente le cose. Ci ricorda che il
credere non deve essere semplicemente l’accettare passivamente quello che altri
ci dicono, ma esperienza e incontro personale con il Signore. Certo questo deve
portarci allora a superare il nostro essere ‘cristiani passivi’ (tali solo
perché altri ci hanno fatto diventare cristiani), per aprirci alla beatitudine
di una fede che va oltre il toccare e ci apre alla capacità di ascoltare,
accogliere e amare Colui che arriviamo a riconoscere “Mio Signore e mio Dio”, centro e punto unico di riferimento per la
nostra vita. A noi infatti è riservata la beatitudine che chiude il racconto,
la beatitudine di coloro che credono pur “non
avendo visto”. «Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora,
senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia» ci ricorda Pietro nella sua lettera.
Amore e fede tuttavia che nascono, crescono e maturano proprio attraverso
l’incontro settimanale nella comunità. Nessuno ci può togliere la gioia di
incontrare il Signore «otto giorni dopo»,
cioè nel tempo della memoria della sua Pasqua, nel giorno in cui la Chiesa si
riunisce per celebrare l'eucaristia domenicale; e nello spazio di una comunità
raccolta nel suo nome, che vive della sua presenza, nei segni del pane e del
vino, nella parola proclamata, nell'essere suo corpo vivente.
domenica 16 aprile 2017
Cristo è risorto!
OMELIA DI PASQUA A BRACCIO di PapaFrancesco.
Oggi la Chiesa ripete, canta, grida: “Gesù è risorto!”. Ma come mai? Pietro, Giovanni, le donne sono andate al Sepolcro ed era vuoto, Lui non c’era. Sono andati col cuore chiuso dalla tristezza, la tristezza di una sconfitta: il Maestro, il loro Maestro, quello che amavano tanto è stato giustiziato, è morto. E dalla morte non si torna. Questa è la sconfitta, questa è la strada della sconfitta, la strada verso il sepolcro. Ma l’Angelo dice loro: “Non è qui, è risorto”. E’ il primo annuncio: “E’ risorto”. E poi la confusione, il cuore chiuso, le apparizioni. Ma i discepoli restano chiusi tutta la giornata nel Cenacolo, perché avevano paura che accadesse a loro lo stesso che accadde a Gesù. E la Chiesa non cessa di dire alle nostre sconfitte, ai nostri cuori chiusi e timorosi: “Fermati, il Signore è risorto”. Ma se il Signore è risorto, come mai succedono queste cose? Come mai succedono tante disgrazie, malattie, traffico di persone, tratte di persone, guerre, distruzioni, mutilazioni, vendette, odio? Ma dov’è il Signore? Ieri ho telefonato a un ragazzo con una malattia grave, un ragazzo colto, un ingegnere e parlando, per dare un segno di fede, gli ho detto: “Non ci sono spiegazioni per quello che succede a te. Guarda Gesù in Croce, Dio ha fatto questo col suo Figlio, e non c’è un’altra spiegazione”. E lui mi ha risposto: “Sì, ma ha domandato al Figlio e il Figlio ha detto di sì. A me non è stato chiesto se volevo questo”. Questo ci commuove, a nessuno di noi viene chiesto: “Ma sei contento con quello che accade nel mondo? Sei disposto a portare avanti questa croce?”. E la croce va avanti, e la fede in Gesù viene giù. Oggi la Chiesa continua a dire: “Fermati, Gesù è risorto”. E questa non è una fantasia, la Risurrezione di Cristo non è una festa con tanti fiori. Questo è bello, ma non è questo è di più; è il mistero della pietra scartata che finisce per essere il fondamento della nostra esistenza. Cristo è risorto, questo significa. In questa cultura dello scarto dove quello che non serve prende la strada dell’usa e getta, dove quello che non serve viene scartato, quella pietra – Gesù - è scartata ed è fonte di vita. E anche noi, sassolini per terra, in questa terra di dolore, di tragedie, con la fede nel Cristo Risorto abbiamo un senso, in mezzo a tante calamità. Il senso di guardare oltre, il senso di dire: “Guarda non c’è un muro; c’è un orizzonte, c’è la vita, c’è la gioia, c’è la croce con questa ambivalenza. Guarda avanti, non chiuderti. Tu sassolino, hai un senso nella vita perché sei un sassolino presso quel sasso, quella pietra che la malvagità del peccato ha scartato”. Cosa ci dice la Chiesa oggi davanti a tante tragedie? Questo, semplicemente. La pietra scartata non risulta veramente scartata. I sassolini che credono e si attaccano a quella pietra non sono scartati, hanno un senso e con questo sentimento la Chiesa ripete dal profondo del cuore: “Cristo è risorto”. Pensiamo un po’, ognuno di noi pensi, ai problemi quotidiani, alle malattie che abbiamo vissuto o che qualcuno dei nostri parenti ha; pensiamo alle guerre, alle tragedie umane e, semplicemente, con voce umile, senza fiori, soli, davanti a Dio, davanti a noi diciamo “Non so come va questo, ma sono sicuro che Cristo è risorto e io ho scommesso su questo”. Fratelli e sorelle, questo è quello che ho voluto dirvi. Tornate a casa oggi, ripetendo nel vostro cuore: “Cristo è risorto”.
Oggi la Chiesa ripete, canta, grida: “Gesù è risorto!”. Ma come mai? Pietro, Giovanni, le donne sono andate al Sepolcro ed era vuoto, Lui non c’era. Sono andati col cuore chiuso dalla tristezza, la tristezza di una sconfitta: il Maestro, il loro Maestro, quello che amavano tanto è stato giustiziato, è morto. E dalla morte non si torna. Questa è la sconfitta, questa è la strada della sconfitta, la strada verso il sepolcro. Ma l’Angelo dice loro: “Non è qui, è risorto”. E’ il primo annuncio: “E’ risorto”. E poi la confusione, il cuore chiuso, le apparizioni. Ma i discepoli restano chiusi tutta la giornata nel Cenacolo, perché avevano paura che accadesse a loro lo stesso che accadde a Gesù. E la Chiesa non cessa di dire alle nostre sconfitte, ai nostri cuori chiusi e timorosi: “Fermati, il Signore è risorto”. Ma se il Signore è risorto, come mai succedono queste cose? Come mai succedono tante disgrazie, malattie, traffico di persone, tratte di persone, guerre, distruzioni, mutilazioni, vendette, odio? Ma dov’è il Signore? Ieri ho telefonato a un ragazzo con una malattia grave, un ragazzo colto, un ingegnere e parlando, per dare un segno di fede, gli ho detto: “Non ci sono spiegazioni per quello che succede a te. Guarda Gesù in Croce, Dio ha fatto questo col suo Figlio, e non c’è un’altra spiegazione”. E lui mi ha risposto: “Sì, ma ha domandato al Figlio e il Figlio ha detto di sì. A me non è stato chiesto se volevo questo”. Questo ci commuove, a nessuno di noi viene chiesto: “Ma sei contento con quello che accade nel mondo? Sei disposto a portare avanti questa croce?”. E la croce va avanti, e la fede in Gesù viene giù. Oggi la Chiesa continua a dire: “Fermati, Gesù è risorto”. E questa non è una fantasia, la Risurrezione di Cristo non è una festa con tanti fiori. Questo è bello, ma non è questo è di più; è il mistero della pietra scartata che finisce per essere il fondamento della nostra esistenza. Cristo è risorto, questo significa. In questa cultura dello scarto dove quello che non serve prende la strada dell’usa e getta, dove quello che non serve viene scartato, quella pietra – Gesù - è scartata ed è fonte di vita. E anche noi, sassolini per terra, in questa terra di dolore, di tragedie, con la fede nel Cristo Risorto abbiamo un senso, in mezzo a tante calamità. Il senso di guardare oltre, il senso di dire: “Guarda non c’è un muro; c’è un orizzonte, c’è la vita, c’è la gioia, c’è la croce con questa ambivalenza. Guarda avanti, non chiuderti. Tu sassolino, hai un senso nella vita perché sei un sassolino presso quel sasso, quella pietra che la malvagità del peccato ha scartato”. Cosa ci dice la Chiesa oggi davanti a tante tragedie? Questo, semplicemente. La pietra scartata non risulta veramente scartata. I sassolini che credono e si attaccano a quella pietra non sono scartati, hanno un senso e con questo sentimento la Chiesa ripete dal profondo del cuore: “Cristo è risorto”. Pensiamo un po’, ognuno di noi pensi, ai problemi quotidiani, alle malattie che abbiamo vissuto o che qualcuno dei nostri parenti ha; pensiamo alle guerre, alle tragedie umane e, semplicemente, con voce umile, senza fiori, soli, davanti a Dio, davanti a noi diciamo “Non so come va questo, ma sono sicuro che Cristo è risorto e io ho scommesso su questo”. Fratelli e sorelle, questo è quello che ho voluto dirvi. Tornate a casa oggi, ripetendo nel vostro cuore: “Cristo è risorto”.
Osare il passaggio!
“Non
si può toccare l’alba se non si sono percorsi i sentieri della notte” (Gibran)
Ma
la notte non piace: quante notti viviamo che ci irrigidiscono, ci frenano, ci
chiudono nella paura…
Possiamo
dare un nome a ciascuna di queste.
Ora
siamo qui in questa notte assai diversa: è una notte non maligna, senza strade,
ma buona; è la notte in cui facciamo memoria della vicinanza di Dio; facciamo
memoria che ogni notte è abitata da Dio, da sempre.
Dalla
prima notte del mondo, quando la luce vinse il buio dell’abisso, alla notte
della fede di Abramo e a quella oscura e paurosa del popolo nel mar Rosso, fino
alla notte di Betlemme e alla notte di Pasqua, a questa notte di Pasqua che
insieme stiamo rivivendo.
Anche
noi come le donne del vangelo attraversiamo la notte di quel sabato di silenzio
e di lacrime, per ritrovare la luce del mattino.
La
Pasqua è osare questo passaggio.
La
Pasqua ci dona quanto è necessario per attraversare le notti: la luce, una Parola,
acqua e pane.
Ci
dona Gesù, il Dio che si è abbassato per condividere le nostre notti, per
prenderci per mano e condurci verso l’alba di una vita nuova.
E’
l’esperienza del Battesimo che abbiamo ricevuto e che ci ha aperto questo
cammino di novità, di figliolanza, di fraternità: il cammino dei figli di Dio,
i figli della luce.
Camminiamo
dentro le nostre notti lasciando ardere nel cuore il fuoco del suo Amore. Come
le donne del vangelo faremo esperienza di novità: di pietre che si rovesciano,
di annunci di speranza “Voi non abbiate paura, non temete...”. Di sguardi
stupiti che sperimentano che Lui, “il crocifisso, non è qui” non è più nella
notte.
Faremo
esperienza dell’incontro con Lui: là dove lui stesso ci precede: in Galilea.
Sì
Lui sempre ci precede, è davanti, oltre ogni notte per aprirci il cammino.
Ci
precede e lo possiamo incontrare, oggi, nella Galilea del nostro quotidiano. Lì
lo trovi. Nel tuo lavoro, nelle tue relazioni di ogni giorno, nella
quotidianità apparentemente semplice e ripetitiva: lui lì ti precede, lì vive
oggi e sempre con te perché nessuna notte abbia a spegnere la speranza, ma
possa essere percorsa, con Lui, fino a toccare l’alba.
Sia
questa la buona Pasqua per ciascuno e per tutti.
sabato 8 aprile 2017
Domenica delle Palme e della Passione
Si aprono, con la lettura della Passione del Signore, i giorni
supremi, quelli da cui deriva e a cui conduce tutta la nostra fede. E quelli
che fanno ancora innamorare.
Volete sapere qualcosa di voi e di me? – dice il Signore – Vi dò un
appuntamento: un uomo in croce. La croce è l'immagine più pura e più alta che
Dio ha dato di se stesso. E tuttavia domanda perennemente aperta.
«A stento il nulla» di David Maria Turoldo:
«A stento il nulla» di David Maria Turoldo:
No, credere a Pasqua non è / Giusta fede: /
troppo bello sei a Pasqua! / Fede vera / È al venerdì santo / Quando tu non
c'eri lassù / Quando non una eco risponde / Al suo alto grido / E a stento il
Nulla / Dà forma / Alla tua assenza
E prima ancora l'appuntamento di Gesù è stato un altro: uno che è
posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi.
Chi è Dio? Il mio lavapiedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei
piedi. Davvero, come Pietro, vorrei dire: lascia, smetti, non fare così, è
troppo. E Lui: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ritorno ti lava i
piedi. Ha ragione Paolo: il cristianesimo è scandalo e follia. Dio è così: è
bacio a chi lo tradisce, non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il
sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non chiede più sacrifici, sacrifica
se stesso.
Ne esce capovolta ogni immagine, ogni paura di Dio. Ed è ciò che ci
permette di tornare ad amarlo da innamorati e non da sottomessi.
La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme,
sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, a un
legno per morirvi d'amore.
Pietra angolare della fede cristiana è la cosa più bella del mondo:
bello è chi ama, bellissimo chi ama fino alla fine. L'ha colto per primo non un
discepolo ma un estraneo, il centurione pagano: davvero costui era figlio di
Dio. Non da un sepolcro che si apre, non da uno sfolgorare di luce, ma nella
nudità di quel venerdì, vedendo quell'uomo sulla croce, sul patibolo, sul trono
dell'infamia, un verme nel vento, un soldato esperto di morte dice: davvero
costui era figlio di Dio. Ha visto qualcuno morire d'amore, ha capito che è
cosa da Dio.
C'erano là molte donne che stavano ad osservare da lontano. In quello sguardo, lucente d'amore e di lacrime, in quell'aggrapparsi con gli occhi alla croce, è nata la Chiesa. E rinasce ogni giorno in chi ha verso Cristo, ancora crocifisso nei suoi fratelli, lo stesso sguardo di amore e di dolore. Che circola nelle vene del mondo come una possente energia di pasqua.
C'erano là molte donne che stavano ad osservare da lontano. In quello sguardo, lucente d'amore e di lacrime, in quell'aggrapparsi con gli occhi alla croce, è nata la Chiesa. E rinasce ogni giorno in chi ha verso Cristo, ancora crocifisso nei suoi fratelli, lo stesso sguardo di amore e di dolore. Che circola nelle vene del mondo come una possente energia di pasqua.
«Dalla fine» di Jan Twardowski:
Inizia dalla Risurrezione / Dal
sepolcro vuoto / Da Nostra Signora della Gioia / Allora perfino la croce
allieterà.../ Non fate di me una piagnucolona / Dice Nostra Signora / Una volta
era così / Ora è diverso / Inizia dal sepolcro vuoto / Dal sole / Il vangelo si
legge come le lettere ebraiche / Dalla fine.
(Letture: Isaia 50,4-7;
Salmo 21; Filippesi 2,6-11; Matteo 26,14- 27,66)(Riflessione di Ermes Ronchi, tratta da Avvenire)
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