Oggi la Parola ci presenta un testimone qualificato di Gesù: Giovanni il battista che abbiamo incontrato domenica nell’episodio del battesimo al Giordano.
Giovanni stesso
dicendo: “Ho visto e ho testimoniato”, si
presenta come testimone autorevole.
La sua
testimonianza su Gesù è resa attraverso due espressioni e immagini: agnello e
figlio; più precisamente: “Ecco l’agnello
di Dio” e “questi è il Figlio di Dio”.
Cosa vuole testimoniare
con queste due affermazioni?
L’immagine dell’agnello
è immediato richiamo alla mitezza: Gesù non è un lupo venuto a conquistarci con
la forza, ma un agnello pronto anche al sacrificio, al dono della vita.
Come non pensare
alla notte della prima Pasqua con il rito dell’agnello immolato il cui sangue
sugli stipiti delle case salva gli Israeliti?. Per gli ebrei l’agnello
significava liberazione, salvezza. Ebbene tutto questo si compie in Gesù.
Questo agnello è “di Dio”, specifica Giovanni. Cioè lo
rappresenta. Gesù rivela Dio come “agnello”,
come Colui che opera con mitezza e si fa dono d’amore, fino ad offrire la
propria vita.
Non solo:
Giovanni specifica anche cosa fa questo agnello: “toglie il peccato del mondo”, dice il nostro testimone. Non tanto
i peccati cioè le nostre ripetitive mancanze, ma il peccato, la radice stessa
del peccato che sta nel ‘non amore’, nell’incapacità radicale di amare Dio e il
prossimo, sta nella divisione che allontana da Dio e dagli altri.
Il fine di tutto
ciò è attuare quanto già il profeta Isaia aveva annunciato: “Mio servo tu sei… per ricondurre… per
portare la salvezza fino all’estremità della terra”.
La missione dell’Agnello
dunque è tesa a realizzare una fraternità, una comunione tra tutte le genti
della terra: servo e luce che
riconduce tutti dalla dispersione all’incontro, dalla lontananza alla comunione
fraterna.
La seconda
parola-immagine usata da Giovanni nella sua testimonianza è quella di “figlio di Dio”.
Gesù viene
definito “figlio di Dio” in quanto è
riconosciuto abitato dallo Spirito stesso di Dio, dalla Sua Presenza; uno
Spirito visto “discendere” e poi “rimanere su di lui”. Dio è in Lui e in
Lui opera.
Gesù allora è
l’agnello venuto a togliere il peccato nella sua radice profonda e a donarci,
riempirci, dello stesso Spirito del Padre, rendendoci così in Lui figli e
fratelli.
Accogliere Gesù,
invocarlo, sia personalmente che come comunità, come chiesa radunata insieme (come
dice Paolo nella seconda lettura ricordandoci che in Gesù siamo “la chiesa di Dio”, resi santi, cioè
figli, in Lui), significa riconoscere che in Gesù e per Gesù noi possiamo
innanzitutto essere sciolti dal peccato e passare dal non amore alla capacità
di amare “come Lui”. Diventiamo così
figli e fratelli grazie allo Spirito che ci è stato dato in dono e che ci
abita.
Questo ci mette
nella condizione di svolgere anche noi, con Gesù, quella missione/testimonianza
che ancora attende di essere pienamente realizzata: generare fraternità tra le
genti.
Siamo a servizio
della fraternità come cristiani.
“Ricondurre”: è questo il
verbo che descrive la missione di Gesù e che è affidata anche a noi.
Ricondurre e non
disperdere, allontanare, dividere… Ricondurre significa ricostruire relazioni,
rifare famiglia, riscoprirci fratelli e sorelle perché figli di quel Dio che
come agnello e figlio è venuto per coinvolgerci nel suo progetto di amore.
Questa missione
dobbiamo attuare ogni giorno e in ogni ambiente di vita. In particolare in
questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sentiamoci chiamati a
diventare, attraverso la preghiera e attraverso la vita, costruttori di
comunione con tutti a iniziare dalle nostre case e comunità.
Collaboriamo nel
portare a compimento la missione stessa che Gesù, l’agnello e il figlio di Dio,
è venuto a iniziare in mezzo a noi e a ricomporre quell’unità tra i cristiani
che lui ci ha chiesto come “segno” per essere riconosciuti suoi discepoli.
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