La
Parola di oggi ci consegna un messaggio di speranza.
La
fragilità del mondo, dell’universo intero, dell’uomo, di ciascuno di noi volge
verso un fine, una mèta che si prospetta mèta di comunione (radunerà) e di maturazione, di piena
realizzazione (dalla pianta imparate…),
un fine di vita.
Questo
il messaggio carico di speranza. Se ogni giorno c’è un mondo che muore, ogni
giorno c’è anche un mondo che nasce; se ogni giorno facciamo esperienza di un
mondo che ci crolla addosso (fatiche, delusioni, fallimenti) tuttavia ogni
giorno proprio da lì possiamo sempre ripartire verso nuove mete e orizzonti.
Fare nostro questo
messaggio apre la nostra vita oltre che alla speranza anche a una rinnovata
responsabilità.
Questa
responsabilità la potremmo declinare almeno in due atteggiamenti che ci vengono
suggeriti, oltre che dalla Parola, anche da quanto siamo invitati a celebrare e
vivere in questa domenica.
Innanzitutto papa
Francesco ha voluto che si celebrasse in questa domenica la Giornata mondiale
dei poveri.
Scopo non è
raccolta offerte, ma riflessione, sensibilizzazione, responsabilità appunto.
Il povero grida,
ricorda il papa. Grida il suo dolore, la sua solitudine; grida davanti a un
mondo che gli crolla addosso, che lo schiaccia e lo umilia. Il povero grida e il Signore lo ascolta;
non lo lascia solo, gli dona vicinanza e speranza. Così anche noi, chiesa
tutta, siamo chiamati ad ascoltare il grido dei poveri, a offrire loro
consolazione, rendere giustizia, donare speranza in un futuro migliore.
Rispondere così a
questo grido è operare per portare liberazione, per creare una società più
giusta, attenta alla dignità di ogni persona, più fraterna; un anticipo di quel
raduno finale mèta del nostro cammino.
“Coloro che avranno indotto molti alla giustizia
risplenderanno come le stelle per sempre”, proclama il
profeta Daniele nella prima lettura.
C’è poi un secondo
invito alla responsabilità che viene a noi dalla nostra chiesa diocesana che
sta vivendo il Sinodo.
Il nostro vescovo
ci chiede oggi di pregare, affidando in particolare a Maria questo evento. E la
preghiera tende a invocare il dono dello Spirito per imparare insieme a leggere
i segni, a vedere e toccare con mano i germogli di quel mondo nuovo che cresce
in mezzo a noi, di quel regno di Dio che è già qui tutto da scoprire e
costruire insieme.
Ecco l’altro
atteggiamento di responsabilità cui siamo chiamati. Discernere, riflettere,
valutare. “Quando vedrete accadere queste
cose (e si tratta di cose positive: germogli di bene, foglie e frutti che
spuntano e maturano…) sappiate che egli è
vicino”. Il Sinodo deve aiutarci insieme a compiere questa scoperta, a
contemplare questi segnali buoni, a farli crescere per il bene della chiesa e
del mondo, per essere annunciatori e testimoni di misericordia.
Speranza e
responsabilità da coniugare insieme dunque.
Non noi da soli. Ma
tutti sotto la guida di Gesù stesso e della sua Parola che da sempre e per
sempre illumina i passi e scalda il cuore. Ridà speranza e sostiene il nostro
impegno di responsabilità.
“Le mie parole non passeranno mai”
afferma Gesù. E queste parole allora non possono mancare mai nella nostra vita
di ogni giorno, dentro le nostre comunità. Sono il tesoro prezioso che ci
accompagna per aiutarci insieme a tendere verso quel fine di pienezza, di
comunione, di vita, mèta finale del cammino di ciascuno e dell’umanità intera.
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