sabato 7 febbraio 2015

Quinta domenica del tempo ordinario.



Gesù aveva iniziato la sua missione con il gesto del Battesimo: gesto che indicava l’immersione dentro questa nostra storia segnata da limite, fragilità, peccato. Ebbene il racconto di Marco - che continua l’episodio letto domenica scorsa - non fa altro che presentare questa reale immersione di Gesù dentro la vita, la nostra vita umana.
Gesù si immerge totalmente nella vita degli uomini: è nella sinagoga, va nella casa di Pietro, sta presso la porta della città, va in ogni luogo, ovunque c’è vita.
Questa sua immersione ha un unico scopo: annunciare che Dio, il Padre, ama la vita, ogni vita, ed è qui accanto all’uomo che vive, con tutte le sue fatiche.
Certo, la vita, come già urlava Giobbe nella prima lettura, è fatica, prova. Lo sperimentiamo ogni giorno. La fatica di vivere è evidente attorno a noi: nei giovani disorientati, negli anziani provati dalla vecchiaia e dalla solitudine, nelle famiglie segnate da divisioni e liti, nei malati senza speranza, nei delusi e in quanti provati da difficoltà economiche, dalla mancanza di lavoro. E poi quelli che non hanno cibo, non hanno patria, non hanno nulla, vivono esposti a violenze e guerre assurde.
Oggi poi si celebra in tutto il mondo la Prima giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, proposta dalle Unioni dei Superiori/e Generali nella festa di santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese, liberata e divenuta religiosa canossiana, canonizzata nel 2000. Ogni anno circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù; il 60 per cento sono donne e minori. Spesso subiscono abusi e violenze inaudite. D’altro canto, per trafficanti e sfruttatori la tratta di esseri umani è una delle attività illegali più lucrative al mondo: rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno.
La vita di tanti esseri umani segnata da violenza, sofferenza, dolore.
La Parola oggi ci parla di un Dio che in Gesù si immerge in questa vita. Per amarla. Per sostenerla. Per apprezzarla.
E’ un Gesù che tocca, parla, prende le mani. Non fa discorsi; non dice: ‘poverino sopporta, rassegnati, offri la tua sofferenza…’. No: parla con i gesti. Con i gesti accompagna l’annuncio che è possibile vivere meglio, trovare vita in pienezza, vivere una vita bella, buona, gioiosa.
Non cerchiamo di fronte al dolore risposte che non ci sono, ma cerchiamo i gesti di Gesù. Lui ascolta, si avvicina, si accosta, e prende per mano. Mano nella mano: così davanti alla suocera di Pietro. E la rialza.
Cristo non è un mago che fa sparire la malattia, la sofferenza e la morte, ma qualcuno che accompagna, che offre sollievo e conforto, che libera e che resuscita.
Il messaggio è che la sofferenza, anche quella inevitabile, resta inaccettabile. Bisogna combatterla ad ogni costo.
È quello che fa il Cristo: per tutta la giornata a Cafarnao, immerso nella vita, combatte la sofferenza e il male. E ci aiuta a riconoscere che ogni vita, anche quella sofferente, piccola, indifesa, è preziosa davanti a Dio. Ogni vita ha bisogno di un mano che accompagni, risollevi, accarezzi, aiuti.
Nella sua giornata, così densa di eventi, Gesù tuttavia trova anche il tempo per un’altra immersione. Marco ci dice che “si ritirò in un luogo deserto e la pregava”. E’ l’immersione nella preghiera, o meglio nella relazione d’amore col Padre. Senza questa relazione d’amore con Dio non può esserci vera relazione d’amore con i fratelli.
Senza l’immersione nella vita di Dio non può esserci autentica immersione nella vita dell’umanità. Non c’è nulla che possa dare energia come passare del tempo a pregare con amore.
Senza preghiera non si è più appassionati, ma preoccupati. Se non circola amore nelle nostre vene, possiamo si sopravvivere, ma non vivere in pienezza.
Senza guardare il volto del Padre, saremo incapaci di riconoscere il valore della vita – nostra e di ogni creatura che ci circonda -, di vedere in ogni volto, il Suo, la Sua Presenza di Vita. L’amore per la vita matura nella relazione d’amore con Dio, sorgente della vita stessa. E da Lui ci viene la forza, la capacità di affrontare con coraggio la vita anche nei momenti più difficili.
Ecco dove Gesù attinge la sua forza, la pazienza, la dedizione, la capacità di spendersi, di servire. In questa relazione quotidianamente nutrita con il Padre della vita, scaturisce la capacità di vivere con amore, attenzione, coraggio, fede. La capacità di servire ogni vita.
Un ultimo particolare: la suocera di Pietro – dice il vangelo – dopo essere stata presa per mano, si alzò e “li serviva”. Ecco dove ci porta l’incontro con il Dio della vita che in Gesù ci prende per mano, ogni giorno, e ci risolleva.
Il Signore ti ha preso per mano, anche tu fa lo stesso, prendi per mano qualcuno. Un gesto così può sollevare una vita!. Anche tu devi prendere per mano qualcuno e risollevarlo.
L’uomo sollevato diventa servitore di colui che lo ha sollevato, servitore di ogni uomo che giace, di ogni Giobbe che grida le sue sofferenze e fatiche. Noi non saremo capaci del miracolo di guarire, ma dobbiamo essere capaci del miracolo di servire, di offrire conforto e tenerezza. E’ questo il vero prodigio. E’ questa la missione che Cristo affida ai discepoli ovunque si trovino... Dice loro: “Andiamocene – insieme - altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!”
“Guai a me se non annuncio il Vangelo!” esclama Paolo. Guai se non trasmetto, con le parole e i gesti, quella bella notizia che la vita è il dono più grande, perché essa è la vita stessa di Dio, ed è da Lui amata, sostenuta, accolta e destinata a trovare in Lui la sua pienezza e bellezza definitiva.
Il Vangelo dunque ci invita ad accompagnarci, gli uni gli altri, a guarirci dalle nostre ferite, a darci la mano e ad alzarci in piedi per servire ogni fratello e sorella che condivide accanto a noi il cammino della vita.

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