Gesù aveva iniziato la sua missione
con il gesto del Battesimo: gesto che indicava l’immersione dentro questa
nostra storia segnata da limite, fragilità, peccato. Ebbene il racconto di
Marco - che continua l’episodio letto domenica scorsa - non fa altro che
presentare questa reale immersione di Gesù dentro la vita, la nostra vita
umana.
Gesù si immerge totalmente nella
vita degli uomini: è nella sinagoga, va nella casa di Pietro, sta presso la
porta della città, va in ogni luogo, ovunque c’è vita.
Questa sua immersione ha un unico
scopo: annunciare che Dio, il Padre, ama la vita, ogni vita, ed è qui accanto
all’uomo che vive, con tutte le sue fatiche.
Certo,
la vita, come già urlava Giobbe nella prima lettura, è fatica, prova. Lo
sperimentiamo ogni giorno. La fatica di vivere è evidente attorno a noi: nei
giovani disorientati, negli anziani provati dalla vecchiaia e dalla solitudine,
nelle famiglie segnate da divisioni e liti, nei malati senza speranza, nei
delusi e in quanti provati da difficoltà economiche, dalla mancanza di lavoro.
E poi quelli che non hanno cibo, non hanno patria, non hanno nulla, vivono
esposti a violenze e guerre assurde.
Oggi poi
si celebra in tutto il mondo la Prima giornata internazionale di preghiera e
riflessione contro la tratta di persone, proposta dalle Unioni dei Superiori/e Generali
nella festa di santa Giuseppina Bakhita, schiava
sudanese, liberata e divenuta religiosa canossiana, canonizzata nel 2000. Ogni
anno circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e
riduzione in schiavitù; il 60 per cento sono donne e minori. Spesso subiscono
abusi e violenze inaudite. D’altro canto, per trafficanti e sfruttatori la
tratta di esseri umani è una delle attività illegali più lucrative al mondo:
rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno.
La
vita di tanti esseri umani segnata da violenza, sofferenza, dolore.
La Parola oggi ci parla di un Dio
che in Gesù si immerge in questa vita. Per amarla. Per sostenerla. Per
apprezzarla.
E’ un Gesù che tocca, parla, prende
le mani. Non fa discorsi; non dice: ‘poverino sopporta, rassegnati, offri la
tua sofferenza…’. No: parla con i gesti. Con i gesti accompagna l’annuncio che
è possibile vivere meglio, trovare vita in pienezza, vivere una vita bella,
buona, gioiosa.
Non cerchiamo di fronte al dolore
risposte che non ci sono, ma cerchiamo i gesti di Gesù. Lui ascolta, si
avvicina, si accosta, e prende per mano. Mano nella mano: così davanti alla
suocera di Pietro. E la rialza.
Cristo
non è un mago che fa sparire la malattia, la sofferenza e la morte, ma qualcuno
che accompagna, che offre sollievo e conforto, che libera e che resuscita.
Il
messaggio è che la sofferenza, anche quella inevitabile, resta inaccettabile.
Bisogna combatterla ad ogni costo.
È
quello che fa il Cristo: per tutta la giornata a Cafarnao, immerso nella vita,
combatte la sofferenza e il male. E ci aiuta a riconoscere che ogni vita, anche
quella sofferente, piccola, indifesa, è preziosa davanti a Dio. Ogni vita
ha bisogno di un mano che accompagni, risollevi, accarezzi, aiuti.
Nella sua giornata, così densa di
eventi, Gesù tuttavia trova anche il tempo per un’altra immersione. Marco ci
dice che “si ritirò in un luogo deserto e
la pregava”. E’ l’immersione nella preghiera, o meglio nella relazione
d’amore col Padre. Senza questa relazione d’amore con Dio non può esserci vera
relazione d’amore con i fratelli.
Senza l’immersione nella vita di Dio
non può esserci autentica immersione nella vita dell’umanità. Non c’è nulla che
possa dare energia come passare del tempo a pregare con amore.
Senza preghiera non si è più
appassionati, ma preoccupati. Se non circola amore nelle nostre vene, possiamo
si sopravvivere, ma non vivere in pienezza.
Senza guardare il volto del Padre,
saremo incapaci di riconoscere il valore della vita – nostra e di ogni creatura
che ci circonda -, di vedere in ogni volto, il Suo, la Sua Presenza di Vita.
L’amore per la vita matura nella relazione d’amore con Dio, sorgente della vita
stessa. E da Lui ci viene la forza, la capacità di affrontare con coraggio la
vita anche nei momenti più difficili.
Ecco dove Gesù attinge la sua forza,
la pazienza, la dedizione, la capacità di spendersi, di servire. In questa
relazione quotidianamente nutrita con il Padre della vita, scaturisce la
capacità di vivere con amore, attenzione, coraggio, fede. La capacità di
servire ogni vita.
Un ultimo particolare: la suocera di
Pietro – dice il vangelo – dopo essere stata presa per mano, si alzò e “li serviva”. Ecco dove ci porta
l’incontro con il Dio della vita che in Gesù ci prende per mano, ogni giorno, e
ci risolleva.
Il Signore ti ha preso per mano,
anche tu fa lo stesso, prendi per mano qualcuno. Un gesto così può sollevare
una vita!. Anche tu devi prendere per mano qualcuno e risollevarlo.
L’uomo sollevato diventa servitore
di colui che lo ha sollevato, servitore di ogni uomo che giace, di ogni Giobbe
che grida le sue sofferenze e fatiche. Noi non saremo capaci del miracolo di
guarire, ma dobbiamo essere capaci del miracolo di servire, di offrire conforto
e tenerezza. E’ questo il vero prodigio. E’
questa la missione che Cristo affida ai discepoli ovunque si trovino... Dice
loro: “Andiamocene – insieme - altrove, nei
villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!”
“Guai a me se
non annuncio il Vangelo!” esclama Paolo. Guai se non trasmetto, con le parole e i gesti, quella
bella notizia che la vita è il dono più grande, perché essa è la vita stessa di
Dio, ed è da Lui amata, sostenuta, accolta e destinata a trovare in Lui la sua
pienezza e bellezza definitiva.
Il
Vangelo dunque ci invita ad accompagnarci, gli uni gli altri, a guarirci dalle
nostre ferite, a darci la mano e ad alzarci in piedi per servire ogni fratello
e sorella che condivide accanto a noi il cammino della vita.
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