“Una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”. E’ la visione profetica della 2 lettura, nel libro dell’Apocalisse. Ma è un po' anche quanto abbiamo visto davanti a nostri occhi in questi giorni a Roma, nel gruppo dei cardinali come pure nella folla multicolore radunata in piazza: una moltitudine di ogni nazione, popolo, razza. Immagine e anticipo di questa nostra umanità chiamata a diventare famiglia, a trovare unità davanti a Colui che è l’origine della sua stessa vita.
“Stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello” che siede sul trono perché vincitore. Gesù è l’agnello che ha donato la sua vita per l’umanità e che, risorto, vive per sempre, è il vincitore e dona la sua pace.
“La Pace sia con voi. - Così ha salutato il nuovo papa l’umanità tutta - Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente”.
Di questo amore l’umanità è chiamata a farne esperienza piena: “non avranno più fame né avranno più sete” perché “l’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”.
Gesù è Colui che donando la vita per amore (Agnello) guida tutti noi (Pastore) alle “fonti delle acque dalla vita”.
Così nel vangelo si presenta: guida per condurci, anzi per farci dono della vita senza fine: “io do loro la vita eterna”. In questo Egli opera a nome di Dio Padre, perché “io e il Padre siamo una cosa sola”. E del Padre Gesù manifesta tutto l’amore, l’attenzione e la cura per ciascuno di noi: “nessuno le strapperà dalla mia mano…. nessuno può strapparle dalla mano del Padre”.
Ed ecco ancora le parole di papa Leone: “Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti! Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di Lui come del ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace”.
Davanti a questo amore smisurato del Padre a noi è chiesto semplicemente di ascoltare e seguire Colui che ci conosce da sempre. “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”.
Chiamati alla vita, ci è indicata la strada per realizzarla in pienezza: ascoltare la Voce, seguire Colui che amandoci si è fatto guida e pastore. Non altre voci che sovrastano la sua Voce. Troppi altri falsi pastori ci seducono e ci spingono a seguirli. E così invece che le fonti della vita, sperimentiamo l’aridità e la sete, il fallimento e il vuoto, la paura e l’angoscia. Dobbiamo imparare a far tacere queste voci per ascoltare l’unica Voce. Ascoltare e amare la Voce del Pastore. Ascoltare la Sua Parola perché questa Parola non ha altro da ricordarci che siamo in buone mani, nelle sue mani, come figli amati e che “nessuno può strapparci dalle mani del Padre”.
Da questa certezza troveremo la capacità, il rinnovato coraggio di seguirlo, di fare con Lui lo stesso cammino che porta alla “fonte della vita”. E’ quanto sono stati capaci di fare i primi cristiani: nel libro degli Atti (prima lettura) c’è la forte insistenza sulla Parola annunciata e ascoltata e nel contempo si descrive come questa Parola rende capaci di fare come Gesù anche davanti alle prove, alle gelosie, alle persecuzioni. La vita si fa servizio, si fa dono; è la vocazione di ogni cristiano, servire come Gesù per portare a tutti la sua Parola, la speranza che ci dona, la bella notizia dell’amore di Dio per ogni sua creatura, del nostro essere nelle sue mani e dell’essere chiamati, tutti, a diventare famiglia in Lui che è sorgente della vita per ciascuno di noi e dell’universo intero. Così tutti noi, ciascuno secondo la propria vocazione, collaboriamo all’unica missione: “a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace” (papa Leone XIV).
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