Gesù
è risorto! Bello, ma come sperimentare la sua presenza viva, reale oggi? Dal come si è manifestato ai suoi discepoli
possiamo scoprire come si manifesta oggi a noi. Questo ci dice la pagina del
vangelo. Sicuramente rimane deluso chi si aspetta spettacolari apparizioni,
segni sconvolgenti, prodigi o chissà cosa…
Sono
ben altri gli “indicatori di presenza” del Risorto dentro la nostra storia di
oggi. Essi ricalcano lo stile con il quale Gesù, ha vissuto, ha parlato della
presenza di Dio, del suo Regno in mezzo a noi.
Si
tratta di segni umili, poveri, apparentemente scontati da sembrare inadeguati.
Ma questa è la scelta di Dio, la strada che Lui percorre per entrare in
comunione, per stare accanto a tutti noi.
Dal
brano di vangelo odierno possiamo scoprire tre “indicatori di presenza”. Emergono
uno dopo l’altro in un crescendo che porta al vertice di questo suo
manifestarsi a noi. Scopriamoli insieme.
Il
primo di questi segni sono le ferite; quelle ferite della croce che permangono
nel corpo risorto. “Guardate le mie mani
e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate…”. Siamo invitati a
riconoscere che il Risorto è lo stesso che fu crocifisso e a riconoscere dunque
nelle ferite che segnano il corpo di ogni fratello e sorella che accostiamo, le
Sue ferite, la Sua presenza. Più ancora: invitati a “guardare e toccare”. Noi che oggi con troppa disinvoltura giriamo
lo sguardo per non guardare chi soffre, chi fa fatica; per non voler vedere le
piaghe e le ferite che segnano il corpo e lo spirito di tanti, siamo chiamati
con forza a guardare e toccare. “Guardate
e toccate…sono proprio io”. I poveri,
i deboli non sono fantasmi di cui aver paura o da cui fuggire, sono il corpo
ferito del Signore che chiede e attende di essere toccato per risorgere.
Guardare e toccare sono i verbi della risurrezione. Toccare: ciò prendersi
cura; non solo limitarsi a vedere, ma muoverci a soccorrere imparando a
riconoscere (e questo è decisamente sconvolgente) che proprio qui Lui, Dio, è
presente, Lui vivente e risorto, perché ogni uomo e donna possa, pur in mezzo
alle sue ferite risorgere e vivere. Dio prende e porta per sempre le nostre
ferite per guarirle nel Suo amore. “E’
lui la vittima di espiazione per i nostri peccati” dice Giovanni nella
seconda lettura.
Il
secondo “indicatore di presenza” è la semplicità del quotidiano. A noi sempre a
caccia di qualcosa di nuovo, di diverso, di straordinario, Gesù ci ricorda che
lui invece ama la semplicità delle cose di tutti i giorni. Quale questo segno?
Un pesce. Dice il vangelo: “Poiché per la
gioia non credevano ancora… disse: ‘Avete qui qualche cosa da mangiare?’ Gli
offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a
loro”.
Un
po’ di pesce per dire la sua vera presenza tra noi. Gesù è vivo, Gesù mangia, e
il pesce arrostito diventa segno concreto del suo essere lì presente. Una Presenza
che continua a manifestarsi nelle semplici cose della vita di ogni giorno: un
pesce, del pane e del vino, il mangiare insieme... Non andiamo a indagare
chissà dove, non perdiamoci alla ricerca di enigmi incomprensibili. Impariamo
piuttosto a riscoprire e a rivalorizzare la semplicità delle cose quotidiane
come luogo e segno della presenza di Colui che è il Dio della vita.
Infine
vertice di questi segnali indicatori di presenza, ecco il segno della Parola,
le Scritture: “’Sono queste le parole che
io vi dissi…’. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture”.
Quelle Scritture che da sempre parlano di Lui: “Così sta scritto… bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di
me…”. La Parola di Dio diventa così il vertice della manifestazione del
Risorto tra noi. Vertice perché è Parola capace di dare luce anche alle
situazioni umanamente fallimentari, alle ferite e alle piaghe che hanno segnato
il Cristo e segnano tutti noi. Perché dona significato e valore alle piccole
cose del quotidiano, aiutandoci a leggere in esso le orme del Creatore, del
Vivente. Parola viva di un Dio vivo che continua a camminare al nostro fianco.
Solo
“aprendo la mente” ad essa si aprono anche
gli occhi e il cuore e la fede si fa possibile. Un’espressione significativa
questa usata da Luca: “Aprì loro la mente”
che sarebbe da tradurre “Guarì loro la
mente” per renderla capace di comprendere la Parola vera. Quanto abbiamo
bisogno di guarire le nostre menti, malate di falsità, di inganno, di vanità e
sciocchezze, per arrivare a comprendere, per arrivare finalmente a credere che
quel Gesù crocifisso è il Gesù risorto. Che questo Gesù risorto non è un
fantasma, ma l’uomo pienamente riuscito, l’uomo nuovo nel quale anche noi
possiamo, dobbiamo, diventare nuove creature.
Ecco i segni; ecco come si manifesta Gesù ancora
oggi. Non si tratta certo di un fantasma; in Lui c’è tutto l’uomo e tutto Dio.
L’abbraccio, che non potrà più essere ormai sciolto, tra l’uomo e Dio. In
quell’abbraccio ci siamo anche tutti noi chiamati a riconoscerlo e a credere in
Lui. E “di questo voi siete testimoni”.
Di questa presenza dobbiamo dare testimonianza. Del suo amore che si riversa in
ogni creatura, del suo perdono che guarisce ogni ferita, della Sua Parola che
continua ad illuminare i nostri passi, le nostre scelte e ad aprirci mente,
occhi e cuore a quella speranza che ormai abita dentro questa nostra umanità da
Lui amata e salvata per sempre.
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