sabato 24 gennaio 2015

Terza domenica del tempo ordinario


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C’è come un’urgenza che attraversa le letture di oggi. Un’urgenza che ci porta a riconoscere l’importanza del presente, dell’oggi, del qui e adesso. Proviamo a scoprirla nei brani letti.
Gesù è presentato all’inizio della sua attività pubblica. Un inizio costituito dal “proclamare il Vangelo di Dio”. Si tratta della ‘bella notizia’ di Dio: questo è il significato della parola ‘vangelo’. C’è una bella notizia (finalmente…!) da proclamare e questa bella notizia viene da Dio stesso, riguarda Lui ed è per noi.
Una frase la riassume: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo”. Queste le prime parola che Marco mette sulla bocca di Gesù, quasi un novello Giona che, come ha proclamato la prima lettura, invitava all’urgenza della conversione gli abitanti di Ninive.
Il cuore della bella notizia è questa novità: “il regno di Dio è vicino”. Vicino non significa ‘sta per arrivare’, ma è qui, accanto, in mezzo a noi, ora. E’ in Gesù stesso che Dio e il suo agire (questo indica la parola regno) si fa vicino, accanto e presente qui tra noi.
E Marco, con alcuni richiami, evidenzia le modalità di questa straordinaria presenza, che tuttavia si attua nel modo più ordinario:
- vicino proprio quando “Giovani fu arrestato”: quando cioè le cose sembrano andar male, i potenti sembrano prevalere, la speranza venir meno;
- vicino “nella Galilea”, cioè nella zona più dimenticata e nello stesso tempo più pagana (terra delle genti), giudicata regione meno importante, secondaria;
- vicino “mentre gettavano le reti”, non mentre celebravano il culto o facevano qualche digiuno: presente nel quotidiano, sul posto di lavoro, di fatica di ogni giorno.
Una notizia così non può certo lasciar indifferenti, non la si può lasciar passare come niente fosse: essa rivoluziona la vita e il tempo. Tuttavia il rischio è che in fretta mettiamo in secondo piano questa bella notizia e continuiamo il nostro tran tran, magari lamentandoci, imprecando per la monotonia delle giornate o per le incertezze e le fatiche che ci attendono…
Per quei primi pescatori invece, che hanno ascoltato la bella notizia, non è stato così; quelle parole hanno messo nel sangue e nel cuore un’urgenza: non c’è tempo da perdere, “subito” si lasciano affascinare. Capiscono che “il tempo è compiuto”: il tempo, i loro giorni fatti di lavoro, fatiche, gioie e dolori della vita, possono trovare il loro compimento, la loro pienezza e significato.
Dunque non c’è tempo da perdere, non vale la pena di stare a mugugnare per il passato o a stare in ansia per il futuro.
Occorre vivere adesso. Vivere il presente. Questo tempo, questo oggi, che ci viene detto essere abitato da Dio. Occorre lasciare entrare questa bella notizia nella nostra vita. Questo significa l’invito: “Convertitevi e credete nel vangelo”. Convertirsi è ‘girarsi verso’ per fare spazio; un cambiare orientamento e non per paura di castighi (come avvenne per gli abitanti di Ninive al tempo di Giona), ma perché si è arriva a “credere nella bella notizia”, perché se Dio è qui nella mia vita, in tutto ciò che faccio ogni giorno (anche nei giorni più oscuri e difficili), allora la mia vita non può più essere portata avanti come prima, come se nulla fosse; la mia vita trova un senso, una pienezza in Lui.
Tutto ciò che siamo e facciamo è avvolto nella presenza di Dio: gli affetti, il pianto, il comprare e l’usare, le nostre relazioni più belle, tutto. Ecco perché Paolo, nella seconda lettura, dice di “vivere come se” queste cose non fossero; non vuol esprimere disprezzo per tutto ciò, ma è un modo forte per dire che, se in tutto ciò Dio è vicino, occorre “vivere come se” tutto è orientato a Lui, vivere tutto con Lui. “Il tempo si è fatto breve”, non va sciupato, ogni occasione, ogni esperienza della vita non deve essere banalizzata, ma valorizzata, come luogo dell’incontro con Lui, il Presente. Tutto con Lui trova il suo giusto valore e significato: lavoro, affetti, impegni… Tutto, senza di Lui invece rischia di essere o banalizzato o assolutizzato fino a diventarne schiavi.
Ecco il cristiano. Colui che credendo alla bella notizia della presenza di Dio nella sua vita, sa orientare tutto a Lui, vivere tutto alla sua Presenza, alla luce della Sua Parola. Non c’è nulla dunque di banale, secondario, meno importante. Tutto chiede attenzione e responsabilità. E’ la conversione richiesta. La capacità di vivere non aggrappati al passato o in ansia e agitazione per il futuro, ma attenti e consapevoli del presente. Passato e futuro sono i tempi della mente umana: li costruiamo noi, ma di fatto l’uno non c’è più e l’altro non è ancora. Il presente invece è il tempo di Dio: questa la bella notizia. Il tempo presente è l’unico tempo veramente reale. Convertiamo la nostra mente che troppo si chiude a rivangare il passato o si tormenta pensando al futuro, dimenticando così di affrontare il qui e ora, l’adesso: quel tempo compiuto per la nostra salvezza.
Subito dunque accogli la bella notizia. Subito ri-orienta il tuo modo di vivere. Subito riconosci che questo tuo presente che vivi è l’occasione preziosa per incontrare quel Dio che è vicino, qui, ora, subito.

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