Le Beatitudini risuonano nei vangeli come proposta di vita per il discepolo, per la comunità e direi per tutta la folla che assediava Gesù, così come racconta il brano di oggi.
Le beatitudini non sono parole consolatorie e utopiche. Luca – a differenza di Matteo che nel suo vangelo ne presenta otto – vuole rimarcare come le beatitudini siano fortemente alternative e controcorrente alla logica del mondo. Per questo oppone il “beati” al “guai” per distinguere modi diversi di vivere. Quattro beatitudini provocatorie che spingono a diventare segni di contraddizione proprio con uno stile di vita che sa porre in Dio la sua fiducia totale e non nel proprio io.
Abbiamo ascoltato Geremia nella prima lettura “Maletto l’uomo… Benedetto l’uomo…”. Parole riprese nella preghiera del salmo: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia”.
Questa è la via che Gesù indica ai suoi discepoli: confida nel Signore e non nella logica umana. Il brano delle beatitudini di Luca vuole svegliare i discepoli dal pericoloso inganno dell’egoismo che appunto la logica del mondo propone.
Il senso profondo dell’aver fede consiste nel fidarci totalmente del Signore e non degli idoli che ingannano e illudono.
E oggi sono tanti, ogni giorno, i dispensatori di felicità, proponendola e offrendola nel successo e nell’affermazione di sé, nel facile guadagno, nella soluzione ad ogni problema.
L’idolo del denaro, del piacere, dello star bene, del pensare a sé oscura spesso anche il nostro sguardo e ci tenta, illudendoci che sia proprio lì la strada per la felicità.
Certo che siamo chiamati alla felicità e che è giusto cercarla, raggiungerla, tuttavia noi sappiamo che solo Dio può donarcela, nessun altro. Essa ci è data nella misura in cui ci mettiamo dalla parte di Dio, di ciò che non è effimero, apparente, ingannevole. Lì sta di casa la felicità autentica e duratura che è data a coloro che fidandosi di Dio sanno aprirsi a Lui e al prossimo. E tu di chi ti fidi?
E’ un testo allora che ci provoca, ci interroga, ci chiama a una verifica e nel contempo ci offre già una risposta/giudizio: beati/guai. Felicità o fallimento sono il risultato di come scegliamo di vivere, sono il frutto di dove è riposta la nostra fiducia/speranza.
Cosa vuol dire confidare in Dio? Significa semplicemente fidarsi che, in un modo o nell’altro ce la manda buona? No certo, sarebbe assurdo questo atteggiamento.
Il Dio in cui confida il discepolo, il cristiano, è Colui che Gesù stesso ci ha rivelato come Padre e si prende cura di noi così come si è preso cura del Suo Figlio Gesù e non lo ha lasciato in potere del male e della morte. Gesù infatti è stato il povero, l’affamato, l’afflitto, il perseguitato fino alla morte, ma non è stato abbandonato dal Padre in cui ha riposto tutta la sua fiducia. Il segno di questa vicinanza è stata la sua risurrezione.
Fidarci di Dio è credere che Lui è capace di dare vita a noi come l’ha data al figlio. Per questo, Paolo nella seconda lettura insiste dicendo “se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati… ma Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”. Con Lui anche noi possiamo confidare nella vita nuova, nella beatitudine che ci è data, perché Gesù è vivo, Lui la primizia di tutti noi.
Concretamente questo significa oggi per noi non temere di fare scelte cha vanno al contrario della mentalità corrente. In ogni ambito: sia riguardo all’accoglienza e al rispetto della vita, sia nell’uso del denaro e dei beni, capaci di essenzialità e semplicità, di condivisione e di solidarietà; sia riguardo l’impegno nella comunità e nella società di cui si è parte senza rinchiudersi nel privato ma collaborando per il bene comune e così via…
Ecco allora che le Beatitudini non sono un buon ‘suggerimento’ ma indicazione precisa del nostro seguire Gesù. Su di esse dobbiamo conformarci, in esse rispecchiarci (singoli e comunità) perché solo attraverso la loro attuazione il Regno dei cieli matura e cresce in mezzo a noi.
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