“Sono pochi quelli che si salvano?” Bella domanda… Ma diciamoci la verità: oggi interessa ancora essere salvati? Da cosa? Da chi? Ci sentiamo così autosufficienti e potenti da non ritenere affatto di aver bisogno di salvezza.
Piuttosto oggi si cerca sicurezza: da chi è diverso, da chi insidia i nostri beni, da chi rovina i nostri piani e calcoli, da tutto ciò che potrebbe limitare la nostra libertà e il nostro desiderio di autonomia e di successo. E questo desiderio di sicurezza ci chiude sempre più a difesa del nostro io, ci pone in contrasto e antagonismo con chi è altro da noi, fino a considerarlo minaccia, ostacolo, avversario. Come spiegare altrimenti la cattiveria e l’odio verso chi è di altra nazione, verso chi ha una cultura o una religione diversa, verso i migranti, i profughi, i poveri, gli ultimi?
Oggi la Parola di Dio viene a ricordarci che se ci ritroviamo in questi atteggiamenti non possiamo dirci cristiani. Perché il Dio che Gesù ci ha fatto conoscere è il Dio di tutti i popoli e le genti, Colui che tutti, senza distinzione vuole riunire in una sola famiglia. “Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue” “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”.
Immagini chiare: disegno di Dio è una umanità riunita e fraterna. E questa è la salvezza che Lui offre a tutti e di cui abbiamo bisogno. L’altro nome di salvezza è fraternità. Dentro un mondo che si frantuma e divide oggi più che mai dobbiamo insieme cercare ciò che unisce e lavorare, in particolare come cristiani, per costruire comunione, armonia tra i popoli e le genti, a iniziare dal nostro piccolo spazio di vita di ogni giorno.
Qui sta il senso di quel “Sforzatevi” che Gesù propone appunto per tendere alla salvezza. “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Cosa significa questa frase?
L’immagine della porta stretta può sembrare quella di un ingresso riservato a pochi; in realtà la porta pur stretta è aperta a tutti. Tutti possono passare tuttavia occorre che ognuno lo voglia, si decida; Gesù chiama in gioco la responsabilità personale. Il fatto che Dio voglia tutti salvi non deve illuderci e portarci al disimpegno.
Ma non riduciamo nemmeno questa porta stretta a un generico impegno allo sforzo, alla fatica. In queste parole c’è altro. C’è l’invito a sforzarci nel prendere le misure di quella porta che è Gesù stesso: “Io sono la porta”. E la misura di Gesù è quella del farsi dono, del farsi piccolo, del mettere da parte se stesso per cercare ciò che piace al Padre e il bene per tutti noi.
Solo chi prende questa misura, la misura dell’amore autentico, arriva a conseguire quella salvezza che sta nella comunione d’amore con il Dio di tutte le genti, che sta quindi nella fraternità universale.
Non ci salva un’appartenenza a un popolo e nemmeno la nostra identità cristiana, non una serie di ‘cose’ fatte: riti, tradizioni, feste, di cui sentirci orgogliosi. Ce lo dice il vangelo: non illudetevi che basti il fatto di essere stati battezzati, di venire qualche volta a Messa, di avere sulla bocca pie preghiere e nemmeno la mia Parola per essere salvati:“’Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze’. Ma egli vi dichiarerà: Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Ci salva solo la nostra somiglianza a Gesù; il nostro essere aperti e accoglienti come il Padre; il nostro cercare la fraternità, la pace, la giustizia. E questo è possibile per tutti, non solo per noi cristiani!
“Rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti” ci suggerisce la lettera agli Ebrei, lasciandoci correggere dalla Parola del Signore che “ci tratta come figli”.
Guidati dalla Parola, “sforziamoci” dunque di cercare la salvezza che Dio vuole per tutti più che quella sicurezza che ci isola e ci chiude nel nostro soffocante guscio.
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