Una constatazione: in questo non facile tempo di ripresa, la presenza dei cristiani nella società sembra essere sempre meno incisiva, sempre più marginale e ininfluente. Siamo tutti chiamati a interrogarci su questo aspetto, coscienti che non è solo questione di numeri (siamo meno di una volta…) ma questione di modalità, di atteggiamenti e scelte.
Il Vangelo di oggi ci aiuta a recuperare due categorie/immagini che delineano lo stile del cristiano dentro il mondo e che naturalmente non è altro che lo stile di Gesù, il Maestro che insegna ai discepoli la strada da seguire.
Servi e bambini: queste le due immagini. Dentro la storia – dice Gesù – come servi e come bambini. Non mossi da altri ‘desideri’ – come dice Giacomo nella 2 lettura – né tanto meno dalla ricerca ‘di chi è il più grande’ come pensavano i discepoli.
“Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti. E preso un bambino lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo disse: Chi accoglie uno di questi bambini accoglie me”.
Proviamo a delineare meglio queste figure.
Innanzitutto servi. In altri passi Gesù dirà “come il figlio dell’uomo che non è venuto per essere servito ma per servire” e nell’ultima cena dimostrerà con la lavanda dei piedi fino a che punto deve spingersi questo farsi servi. Si tratta di un servizio alla fraternità, alla comunione. Per questo Gesù insiste: “servitore di tutti”, senza distinzione di gruppo, di etnia, di famiglia, di buoni o di cattivi…: servi di tutti.
Poi segue l’immagine del bambino: Gesù lo pone in mezzo, quasi a sottolineare la centralità di questa figura. Accogliere lui è accogliere chi è più indifeso, disarmato, fragile, senza diritti. Inoltre il bambino non come oggetto da educare, bensì quale soggetto che ha un messaggio preciso da trasmettere: oltre che la sua debolezza anche la sua totale disponibilità, l’abbandono senza calcoli, doppiezze e interessi.
Così il discepolo è chiamato a camminare sulle strade del mondo, dentro a una società che si presenta sempre più ostile e pagana nei confronti del cristianesimo. Non con la forza, il prestigio, la finanza o gli intrighi politici ma con lo spirito di Colui che si è fatto piccolo ed è venuto a servire.
Questo indubbiamente può implicare il rischio della vita come è avvenuto per Gesù. Quanto meno il rifiuto, il sarcasmo e il disprezzo, la contestazione e la solitudine. Già così veniva descritto nel libro della Sapienza il giusto. Tuttavia non manca la certezza dell’aiuto e del sostegno del Signore (“Il Signore sostiene la mia vita” Salmo).
Oggi come cristiani siamo tutti chiamati a recuperare il nostro ruolo specifico dentro la società con coraggio e audacia ma attraverso lo stile del servo e del bambino, capaci di una vita che si mette a servizio di tutti per costruire relazioni autentiche, per aiutarci insieme a superare quelle passioni e desideri malvagi che portano solo a distruzione e fallimento: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo voi?” ci chiede Giacomo; “non vengono forse dalle vostre passioni…? siete pieni di desideri… combattete e fate guerra…”. “Dove c’è gelosia e ogni spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni”.
E’ invece in questo modo nuovo di essere – servi e bambini - che noi ci dobbiamo far riconoscere come cristiani, dentro un mondo che, abitato “da gelosia e spirito di contesa”, cerca sovente l’affermazione personale a scapito del bene e della vita degli altri.
Dentro questa realtà, come singoli e come chiesa, dobbiamo ritrovare tutti il coraggio di camminare controcorrente affinché il vangelo di Gesù possa radicarsi nel cuore di ogni persona, possano costruirsi relazioni aperte con tutti, si possa insieme operare per la costruzione di un domani più umano e fraterno.
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