Il racconto di oggi
è un tentativo di mettere Gesù in trappola per avere di che accusarlo. Un
tentativo ben organizzato e studiato (è la prima ampia parte del brano) e che
si apre con una vena di ironia («Maestro, sappiamo che sei veritiero e
insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché
non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere..).
Il pagare il
tributo o meno diventa pretesto per costringere
Gesù a schierarsi. Insomma tu da che parte
stai?
Questa la vera
questione; da che parti ti schieri: sei dei nostri oppure no? Sei per la Legge
di Mosè o per i dominatori romani…
Gesù innanzitutto svela, con
furbizia, la loro ipocrisia; infatti l’episodio si svolge nel Tempio dove era
vietato portare immagini umane anche se coniate sulle monete (per questo
c’erano i cambiavalute…). Ebbene proprio loro i puri farisei, davanti alla
domanda di Gesù “mostratemi la moneta del
tributo” ecco che levano di tasca ciò che non avrebbero dovuto avere. Sono
proprio loro i primi a violare la norma, a seguire più che la legge di Mosè
quella del dio denaro, a dire senza volerlo per chi sono schierati: per il
denaro e i loro interessi.
Poi la risposta che li spiazza
definitivamente e che apre un orizzonte di novità: “Rendete
a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” .
Da che parte sta Gesù? Dalla parte
di Dio, che è anche la parte dell’uomo, perché il Dio che Gesù annuncia è il
Dio che è per l’uomo, creato a sua immagine. Se la moneta porta l’immagine di
Cesare, noi portiamo l’immagine di Dio e siamo figli suoi. Stare dalla parte di
Dio è sempre stare dalla parte dell’uomo. Non è possibile altrimenti. Se sei
contro l’uomo sei di fatto contro Dio; e viceversa.
E la risposta di Gesù evidenzia
questo.
Ci fa capire innanzitutto che non si
tratta di ‘pagare’ qualcosa, ma di ‘rendere’, restituire. Gesù usa
volutamente un verbo diverso dal ‘pagare’… Noi riceviamo tutto: la vita, la salute, il
tempo, le capacità umane, intellettive, spirituali. Tutto riceviamo da Dio.
Tutto rendiamo a Dio facendo della nostra vita una risposta al Suo amore, un
capolavoro di relazioni, di scelte, di cose belle.
Senza Dio noi non siamo. Solo con Lui noi
possiamo tutto. Perché tutto è di Dio. E tutto a Lui dobbiamo allora rendere,
di tutto dobbiamo imparare a riconoscere il riferimento a Lui se vogliamo
veramente realizzare noi stessi. “Del Signore è la terra e quanto contiene, il mondo e i
suoi abitanti” (Sl.24); l'uomo e la donna sono dono che
proviene da oltre, cosa di Dio. Restituiscili a Lui onorandoli, prendendotene
cura come di un tesoro. Il creato è dono suo: rispettalo, curalo, proteggilo,
restituiscilo a Lui e a chi verràin tutta la sua bellezza…
Tutto ci viene da Lui e tutto deve
essere vissuto con Lui e per Lui. A Lui tutto è destinato a tornare.
Ma noi riceviamo anche da ‘Cesare’, cioè
dalla società, dagli altri: pensiamo ad esempio quanto riceviamo dal lavoro di
altri, ai diversi servizi che ci vengono dati per la salute, per la scuola,
anche per il divertimento… Anche qui allora si tratta non di pagare, ma di
rendere, restituire. Questo attraverso relazioni di solidarietà, di
condivisione, di fraternità. Purtroppo oggi abbiamo ridotto tutto a denaro e a
tasse, che altro non sono che un modo di restituire e collaborare a far sì che
si possano offrire servizi sempre più utili e necessari. Abbiamo perso molto il
senso e la capacità della condivisione e del sostegno reciproco.
Gesù dunque, con la sua risposta, invita
noi oggi a entrare in una forma nuova di relazioni. Invita noi a schierarci:
non se pagare o no, ma da che parte stare, se con Dio e l’uomo o sotto lo
schiavizzante dominio del mercato e degli interessi privati. Ci chiama a
relazioni non tanto basate sul pagare, su un rapporto tra padrone schiavo, ma
piuttosto sul rendere, costruendo rapporti di fraternità-figliolanza, con Dio e
con le persone. Con Dio da cui tutto riceviamo gratuitamente, come da un padre,
vivendo una relazione dunque di figli che sanno rendere tutto a lui, orientando
tutta la loro vita a Colui che questa vita l’ha data a noi in dono. Con gli
altri riconosciuti fratelli-sorelle da cui riceviamo e insieme rendiamo, in uno
scambio non di potere-dominio, ma di solidarietà e condivisione.
Da qui deriva la capacità e la forza
di costruire una società più vera, giusta e fraterna.
Come siamo ancora distanti…: eppure
come cristiani a questo dovremmo tendere.
Oggi la giornata missionaria
mondiale ci ripropone la sfida della missione. E quale altra missione se non
quella di far conoscere che la nostra vita è legata a un Dio da cui tutto
riceviamo come da un padre, e che solo in lui e con lui possiamo riconoscerci
fratelli capaci di collaborare per costruire un mondo più giusto?
E’ questa la bella notizia del
Vangelo; e annunciare il vangelo è annunciare il primato di Dio e dell’uomo che
insieme, legati da un patto di amore, collaborano a realizzare una storia più
umana proprio perché più orientata a Dio e da Lui provvidenzialmente e
gratuitamente guidata.
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