“Andate!”: con quanta forza risuona questo invito di Gesù. “Designò altri settantadue e li inviò… Andate: ecco vi mando…”. Nei vangeli, ci sono due verbi che descrivono l’agire di Gesù con i suoi: “venite” e “andate”. C’è un invito a venire a Gesù, a seguirlo, a stare con lui (“Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi…”), che tuttavia si risolve sempre in un andare: ”andate”. Noi invece abbiamo insistito spesso sul venire: venite a Messa, venite a catechismo, venite all’oratorio, venite agli incontri… trascurando che Gesù vuole soprattutto mandare: andate è la sua parola d’ordine!.
La vita cristiana è soprattutto un andare quale conseguenza dell’incontro con Gesù; altrimenti si corre il rischio di slegare la fede dalla vita.
A questo “andate” facciamo allora seguire alcune domande chiedendo al vangelo qualche risposta.
“Andate” dove? “in ogni luogo e città”; Gesù manda nel mondo, dentro la storia, a partire lì dove vivi e senza chiusure di parte. Andate ovunque.
Per quale motivo? “la messe è abbondante”. Curioso: mentre noi abbiamo uno sguardo negativo e vediamo ciò che manca e ci lamentiamo continuamente (non viene più nessuno in chiesa, tutto va male, non c’è partecipazione…), Lui invece ha uno sguardo positivo: vede messe abbondante, frutti maturi che attendono di essere riconosciuti e raccolti e per questo manda e invita a chiedere operai per andare, non a convertire le genti, ma a riconoscere e raccogliere tutto il bene che già c’è e che Lui sa vedere.
Andare ma come? con un equipaggiamento strano “non portate”: leggero, libero, nella sobrietà e soprattutto nella mitezza, “come agnelli in mezzo a lupi”. E noi invece non ci siamo un po’ troppo appesantiti di cose, di esteriorità, e di compromessi con i lupi?
Perché andare? “Dite Pace a questa casa” “E’ vicino a voi il regno di Dio”. Per portare pace dentro questa storia, dentro le nostre case, quella pace che è il “regno di Dio”, la sua presenza in mezzo a noi.
E la pace che ci affida non è una pace generica e nemmeno frutto di compromesso e diplomazia. Le letture di oggi ne presentano alcune caratteristiche che non ci devono sfuggire.
Innanzitutto questa pace è dono di Dio e non frutto nostro. Lo ricorda la prima lettura dove il profeta annuncia: “Ecco io farò scorrere come un fiume la pace”. Dono e frutto di un atteggiamento di misericordia, di bontà, di attenzione e tenerezza da parte di Dio verso l’umanità “sarete portati in braccio sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio così io vi consolerò”.
Questa dono della pace deve poi raggiungere il nostro cuore, cioè la profondità del nostro essere. Deve diventare il nostro modo di vivere. Paolo nella 2 lettura parla del suo essere diventato, dopo l’incontro con Gesù una “nuova creatura” assumendo in sé i connotati di Gesù, il suo amore manifestato sulla croce.
Allora questa pace potrà – deve - arrivare agli altri “in qualunque casa entriate”, in ogni relazione, in ogni occasione.
Insomma essere cristiani è diventare capaci di umanizzare, rappacificare le nostre relazioni, l’umanità intera, facendo maturare quella pace che viene da Dio solo.
Per questo Gesù ci manda, andate a due a due, quasi a dimostrare che si può vivere da fratelli e saper così generare quella pace che fonda ogni comunione e relazione, aprendo a un futuro di speranza e di fraternità vera.
La settimana che si apre, i giorni che Dio ci dona, oggi, subito, non esitiamo ad essere artigiani di pace, a svolgere la missione, l’invito che Gesù ci ha rivolto: “Andate!”.
Nessun commento:
Posta un commento