sabato 16 marzo 2024

"Seme e frutti" - Quinta domenica di Quaresima


La legge della natura è legge di vita: essa ci dice che il seme solo se muore può portare molto frutto. Gesù oggi utilizza questo richiamo per farci comprendere meglio il senso della vita: “Chi ama la propria vita la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”.

Un linguaggio forte che sta a indicare come la vita diventa feconda di ogni buon frutto solo se si ha il coraggio di non chiudersi su se stessi, di pensare solo a se stessi (in questo senso “chi ama la propria vita” indica l’atteggiamento negativo di chiusura egoistica su se stesso), per trovare la capacità di fare della propria vita un dono (in questo senso “chi odia la propria vita” sta a indicare non disprezzo di sé, ma coraggio di spendere la vita per amore, fino al dono). Appunto come il seme. Appunto come Gesù.

Questa è la legge della natura e della vita: solo dalla morte, dal dono di sé, può fiorire qualcosa di nuovo e di bello.

Una legge paradossale come paradossale è tutto il vangelo: perdere per trovare, dare per ricevere, morire per vivere.

E’ una legge questa scritta da sempre dentro i nostri cuori, come già ricordava il profeta Geremia nella prima lettura: “porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore”. Legge di un’alleanza antica e sempre nuova che ci parla di una presenza di vita dentro di noi più forte della apparente assurda legge delle morte. Una legge che è posta in noi da Dio stesso. Il suo Soffio, lo Spirito che ci abita, è la linfa vitale che sa trasformare ossa aride in nuova vita.

E’ questa legge del cuore che guida Gesù fino al dono di sé sulla croce: la legge dell’amore. Di un amore non certo effimero e superficiale. Un amare che è ‘voce del verbo donare’: un donarsi fino al dolore e alla sofferenza, con la certezza che solo da qui può nascere e fruttificare novità.

La croce quindi, verso cui Gesù orienta la sua vita, ci svela, in modo misterioso, questo amore che ha la forza di attirare tutti a sé. “’Quando innalzato da terra attirerò tutti a me’. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire”.

Così chi vuol vedere Gesù, come quegli stranieri che sono alla sua ricerca, come ciascuno di noi, chi vuole seguirlo, non trova altra risposta che nel guardare alla croce.

Lì Lui si fa vedere. Lì Lui ci indica la via. “Se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore”.

Per conoscere e seguire Gesù dunque non resta altra strada che accettare la legge dell’amore che si dona: il coraggio del morire a noi stessi, al nostro io egoista, per far nascere frutti abbondanti di bene per la vita di tutti.

Tocca dunque a noi imparare, dentro le prove e le fatiche della vita, la vera legge che porta alla salvezza, alla realizzazione, al “produrre molto frutto”.

Oggi si crede che è vincente la legge dell’accumulo, dell’avere, del sistemarsi, del realizzare sé stessi anche a scapito di altri. Ma di fatto ci accorgiamo come questa legge porta alla morte delle relazioni, al rimanere soli, al fallimento di intere società.

Se crediamo in Gesù siamo chiamati a puntare tutto non sulla legge di accumulo, nella protezione del proprio io (penso a me, mi preoccupo di star bene io, ho a cuore la mia felicità, io sono nel giusto, sono gli altri che devono cambiare, non spetta a me essere diverso). No. Il cristiano, come Gesù, non vive in atteggiamento protezionistico, ma secondo la legge della solidarietà, la legge espansiva dell’amore-dono. Che inizia nel nostro cuore, ci invita a uscire dal nostro io, a cambiare noi stessi, a incominciare da noi imparando a fare di noi e della nostra vita una rinnovata capacità di amare, di donare, nella consapevolezza che da questo ‘marcire’ a noi stessi, da questo perderci per far spazio agli altri, a Dio, non potrà che fiorire novità, non potranno che generarsi abbondanti frutti di vita. “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.

 

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