giovedì 29 aprile 2021

MESE di MAGGIO in Santuario

 

“Da tutta la Chiesa saliva incessantemente la preghiera a Dio”  (At 12,5).

 

Presso il SANTUARIO della MADONNA del SOCCORSO

ogni giorno del MESE di MAGGIO

da sabato 1 a lunedì 31  alle ore 20.30

preghiamo e meditiamo il ROSARIO

in comunione con tutta la Chiesa.

 

Con la preghiera del Rosario, ogni giornata del mese è caratterizzata da un’intenzione di preghiera per le varie categorie di persone maggiormente colpite dal dramma della pandemia. Tra le altre, si pregherà per coloro che non hanno potuto salutare i propri cari, per il personale sanitario, per i poveri, i senza tetto e le persone in difficoltà economica e per tutti i defunti.

Il primo maggio il Papa, alle ore 18.00 pregherà presso la Madonna del Soccorso, un’icona venerata già nel VII secolo raffigurata in un affresco sopra l’altare di San Leone, presso il transetto meridionale della primitiva Basilica Vaticana.

 Santuari del mondo in preghiera a maggio

I trenta Santuari rappresentativi scelti per guidare la preghiera mariana in un giorno del mese, alle ore 18.00, sono:

Nostra Signora di Walsingham in Inghilterra; Jesus the Saviour and Mother Mary in Nigeria; Madonna di Częstochowa in Polonia; Basilica dell’Annunciazione a Nazareth; Beata Vergine del Rosario in Corea del Sud; Nostra Signora Aparecida in Brasile; Our Lady of Peace and Good Voyage nelle Filippine; Nostra Signora di Lujan in Argentina; Santa Casa di Loreto in Italia; Nostra Signora di Knock in Irlanda; Vergine dei Poveri a Banneux in Belgio; Notre Dame d’Afrique in Algeria; Beata Vergine del Rosario di Fatima in Portogallo; Nostra Signora della Salute in India; Madonna Regina della Pace a Medjugorje in Bosnia; St. Mary’s Cathedral in Australia; Immacolate Conception negli Stati Uniti; Nostra Signora di Lourdes in Francia; Meryem Ana in Turchia; Nuestra Señora de la Caridad del Cobre a Cuba; Madonna di Nagasaki in Giappone; Nuestra Señora de Montserrat in Spagna; Notre Dame du Cap in Canada; Santuario Nazionale Madonna Ta’ Pinu a Malta; Nuestra Señora de Guadalupe in Messico; Madre di Dio a Zarvantysia in Ucraina; Madonna Nera di Altötting in Germania; Nostra Signora del Libano; Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei in Italia.

 

sabato 17 aprile 2021

"Di questo voi siete testimoni" - III domenica di Pasqua


“Di questo voi siete testimoni” dice Gesù ai suoi amici. “Noi ne siamo testimoni” dice Pietro davanti al popolo negli Atti degli apostoli. La Parola sembra invitare anche noi ad essere testimoni. Chi è testimone? Colui che ha visto, toccato con mano e può provare ciò che dice. Essere testimoni richiede un coinvolgimento, l’aver fatto un’esperienza reale. Il vangelo ci indica cosa, quale esperienza siamo chiamati a  testimoniare.

La prima: che Gesù non è un fantasma. Con quanta insistenza Lui cerca di far sperimentare la sua Presenza. Certo non è più la presenza di prima. Gesù è lo stesso ed è diverso, è il medesimo ed è trasformato, è quello di prima ma non più come prima: Gesù risorto è andato in avanti e non è tornato indietro per essere come prima. Tuttavia l’essere andato avanti non significa essere diventato un fantasma, ma piuttosto l’essere entrato in una nuova fase di vita.

Proviamo a riflettere: la nostra vita si svolge in tre fasi… Quella prenatale: lì inizia la vita e quando è giunto il suo tempo il bimbo viene espulso dal ventre della madre; questo per lui è come la fine di tutto, momento di buio e di dolore, di pianto, mentre per chi è dall’altra parte e lo attende, per noi, è gioia, nascita, nuova creatura che arriva. Così inizia la seconda fase: quella della vita umana, questa vita che tutti noi stiamo affrontando; anch’essa va verso un fine, la morte, che tuttavia segnerà il passaggio a una nuova nascita che ci introdurrà in una terza fase, quella della vita eterna.

Perché affermiamo questo? Proprio perché Gesù è risorto ed è passato oltre la morte nella vita nuova, definitiva, eterna. E mentre noi vediamo morte e fine (come il nascituro), Lui vede vita e inizio!. Non solo: questa vita nuova già l’ha anticipata a noi che crediamo in Lui, donandoci il Suo Spirito e rendendoci figli del Padre, fratelli suoi. Ecco perché noi cristiani possiamo guardare al futuro con speranza e alla morte come a un passaggio e non la fine. “Di questo siete testimoni”, ci dice Gesù: che c’è una vita più forte della morte. Che non siamo fatti per accomodarci in questa vita terrena ma piuttosto per prepararci a quella definitiva ed eterna. Di questo siamo testimoni se viviamo senza attaccarci ai beni terreni, liberi e fiduciosi nell’amore del Padre, facendo della vita terrena lo spazio dove anticipare l’eterno, come ha fatto Gesù, quell’eterno che altro non è che l’amore. E’ la sfida dei cristiani che pur essendo “nel mondo non sono del mondo” e spingono il mondo verso il suo vero compimento che si realizzerà solo in Dio. “Di questo voi siete testimoni”, questo il nostro compito, la nostra missione nella storia, questo è testimoniare la risurrezione, portando questa nostra storia verso la novità di Dio, seminando in essa ciò che rimane, l’essenziale, l’eterno.

C’è poi una seconda cosa di cui Gesù chiede di essere testimoni: la sua Parola. “Sono queste le parole che io vi dissi’. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture”. Quelle Scritture che da sempre parlano di Lui: “Così sta scritto… bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me”. La Parola di Dio ci viene affidata perché sia annunciata e testimoniata così da confermare l’annuncio di speranza e di vita nuova che la Pasqua di Gesù ci affida. Parola capace di dare luce anche alle situazioni umanamente fallimentari, alle ferite e alle piaghe che hanno segnato il Cristo e segnano tutti noi e di aprirle a nuove fioriture, a orizzonti di vita, a feritoie d’amore. Questa Parola riesce così a dare significato e valore alle piccole cose del quotidiano, aiutandoci a leggere in esse le orme del Creatore, del Vivente e cogliere così la vita come cammino che tende verso una comunione, una pienezza di vita, liberandola dall’apparente non senso, dallo sconforto e dallo scoraggiamento, dal vuoto e dal nulla che la morte pare annunciare. Parola che risana, che perdona, che ri-orienta i passi, che rimette in cammino. Parola viva di un Dio vivo che continua a camminare al nostro fianco e ci conduce così per mano verso la pienezza della vita.

Accogliamo questo annuncio gioioso e carico di speranza e facciamo sì che la nostra vita, in ogni nostra giornata, sia capace di affermare, come Pietro e i primi discepoli: “Noi ne siamo testimoni”. Testimoni di speranza, testimoni di una Parola accolta e vissuta ogni giorno. Testimoni della bella notizia: Gesù è vivo, è potenza di vita, avvolge di pace, piange le nostre lacrime, ci cattura dentro il suo risorgere, ci dona vita nel tempo e nell’eternità.

sabato 10 aprile 2021

"Perchè credendo abbiate la vita nel Suo nome" - II° domenica di Pasqua

Il primo giorno e l’ottavo: così il vangelo ci riporta a quell’unico giorno che sarà per sempre il giorno del Signore risorto, la domenica. Giorno dell’incontro del Vivente con la sua famiglia, la comunità dei credenti, la chiesa. Una comunità bisognosa di essere costantemente educata alla fede, alla capacità di riconoscere il Signore Gesù e di crescere nel suo amore. 

Il vangelo oggi ci presenta la prima comunità di discepoli. In essa non c’è solo il dubbioso Tommaso, ma c’è tutto il gruppo dei discepoli che è chiuso nella paura e manifesta la fragilità nel credere al Signore risorto.

In questa prima comunità ci specchiamo anche noi discepoli di Gesù oggi; essa ci ricorda che la fede non è mai un dato di fatto acquisito una volta per sempre, è un cammino in costante crescita e ricerca. Ma non ricerca di prove e di sicurezze, come a volte pensiamo e come Tommaso e i suoi desideravano. “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”: la fede va oltre il vedere e il toccare.

Il cammino di fede porta a un passaggio che Gesù fa sperimentare a quel piccolo gruppo di suoi amici. E’ il passaggio dal non poterlo vedere, alla bellezza del vivere con Lui e come Lui. Gesù vuol far loro comprendere che se non lo vedranno più non è perché è lontano, anzi: è tanto vicino da essere in loro, immerso nella loro e dunque nella nostra vita. A questa consapevolezza porta il cammino di fede.

E come si arriva a questa fede sempre più matura?

Più che con riflessioni e ragionamenti, si arriva con la dilatazione del cuore e della mente che si aprono, pian piano, ai segni della misericordia, dell’amore, che Gesù ci ha lasciati.

Il giorno del Signore deve aiutarci, come singoli e come comunità, a riconoscere questi segni della Sua presenza.

“Gesù fece molti altri segni… questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Così si chiude il brano di oggi e lo stesso vangelo di Giovanni. Tanti sono i segni della Sua Presenza, descritti e annunciati, che ci danno vita nel suo nome. Non si tratta di segni spettacolari, grandiosi; anzi, si tratta di segni umili, quasi nascosti.

Giovanni li riassume nella seconda lettura: acqua, sangue e Spirito. Segni che ci parlano di Gesù che con il suo amore misericordioso “vince il mondo”. “E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?”.

Questi sono i segni che siamo chiamati ad accogliere, nei quali riconoscere oggi la sua presenza e così crescere nella fede.

L’acqua del Battesimo che ci ha immersi nella vita nuova dei figli di Dio; il sangue che ci riporta alla croce, al dono d’amore che si rinnova nell’Eucaristia che celebriamo, nel pane spezzato e nel vino versato; lo Spirito dono del risorto, soffio di vita che ci avvolge nella misericordia del Padre e abita ora in ciascuno di noi e guida il cammino della chiesa.

Tutti doni che scaturiscono dalle sue piaghe dove tutti noi siamo chiamati a guardare e a toccare (”Metti qui il tuo dito, guarda..”) riconoscendo lì i segni dell’amore misericordioso di un Dio che ha dato se stesso per noi, fino al punto di proclamare stupiti, come Tommaso, “Mio Signore e mio Dio”.

Imparare a riconosce questi segni fa crescere la nostra fede così da sentirlo vicino, presente nella nostra vita pur non vedendolo. Ci fa capaci di riconoscerlo nei nostri fratelli e sorelle, nelle piaghe e nelle ferite di ciascuno e dell’umanità tutta, dove dobbiamo trovare il coraggio di mettere le dita e di guardare alle tante ferite presenti.

Imparare a riconosce questi segni ci fa diventare la Sua comunità, il popolo nuovo, “la moltitudine di coloro che erano diventati credenti”, capaci di “avere un cuore solo e un’anima sola”, di vivere nella comunione e condivisione, di esercitare il perdono reciproco, di crescere in quell’amore che Gesù ci ha donato e che lo Spirito tiene acceso in noi e tra noi.

Così allora la fede diventa vita, diventa annuncio e testimonianza; così veniamo resi capaci di attuare l’invito di Gesù: “Come il Padre ha mandato me così io mando voi”. Testimoni della sua Presenza, della bellezza del vivere con Lui e come Lui. Seminatori, dentro le ferite di questa nostra umanità, di quella misericordia che risana e apre a vita nuova, a nuove possibilità, a rinnovata speranza.

sabato 3 aprile 2021

PASQUA DI RISURREZIONE

E’ bello per tutti quest’anno ritrovarci insieme per celebrare la Pasqua: a differenza dello scorso anno e nonostante la situazione ancora difficile…

Questa veglia “parla” da sola tanto è ricca di simboli estremamente eloquenti: una luce più forte delle tenebre; una Parola che guida il cammino della storia umana; un’acqua che fa rifiorire vita nuova; un pane che nutre ed è forza per il cammino. Simboli che rimandano tutti a una Presenza viva, reale: Gesù risorto e vivente oggi, qui ora con noi!.

Da qui deriva un forte messaggio di luce, di speranza, di vita in questa notte e dentro le nostre notti di paura, di sconforto, di dolore, di scoraggiamento…

Siamo qui per ricordarci che, certo c’è il male, il dolore, la sofferenza, la morte, ma sono “collocazione provvisoria”, sono “passaggio”. Oltre c’è la vita. “Impara cuore, ciò che l’albero sa” (Ivan Lalic): dopo ogni inverno viene la novità e la fecondità della primavera e dell’estate!

Noi vogliamo guardare in questa notte alla vita frutto di morte e di risurrezione. A una vita che rifiorisce nuova e attuale. A quella vita che è Gesù il crocifisso risorto, il vivente.

Si tratta di una vita nuova: Cristo con la risurrezione non è tornato indietro, alla vita di prima, ma è andato avanti, oltre, in una vita nuova. E dice a noi che occorre non sperare di tornare come prima, ma piuttosto sperare di diventare diversi da prima… capaci di novità.

Si tratta di una vita attuale: che ci riguarda, oggi, che ci coinvolge. Non è solo la Pasqua di Gesù, ma anche la nostra: grazie a Lui e con Lui. Non celebriamo un evento del passato, ma sperimentiamo un fatto attuale, presente, reale.

Realmente noi con Gesù siamo viventi, risorti. La Parola lo ha ricordato chiaramente: “Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Ora vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”.

Il Battesimo, che fra poco rinnoveremo e che nuovi catecumeni ricevono in questa notte, è l’attualizzazione della Pasqua, della risurrezione della vita nuova. Nel Battesimo siamo rinati quali figli di Dio e fratelli; lì è stato infuso in noi lo Spirito del Padre e del Figlio perché, abitati per sempre dal Dio amore, possiamo ”camminare in una vita nuova”. 

Ecco la novità della Pasqua: una vita nuova, da accogliere, custodire, coltivare e far crescere, testimoniare.

Personalmente e insieme come comunità cristiana. E’ la vita battesimale che dobbiamo recuperare e attuare. Vita che cresce alimentata dalla Parola e dal pane dell’eucaristia e che si manifesta con il coraggio del vangelo vissuto, delle opere buone dell’amore, di una vita fraterna che si allarga ad ogni creature.

Ecco la Pasqua cristiana, che il vangelo di questa notte riassume in tre passaggi che le donne sperimentano:

 “Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. C’è Qualcuno che ci libera, che ribalta ogni pietra!

«Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. C’è un messaggio di fiducia, c’è un invito a non fermarci alla tomba, davanti alla morte: non è qui. Il Dio di Gesù ormai è oltre, è ovunque, con i segni della passione, ma risorto!.

Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: "Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto». C’è un invito, andate-dite, a diffondere la vita nuova che Gesù ci ha donato a partire dal nostro quotidiano, dalla nostra Galilea, lì dove siamo e viviamo, ogni giorno: lì Lui ci precede, è già lì e ci aspetta.

Coraggio! Buona Pasqua! E’ tempo di vita da far rifiorire, è tempo di speranza da riaccendere, è tempo di vangelo da vivere e proclamare. E’ tempo di Pasqua, di risurrezione!


 

giovedì 1 aprile 2021

Viviamo la PASQUA guidati dalle parole di papa Francesco

 Nel discorso di mercoledì 31/3, alla vigilia del Triduo Pasquale, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla Passione, la Morte e la Risurrezione di Cristo.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Già immersi nel clima spirituale della Settimana Santa, siamo alla vigilia del Triduo pasquale. Da domani a domenica vivremo i giorni centrali dell’Anno liturgico, celebrando il mistero della Passione, della Morte e della Risurrezione del Signore. E questo mistero lo viviamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia. Quando noi andiamo a Messa, non andiamo solo a pregare, no: andiamo a rinnovare, a farlo di nuovo, questo mistero, il mistero pasquale. Questo è importante non dimenticarlo. È come se noi andassimo al Calvario - è lo stesso - per rinnovare, per fare di nuovo il mistero pasquale. 

La sera del Giovedì Santo, entrando nel Triduo pasquale, rivivremo la Messa che si dice in Coena Domini, cioè la Messa dove si commemora l’Ultima Cena, quanto avvenne lì, in quel momento. È la sera in cui Cristo ha lasciato ai suoi discepoli il testamento del suo amore nell’Eucaristia, ma non come ricordo, ma come memoriale, come sua presenza perenne. Ogni volta che si celebra l’Eucaristia, come dissi all’inizio, si rinnova questo mistero della redenzione. In questo Sacramento, Gesù ha sostituito la vittima sacrificale – l’agnello pasquale – con sé stesso: il suo corpo e il suo sangue ci donano la salvezza dalla schiavitù del peccato e della morte. La salvezza da ogni schiavitù è lì.È la sera in cui Egli ci chiede di amarci facendoci servi gli uni degli altri, come ha fatto Lui lavando i piedi dei discepoli. Un gesto che anticipa l’oblazione cruenta sulla croce. E infatti il Maestro e Signore morirà il giorno dopo per rendere mondi non i piedi, ma i cuori e l’intera vita dei suoi discepoli. È stata un’oblazione di servizio a tutti noi, perché con quel servizio del suo sacrificio ci ha redenti tutti.

Il Venerdì Santo è giorno di penitenza, di digiuno e di preghiera. Attraverso i testi della Sacra Scrittura e le preghiere liturgiche, saremo come radunati sul Calvario per commemorare la Passione e la Morte redentrice di Gesù Cristo. Nell’intensità del rito dell’Azione liturgica ci sarà presentato il Crocifisso da adorare. Adorando la Croce, rivivremo il cammino dell’Agnello innocente immolato per la nostra salvezza. Porteremo nella mente e nel cuore le sofferenze dei malati, dei poveri, degli scartati di questo mondo; ricorderemo gli “agnelli immolati” vittime innocenti delle guerre, delle dittature, delle violenze quotidiane, degli aborti... Davanti all’immagine del Dio crocifisso porteremo, nella preghiera, i tanti, troppi crocifissi di oggi, che solo da Lui possono ricevere il conforto e il senso del loro patire. E oggi ce ne sono tanti: non dimenticare i crocifissi di oggi, che sono l’immagine del Crocifisso Gesù, e in loro è Gesù. Da quando Gesù ha preso su di sé le piaghe dell’umanità e la stessa morte, l’amore di Dio ha irrigato questi nostri deserti, ha illuminato queste nostre tenebre. Perché il mondo è nelle tenebre. Facciamo un elenco di tutte le guerre che si stanno combattendo in questo momento; di tutti i bambini che muoiono di fame; dei bambini che non hanno educazione; di popoli interi distrutti dalle guerre, dal terrorismo. Di tanta, tanta gente che per sentirsi un po’ meglio ha bisogno della droga, dell’industria della droga che uccide... È una calamità, è un deserto! Ci sono piccole “isole” del popolo di Dio, sia cristiano sia di qualsiasi altra fede, che conservano nel cuore la voglia di essere migliori. Ma diciamoci la realtà: in questo Calvario di morte, è Gesù che soffre nei suoi discepoli. Durante il suo ministero, il Figlio di Dio aveva sparso a piene mani vita, guarendo, perdonando, risuscitando… Adesso, nell’ora del supremo Sacrificio sulla croce, porta a compimento l’opera affidatagli dal Padre: entra nell’abisso della sofferenza, entra in queste calamità di questo mondo, per redimere e trasformare. E anche per liberare ognuno di noi dal potere delle tenebre, dalla superbia, dalla resistenza a essere amati da Dio. E questo, solo l’amore di Dio può farlo. Dalle sue piaghe siamo stati guariti (cfr 1 Pt 2,24), dice l’apostolo Pietro, dalla sua morte siamo stati rigenerati, tutti noi. E grazie a Lui, abbandonato sulla croce, mai più nessuno è solo nel buio della morte. Mai, Lui è sempre accanto: bisogna soltanto aprire il cuore e lasciarsi guardare da Lui.

Il Sabato Santo è il giorno del silenzio: un grande silenzio c’è su tutta la Terra; un silenzio vissuto nel pianto e nello smarrimento dai primi discepoli, sconvolti dalla morte ignominiosa di Gesù. Mentre il Verbo tace, mentre la Vita è nel sepolcro, coloro che avevano sperato in Lui sono messi a dura prova, si sentono orfani, forse anche orfani di Dio. Questo sabato è anche il giorno di Maria: anche lei lo vive nel pianto, ma il suo cuore è pieno di fede, pieno di speranza, pieno d’amore. La Madre di Gesù aveva seguito il Figlio lungo la via dolorosa ed era rimasta ai piedi della croce, con l’anima trafitta. Ma quando tutto sembra finito, lei veglia, veglia nell’attesa custodendo la speranza nella promessa di Dio che risuscita i morti. Così, nell’ora più buia del mondo, è diventata Madre dei credenti, Madre della Chiesa e segno di speranza. La sua testimonianza e la sua intercessione ci sostengono quando il peso della croce diventa troppo pesante per ognuno di noi.  Nelle tenebre del Sabato santo irromperanno la gioia e la luce con i riti della Veglia pasquale e, in tarda serata, il canto festoso dell’Alleluia. Sarà l’incontro nella fede con Cristo risorto e la gioia pasquale si prolungherà per tutti i cinquanta giorni che seguiranno, fino alla venuta dello Spirito Santo. Colui che era stato crocifisso è risorto! Tutte le domande e le incertezze, le esitazioni e le paure sono fugate da questa rivelazione. Il Risorto ci dà la certezza che il bene trionfa sempre sul male, che la vita vince sempre la morte e la nostra fine non è scendere sempre più in basso, di tristezza in tristezza, ma salire in alto. Il Risorto è la conferma che Gesù ha ragione in tutto: nel prometterci la vita oltre la morte e il perdono oltre i peccati. I discepoli dubitavano, non credevano. La prima a credere e a vedere è stata Maria Maddalena, è stata l’apostola della resurrezione che è andata a raccontare che aveva visto Gesù, il quale l’aveva chiamata per nome. E poi, tutti i discepoli l’hanno visto. Ma, io vorrei soffermarmi su questo: le guardie, i soldati, che erano nel sepolcro per non lasciare che venissero i discepoli e prendessero il corpo, lo hanno visto: lo hanno visto vivo e risorto. I nemici lo hanno visto, e poi hanno fatto finta di non averlo visto. Perché? Perché sono stati pagati. Qui è il vero mistero di quello che Gesù disse una volta: “Ci sono due signori nel mondo, due, non di più: due. Dio e il denaro. Chi serve il denaro è contro Dio”. E qui è il denaro che ha fatto cambiare la realtà. Avevano visto la meraviglia della resurrezione, ma sono stati pagati per tacere. Pensiamo alle tante volte che uomini e donne cristiani sono stati pagati per non riconoscere nella pratica la resurrezione di Cristo, e non hanno fatto quello che il Cristo ci ha chiesto di fare, come cristiani.

Cari fratelli e sorelle, anche quest’anno vivremo le celebrazioni pasquali nel contesto della pandemia. In tante situazioni di sofferenza, specialmente quando a patirle sono persone, famiglie e popolazioni già provate da povertà, calamità o conflitti, la Croce di Cristo è come un faro che indica il porto alle navi ancora al largo nel mare in tempesta. La Croce di Cristo è il segno della speranza che non delude; e ci dice che nemmeno una lacrima, nemmeno un gemito vanno perduti nel disegno di salvezza di Dio. Chiediamo al Signore che ci dia la grazia di servirlo e di riconoscerlo e di non lasciarci pagare per dimenticarlo.