sabato 26 giugno 2021

"Con Gesù, portatori di vita" - XIII domenica del tempo ordinario

“Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”.

Questa frase di Paolo nella 2 lettura mi interroga: di cosa era ricco Gesù? in che senso si è fatto povero per noi?

Ascoltando la Parola di Dio mi rendo conto che la ricchezza di cui si parla è la vita. Ricco della vita stessa del Padre. Di quel Dio amante della vita che “non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi”  (1 lett.).

Questa vita Gesù “da ricco che era” la riversa su ogni creatura; il vangelo di oggi ci parla di questo ‘tocco’ di vita che sana la donna malata, che risveglia la fanciulla morta.

Eppure – potremmo obiettare – il dolore, la malattia, la morte stessa ci sono ancora, oggi come ieri. Sono dentro la storia dell’umanità e di ogni creatura, “per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo” ricorda ancora il libro della Sapienza.

Ed è proprio per questo che il Dio amante della vita, il Dio che “ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura” non ha esitato “da ricco che era” a far dono della Sua stessa vita a tutti coloro che si fidano di Lui. “Non temere, soltanto abbi fede”. “La tua fede ti ha salvata”. La malattia persiste, la morte c’è ma non ha l’ultima parola. L’ultima parola di Dio è vita: “Sì, Dio ha creato per la vita”.

Gesù è il garante di questa parola: Lui che attraversa il dolore e la morte per aprire le porte a una vita eterna. Lui ha detto “io sono la vita” e “sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Lui ricco della vita di Dio si è fatto povero, donando questa vita a tutti noi nell’atto d’amore totale del dono di sé, divenendo così portatore di vita per tutti coloro che con fede a lui si accostano, lo ‘toccano’ e si lasciano da Lui ‘toccare’, entrano cioè in una personale relazione d’amore.

Da questo incontro con Lui deriva anche per noi l’invito ad essere portatori di vita. Paolo lo chiede alla sua comunità di Corinto invitandola alla condivisione dei beni, alla solidarietà, per realizzare ‘uguaglianza’ perché tutti possano vivere con dignità. E’ quanto anche oggi, giornata della carità del Papa, è chiesto a tutte le comunità, di sostenere quella carità che la chiesa a nome del papa stesso esercita in ogni parte nel mondo per dare vita a quanti sono oppressi e in difficoltà.

E’ invito anche per ciascuno di noi, ognuno secondo la propria vocazione, a operare per diffondere vita, per fare uguaglianza (non è comunismo ma vangelo!); quell’uguaglianza che sta a significare vita dignitosa per tutti, perché nessuno venga escluso o scartato. E questo avviene quando la vita diventa condivisione, dono, aiuto concreto.

Pensiamo a quante “perdite di sangue” segnano ancora la vita di tanti fratelli e sorelle, quanti sono tenuti ai margini dal banchetto della vita: basti pensare alla non-distribuzione dei vaccini nei Paesi più poveri, alla fame e alla sete che attanaglia popoli interi, alle ingiustizie di ogni genere di cui è gravida questa nostra società…: “che vi sia uguaglianza” dice Paolo, perché vi sia vita dignitosa e piena. Per questo come cristiani, come comunità, dobbiamo lavorare con passione, competenza e responsabilità.

Personalmente oggi mi sento chiamato a ringraziare il Dio della vita che mi ha reso partecipe in modo particolare della Sua stessa vita per esserne servitore e portatore ai fratelli e alle sorelle. Quarant’anni fa come oggi, nell’ordinazione presbiterale, mi ha rivestito della Sua stessa vita perché diventassi canale di questa vita per tutti, camminando accanto a ciascuno per accompagnare chiunque verso la pienezza della vita che ci è data in Gesù.

Questi 40 anni sono stati indubbiamente dono di grazia da questo punto di vista e tantissimi sono i motivi per ringraziarlo. Ma sono stati anche a volte “perdita di sangue”: spreco di vita, caduta nel sonno della ‘morte’, del peccato: motivo per chiedere misericordia ogni giorno.

Anch’io mi scopro bisognoso ogni giorno di toccare Gesù e di lasciarmi da Lui risollevare, come la fanciulla dodicenne, per riprendere vita in Lui e poter continuare ad essere portatore di questa sua vita verso tutti, in particolare per quanti maggiorente assetati e bisognosi di ritrovare la gioia di vivere. E’ questa la preghiera che rivolgo al Dio della vita e che affido anche a tutti voi in questo giorno. Grazie.

sabato 19 giugno 2021

"Io sono qui...Non temete! - XII domenica del tempo ordinario

La parabola della vita. Così definirei questo racconto. Intendendo con la parola parabola sia il racconto didattico, sia la linea geometrica che traccia il percorso del nostro vivere.

Possiamo cogliere di questo percorso tre passaggi… più uno.

Torniamo alla scena descritta dal vangelo.

Innanzitutto c’è un invito: “Passiamo all’altra riva”.

Questa è la vita: non una sosta stagnante bensì un viaggio affascinante. La vita è traversata, ricerca, coraggio di affrontare l’ignoto. E’ un invito a muoversi, a non stare fermi tranquilli nel porto sicuro. La vita è in ogni caso ‘passaggio’: qui non stiamo definitivi, sia che decidiamo di stare fermi nel porto delle nostre cosiddette sicurezze, sia che ci avventuriamo al largo, arriverà il momento di ‘passare all’altra riva’, all’oltre che ci attende.

Tuttavia uscire dal porto delle nostre sicurezze, accettare la sfida della navigazione, vivere col desiderio e la passione di conoscere, di crescere, di ricercare porta inevitabilmente ad affrontare fatiche, prove. E’ il secondo passo: l’improvvisa “grande tempesta” come la chiama il vangelo. Le tempeste fanno parte della traversata, dell’avventura in mare aperto. Tutti sappiamo di quante tempeste è fatta la vita di ciascuno: un’improvvisa e grave malattia, un incidente, un fallimento nel lavoro, una crisi in famiglia e nelle relazioni, una pandemia… e l’elenco potrebbe continuare. Tutti abbiamo provato cosa vuol dire trovarsi in “una grande tempesta di vento” dove “le onde si rovesciavano nella barca tanto che ormai era piena”.

E’ qui che la vita, messa alla prova, ci costringe a fare delle scelte. E’ il terzo passaggio; l’invito, le prove, le scelte: che fare? Cosa facciamo quando personalmente o con altri ci ritroviamo dentro una tempesta che viene a scombussolare e a mettere alla prova il nostro percorso di vita?

Ognuno di noi può certamente riconoscere cosa ha fatto e sperimentato nei diversi momenti di prova affrontati.

Si aprono almeno possibilità diverse: dal panico (la paura che ci assale e ci blocca) al tirare i remi in barca, come si usa dire, per indicare la rassegnazione, il disimpegno, la rinuncia ad affrontare la sfida. Nasce pure la percezione dell’abbandono da parte di persone in cui avevamo riposto la nostra fiducia e anche in Dio stesso che arriviamo, se non a bestemmiare, quanto meno a domandarci se dorma o meno. Ci sentiamo naufraghi in una storia dove Dio sembra dormire, anziché intervenire subito, ai primi segni della fatica, al primo morso della paura, appena il dolore ci mette alla prova. (E.Ronchi) Sale così il grido: “Non t’importa che siamo perduti?”

Ma è proprio a questo punto che la Parola di Dio vuole indicarci un passo in più: il passo della fede.

“Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. E’ la fede che scaccia la paura e che ci fa sentire viva, forte, vera la Sua vicinanza. Quella fede che si traduce in consapevolezza della Sua Presenza e in affidamento.

Mi importa di te certo, tantissimo, sembra voler dire Gesù con la sua presenza. E’ per questo sono venuto nella carne, per fare con te la stessa traversata, in mezzo a tante tempeste, e darti la certezza che io sono qui con te sempre.

Paolo dirà (2 lettura) “l’amore del Cristo ci possiede”, in Lui e grazie a lui tutto si apre a novità, nascono cose nuove, si aprono speranze e orizzonti di vita. E come scrive  D.Bonhoeffer «Dio non mi salva “dalla” tempesta ma “nella” tempesta. Non protegge dal dolore ma nel dolore. Non salva il Figlio dalla croce ma nella croce». E il  miracolo sta proprio nel riconoscerlo qui, presente, anche attraverso uomini e donne che ci sono accanto, che ci danno una mano, che infondono speranza nei momenti più difficili, che ci incoraggiano a non rinunciare nel guardare avanti… Fratelli e sorelle del quotidiano che ci ricordano che Dio non dorme ma è qui con noi, che ci riportano serenità e pace. E anche noi possiamo diventare per altri questa àncora di salvezza ogni volta che sappiamo dire a noi stessi: “Mi importa”, mi interessa, mi sta a cuore questo fratello e sorella che fa fatica. Ogni volta che questo avviene si compiono le parole del vangelo: “Il vento cessò e vi fu grande bonaccia”.

La fede che Gesù ci chiede non è la garanzia che non ci saranno mai tempeste nella vita, è invece la forza che infonde coraggio per affrontare il mare in burrasca con il Figlio di Dio, Gesù. Affidiamoci fiduciosi a Colui “che anche il vento e il mare gli obbediscono”.

sabato 12 giugno 2021

Il Signore ha messo un seme... - XI domenica del Tempo ordinario

 

Dal mondo della natura un messaggio limpidissimo oggi. Per dirci che Dio è seme, energia, fecondità, frutto. Questo è il Regno di Dio di cui parla Gesù con le immagini della natura.

Vuole che abbiamo a prendere consapevolezza che Dio è all’opera nel campo del mondo, in questa nostra storia. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta solo di parole consolatorie, ma di fatto ben poco si vede di questo operare di Dio. Le due parabole vogliono aiutarci a comprendere meglio proprio il modo di agire di Dio nella storia con l’immagine del seme.

La prima parabola vuole mettere in evidenza che questo seme, piccolo e nascosto, ha una sua forza interna che lo spinge in ogni caso a portare frutto. Un frutto non tanto dovuto dall’affanno del contadino ma da un’energia interna, presente nel seme stesso che è spinto in una costante crescita verso la sua pienezza. “Di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”. Sembra voler dire Gesù: Dio con l’energia nascosta come di un seme opera dentro la storia umana, “di notte o di giorno”, sia quando tutto va bene, sia quando le tenebre sembrano prevalere.

Con la seconda parabola poi si evidenzia un contrasto: questa presenza è una realtà piccola, nascosta, minima ma destinata a crescere verso una pienezza e grandezza impensabili. “E’ il più piccolo di tutti i semi” tuttavia “quando viene seminato cresce e diventa più grande di tutte le piante”. Qui c’è veramente il contrasto, la logica diversa di Dio che, per realizzare la sua presenza e per agire tra noi, sceglie da sempre la strada del nascondimento, della piccolezza.

“Un ramoscello io prenderò – ricorda il profeta nella prima lettura – metterà rami e farà frutti”. E’ la strada scelta da Dio: la debolezza per manifestare la forza; la piccolezza per generare grandezza; l’abbassamento e il servizio per innalzare ed esaltare: “Io sono il Signore che umilio e innalzo”. “Ha rovesciato i potenti dai troni ha innalzato gli umili”: da sempre questa è la via del regno. Non la potenza, la forza, l’appariscenza, il clamore, bensì il silenzio, il nascondimento, l’abbassamento, la piccolezza del seme. Solo così si afferma la presenza di Dio e il suo regno cresce in noi e attorno a noi. Lo possiamo riconoscere dai tanti piccoli della storia che sono stati resi grandi (Sr.M.Laura e tutta la compagnia dei santi… i nuovi preti… giovani, uomini e donne che nel silenzio e nel nascondimento fanno la storia vera).

Dunque se Dio opera così e tu vuoi collaborare con Lui allora devi saper perseverare in un servizio umile, a volte nascosto.

Indicazioni preziose per noi oggi in affanno come chiesa dentro questa storia che ci interpella. Indicazioni che sono invito a saper leggere la storia stessa, la vita, il futuro. Indicazioni per non  cadere nella disperazione o rassegnazione che chiude alla speranza e ci soffoca in un presente tutto teso solo alla ricerca di soddisfazioni personali.

Se il Regno di Dio è energia diffusa dentro la storia, in ogni creatura pulsa questa energia di Dio; e grazie ad essa “produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco di grano piene nella spiga”. E’ una visione carica di speranza, di fiducia, che apre a un respiro positivo nel guardare alla storia, alla vita di ciascuno. Grazie a questa energia nascosta (che noi chiamiamo Spirito) tutto è possibile; ogni frutto buono può maturare ovunque e quando meno te lo aspetti!

Questi richiami allora devono far crescere in noi, nelle comunità, una consapevolezza nuova. Quella che Paolo esprime nella seconda lettura: “siamo in esilio tuttavia sempre pieni di fiducia camminiamo nella fede e ci sforziamo di essere a Lui graditi”. Questo camminare nella fede ed essere a Lui graditi significa fidarci della sua presenza e azione in noi e nella storia e fare nostra la via scelta da Gesù per operare in mezzo a noi: la piccolezza, il servizio, il nascondimento, l’amore che si spende e si dona come un seme. Questa la strada che si apre per la chiesa e per i cristiani oggi. Certi della potenza e della crescita della presenza di Dio nella storia, impariamo a riconoscere questa presenza, a rendere grazie a Lui e a collaborare perché possano maturare frutti di vita e di salvezza per il mondo intero.  

sabato 5 giugno 2021

Prendete per diventare ciò che ricevete - Solennità del Corpo e Sangue di Gesù

 

L’Agnello immolato, Gesù, che ha donato la Sua vita per amore, è vivo. Vinta la morte, risorto, dona alla chiesa lo Spirito santo e fa di ognuno di noi la dimora del Dio amore, della Trinità. Questo abbiamo celebrato e vissuto nelle precedenti domeniche.

Oggi, la festa del Corpo e sangue di Cristo, oltre che richiamare alla nostra memoria questi doni d’amore, ci offre concretamente la modalità per farli crescere in noi.

In Gesù sei risorto, sei figlio di Dio, abita in te l’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito. Lo sai? Lo sperimenti? Vivi questa vita piena e eterna che è in te? Come puoi farla crescere, nutrirla, alimentarla?

Ecco l’Eucaristia: essa ti viene donata quale cibo che rafforza questa alleanza nuova di comunione e di amore. Un corpo e un sangue, quello di Cristo, che si unisce al tuo corpo e al tuo sangue per sancire definitivamente e alimentare una comunione senza fine. Non più come l’antica alleanza (1 lettura) che chiedeva in cambio osservanze e sacrifici. Bensì un’alleanza nuova, gratuita, libera, puro e immeritato dono d’amore, di cui Gesù Cristo è il “mediatore” (2 lettura).

Nel vangelo viene descritto quel momento unico dove questo dono si è compiuto una volta per tutte. Riviviamone le parole e i gesti che ancor oggi rinnoviamo e ripetiamo in ogni Messa (e a volte con tanta superficialità e incomprensione).

“Prendete, questo è il mio corpo... questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti.”

Prendete. La prima parola, il primo invito. Gesù non ci dice: inginocchiatevi, adorate… No. Ci dice molto di più: “Prendete”. Scrive E.Ronchi: “Io voglio essere preso dalle tue mani come dono, stare nella tua bocca come pane, nell’intimo tuo come sangue, farmi cellula, respiro, pensiero di te. Tua vita”. Qui è il miracolo, il dono immenso: prendete. Gesù ha dato ai suoi due comandi semplici e in ogni Eucaristia noi li riascoltiamo: prendete e mangiate, prendete e bevete. A che serve un Pane, un Dio, chiuso nel tabernacolo, da esporre di tanto in tanto alla venerazione? Prendete! Dio in me, il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola, una stessa vocazione e missione: che ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui.

Fate questo in memoria di me”: non è solo ripetere una liturgia, dei gesti, delle parole, bensì vivere come Lui, fare del nostro corpo e del nostro sangue, della nostra vita avvolta nella sua vita, un dono d’amore per Dio e per i fratelli. Prendete per diventare ciò che ricevete. 

Per questo l’Eucaristia è stata sempre per i santi riferimento fondamentale, sorgente di donazione e di santità. Ce lo ricorda bene anche suor M.Laura Mainetti che oggi verrà beatificata.

Il nostro vescovo la definisce “donna eucaristica”. Lascio a lui la parola: Non è un semplice caso che il giorno della beatificazione di suor Maria Laura coincida con la festa del “Corpus Domini”. Con l’Eucaristia non siamo più noi che viviamo, ma è Gesù che vive in noi: le nostre azioni nascono dalla comunione con Lui, dal momento che siamo stati creati per la comunione e per il dono di noi stessi. Siamo chiamati ad attingere dal cuore di Cristo energie sempre nuove d’amore, così da diventare anche noi fonte di vita per gli altri, donando quindi la nostra vita, in un modo o nell’altro, agli altri. È ciò che la Chiesa intende proclamare con la nostra amata suor Maria Laura. Dichiarandola beata, la Chiesa vuole aiutarci a divenire noi pure come lei. Il suo corpo, mediante una esistenza offerta fino al martirio, è strumento eloquente e luminoso per diffondere ovunque l’amore di Dio per tutti. La testimonianza della nostra Beata sia uno stimolo eloquente perché anche noi, mangiando e bevendo il Corpo e il Sangue del Signore risorto, viviamo in comunione con Lui e con il Padre, capaci perfino di giungere, proprio come suor Laura, al dono supremo del perdono”. Quel perdono offerto alle giovani che la stavano uccidendo… quasi a dire: prendete, questo è il mio corpo dato per voi…

L’esempio dei Santi dunque sia anche per noi una luce per riscoprire l’essenziale: l’indispensabile necessità di nutrirci di Cristo, del suo corpo e del suo sangue, perché cresca in noi la vita divina e la nostra vita diventi dono di amore a immagine di Gesù.