sabato 5 luglio 2025

"Prima dite: Pace" - XIV domenica del tempo ordinario

 

Una parola attraversa le letture di oggi: “pace”.

“Io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la pace” (1let.)

“Su quanti seguiranno questa norma (essere nuova creatura) sia pace e misericordia” (2 let.)

“La pace di Cristo regni nei vostri cuori” (al canto dell’alleluia)

“prima dite: Pace a questa casa” (vangelo)

Una pace che appare come dono, annuncio, frutto di una presenza, quella di Dio, del suo regno, in mezzo a noi.

Questa pace diventa missione per tutti noi. “Andate” è l’invito, il mandato. Siate portatori, operatori della pace che nasce dalla presenza di Dio: “li inviò davanti a sé”, per aprire la strada alla sua presenza di pace.

Come compiere questa missione? Gesù elenca modi, atteggiamenti, parole che non passano e ancora oggi diventano per noi la via da seguire.

- “li inviò a due a due”: insieme, come fratelli; la fraternità è il primo annuncio della pace di Dio;

- “La messe è abbondante”: Gesù ha e ci insegna ad avere uno sguardo positivo che sappia vedere il bene che già c’è e aspetta di essere riconosciuto, sostenuto, incoraggiato;

- “Pregate dunque”, sì, proprio perché ci siano sempre più operai, operatori di pace, collaboratori nel costruire insieme il regno di Dio;

- “vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, chiarissimo no alla violenza, no alle armi, no ad arroganza e potere; solo uno stile di mitezza e di non violenza conquista.

- “non portate…”: è l’invito alla libertà dall’attaccamento alle cose, alle sicurezze umane, a partire dal denaro che è spesso causa di odio, violenza, guerra…

- “in qualunque casa prima dite: Pace a questa casa”: è il primo annuncio in assoluto, è il dono, è il frutto che deve maturare nelle relazioni domestiche e in ogni luogo, ovunque andiamo e siamo.

Questa chiamata missionaria che oggi risuona per noi ha tutta la sua forza e urgenza che aveva allora. Fare strada a Gesù, al Regno di Dio che è definito “vicino” accanto noi; questa Sua presenza che ci accompagna e sostiene e ci manda per costruire relazioni nuove, relazioni di pace. Il discepolo di Gesù che non opera e non costruisce relazioni di pace non può dirsi né essere suo discepolo, non può dirsi cristiano.

Come comunità lavoriamo insieme per trovare modalità, scelte che sappiano promuovere e sostenere ogni forza positiva che già è presente accanto a noi.

Facciamo sentire, con la nostra presenza e la nostra vita, la Sua presenza, il suo regno: “E’ vicino a voi il regno di Dio”. Alla fine, ci ha detto Paolo, “ciò che conta è l’essere nuova creatura” e lo si è grazie all’amore di Cristo ricevuto e donato ai fratelli.

Creature nuove, creature di pace che con la loro vita costruiscono e rendono sempre più vicino il regno di Dio. Questo è il cristiano, la chiesa. Questa la missione che oggi Gesù ci affida.

 


sabato 28 giugno 2025

"Unità nella carità" - Solennità dei santi apostoli PIETRO e PAOLO

Abbiamo ascoltato le vicende di Pietro nella prima lettura e Paolo stesso che nella seconda lettura fa un resoconto del suo cammino di apostolo. Due voci, due testimonianze, due persone diverse e due apostoli che ci confermano un solo, unico messaggio: “il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza”, “il Signore mi ha liberato da ogni paura”, come abbiamo pregato nel salmo.

Questo ci ricorda che non stiamo celebrando due super eroi che hanno compiuto grandi imprese, ma due discepoli di Gesù che lo hanno riconosciuto quale figlio di Dio: “Voi chi dite che io sia? Tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente”, risponde Pietro e su di Lui, la roccia angolare, hanno costruito e impegnato la loro vita fino al dono del martirio.

Questo è il primo richiamo anche per noi: “Voi chi dite che io sia?”, riconosciamo Gesù quale fondamento della nostra vita personale e comunitaria? E’ come se mi dicesse: significo qualcosa per te? Lo senti il mio amore per te?

La chiesa che siamo chiamati a costruire insieme nasce da questo riconoscimento, da questa centralità di Cristo su cui far poggiare le nostre vite, il nostro impegno, il nostro essere insieme annunciatori e testimoni del suo vangelo.

Pietro con Paolo diventano inoltre richiamo di una chiesa sinodale, chiamata a camminare insieme armonizzando i doni diversi che la costituiscono.

Certo c’è un primato di Pietro ma finalizzato a un servizio: edificare, custodire, legare e sciogliere. Un servizio reso direttamente a Gesù perché alla fine è lui che edifica e fa crescere mentre noi siamo solo amministratori come Paolo stesso riconoscerà.

Quindi mentre oggi preghiamo, come fecero i primi cristiani (1 lettura) in particolare per il successore di Pietro, papa Leone, vogliamo chiedere al Signore che non solo lo sostenga nel suo servizio universale alla chiesa ma anche preghiamo perchè ci renda collaboratori con lui, sotto la sua guida, per costruire questa chiesa che Cristo stesso ha voluto e su di lui cresce e si edifica per portare nel mondo il regno di Dio, regno della novità evangelica.

Oggi più che mai c’è bisogno di questi passaggi: fondare su Gesù, collaborare insieme sotto la guida di colui che Gesù ha voluto come suo primo riferimento in un cammino sinodale, riscoprire l’importanza e la bellezza di essere chiesa, comunità radunata nel nome della Trinità e chiamata a continuare la missione stessa di Cristo nel mondo.

Sono tre aspetti tutti da ‘rispolverare’ perché il rischio è quello di andare verso un cristianesimo individualizzato o di piccoli gruppi che altro non fa che far male alla chiesa frammentandola e rendendola insignificante.

Occorre riprendere la passione della comunione tra noi, del lavorare insieme, del riconoscerci strumenti – spesso incapaci e fragili – che tuttavia sono guidati e sostenuti da Cristo stesso. La vera pietra è il signore Gesù. Pietro e tutti noi siamo pietre friabili, di roccioso a cui ancorarsi c’è solo il Suo amore e la Sua fedeltà che resta salda, pronta a perdonare sempre e nonostante tutto.

Così anche noi possiamo allora ripetere: “il Signore ci è stato vicino e ci ha dato forza perché anche noi potessimo portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero.”

 





sabato 21 giugno 2025

"Date loro da mangiare" - Solennità del Corpo e Sangue del Signore Gesù

 

Pane, vino; corpo, sangue: tutto parla di concretezza oggi. Dio è concreto non astratto. Dio in Gesù si fa uomo, vive tra gli uomini e come uomo fa dono della sua vita per tutti: il suo corpo e il suo sangue diventano offerta, dono d’amore per l’umanità intera. Ecco cosa oggi celebriamo. Quasi a ricordarci, sempre, che essere uomini e donne significa diventare offerta per gli altri.

Le prime pagine della Bibbia si aprono, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, con la figura di un personaggio misterioso, Melchìsedek, di cui si dice che “offrì pane e vino”. Questo personaggio è figura dell’uomo di sempre chiamato a offrire sé stesso; figura di quell’uomo che troverà la sua piena realizzazione in Gesù, figlio dell’uomo, che offrirà sé stesso attraverso il suo corpo e il suo sangue, nei segni del pane e del vino.

Siamo al mondo per diventare dono per gli altri. Questo è il primo richiamo che l’Eucaristia, in questa festa del Corpus Domini, ci suggerisce. La nostra eterna tentazione è invece quella di pensare solo a noi. Lo è stata anche per i discepoli: nel brano di vangelo, davanti alla folla stanca e numerosa il loro pensiero è “Congeda la folla perché vada…”, insomma: si arrangino, ognuno pensi a sé stesso. Ma Gesù non allontana la folla, non caccia via nessuno, non ha mai cacciato via nessuno! Anzi: si prende cura, si preoccupa, è concreto; pensa alle loro fatiche, alle loro giuste esigenze, alla loro fame. Fame di pane, certo, ma anche fame di sicurezza, di pace interiore, di risposte profonde. Fame di verità, di giustizia, di gioia. Fame di amore, di tenerezza. Fame di fede. fame di Dio. E davanti alla fame dell’umanità non dice “ognuno pensi a sé”, ma invita “Date voi stessi da mangiare”. Che vuol dire: fai della tua vita, delle tue capacità, del tuo tempo, delle tue risorse un dono concreto, così come Io ho fatto. “Non abbiamo che cinque pani e due pesci…”: non importa quanto hai; basta il poco che sei, te stesso da offrire. Quel poco che siamo se condiviso diventa ricchezza. Il gioco divino, al quale in quella sera tutti partecipano, non è la moltiplicazione, ma la condivisione (R. Virgili)

Ecco cosa ci ricorda l’Eucaristia e a cosa ci invita. Essa è la concretezza di Dio che ama donando sé stesso per restare accanto, per entrare nella nostra umanità e renderla abitata dalla sua Presenza divina. Ecco la comunione!

E questa nostra umanità, nutrita di Lui, viene saziata: “tutti mangiarono a sazietà”, ricorda il vangelo. C'è tanto pane nel mondo che a condividerlo davvero basterebbe per tutti. Saziati dall’amore di Dio veniamo così resi capaci di comunione e di condivisione tra noi, fino al dare noi stessi, a fare della vita un dono-offerta.

A questo ci porta la Messa che viviamo ogni domenica. Ne siamo consapevoli? “Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore” ricorda Paolo: voi cioè siete chiamati, ogni volta che celebrate la Messa, a testimoniare il dono d’amore di Gesù, la sua morte, attraverso il dono d’amore della vostra vita; “finché egli venga” cioè fino alla definitiva e piena comunione con Lui.

Dono grande l’Eucaristia da non sciupare, da non vivere con fretta e superficialità, da non ridurre a un rito e a un precetto. E’ l’atto più alto d’amore di Dio per noi e di noi con Lui e con gli altri. Gesto di profonda comunione che deve aprirci sempre più al dono, alla solidarietà, alla comunione con tutti.

Impariamo a vivere la Messa lasciandoci coinvolgere dalla Presenza di Gesù; allora la nostra vita non può non rimanere coinvolta dal suo modo di amarci, imparando anche noi a condividere, servire, donare; a fare nella vita quello che Gesù ha fatto nell’ultima cena: “Fate questo in memoria di me”.