sabato 20 aprile 2024

"Seminatori di speranza e di pace" - Quarta domenica di Pasqua - Giornata di preghiera per le vocazioni

Giovanni nella seconda lettura ci svela qualcosa di bello e di grande: il senso stesso della nostra vita e il nostro destino. Siamo tutti dei chiamati, per amore, ad essere figli di un Dio Padre. “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente!”. Per questo il nostro destino è che “noi saremo simili a Lui perché lo vedremo così come egli è”.

Tutto questo ha inizio per ogni uomo e donna con la chiamata alla vita (ecco perché essa è sacra e inviolabile sempre). E’ la prima vocazione per tutti: vivere e vivere per sempre!

Per noi cristiani poi si aggiunge la consapevolezza che questa vita di figli, questa vita eterna ci è donata solo da Colui che “è la pietra, scartata e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza”: Gesù. Con il Battesimo accogliamo in noi la forza della sua Pasqua e la consapevolezza di essere uniti alla stessa vita di Dio, Padre, Figlio e Spirito santo. E’ la vocazione cristiana: seguire Gesù, vivere come Lui e per Lui, ognuno secondo le capacità e i doni ricevuti.

Così dal Battesimo maturano le diverse vocazioni che qualificano la chiesa come “popolo fedele in cammino, perché possiamo prendere parte al suo progetto d’amore e incarnare la bellezza del Vangelo nei diversi stati di vita – scrive papa Francesco nel messaggio di oggi -. Così, questa Giornata è sempre una bella occasione per ricordare con gratitudine davanti al Signore l’impegno fedele, quotidiano e spesso nascosto di coloro che hanno abbracciato una chiamata che coinvolge tutta la loro vita. Penso alle mamme e ai papà che non guardano anzitutto a sé stessi e non seguono la corrente di uno stile superficiale, ma impostano la loro esistenza sulla cura delle relazioni, con amore e gratuità, aprendosi al dono della vita e ponendosi al servizio dei figli e della loro crescita. Penso a quanti svolgono con dedizione e spirito di collaborazione il proprio lavoro; a coloro che si impegnano, in diversi campi e modi, per costruire un mondo più giusto, un’economia più solidale, una politica più equa, una società più umana: a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che si spendono per il bene comune. Penso alle persone consacrate, che offrono la propria esistenza al Signore nel silenzio della preghiera come nell’azione apostolica, talvolta in luoghi di frontiera e senza risparmiare energie, portando avanti con creatività il loro carisma e mettendolo a disposizione di coloro che incontrano. E penso a coloro che hanno accolto la chiamata al sacerdozio ordinato e si dedicano all’annuncio del Vangelo e spezzano la propria vita, insieme al Pane eucaristico, per i fratelli, seminando speranza e mostrando a tutti la bellezza del Regno di Dio”.

Vocazioni diverse di un unico popolo in cammino seguendo il Pastore buono e bello che “dà la propria vita”, ci conosce per nome e tutti vuole radunare: “ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore”.

Con Gesù, ascoltato e seguito, impariamo così anche noi a donare la vita e a lavorare per l’unità e la fraternità universale in cammino verso la speranza della comunione di vita definitiva in Dio.

“Questo è, alla fine, - scrive ancora il Papa - lo scopo di ogni vocazione: diventare uomini e donne di speranza. Siamo tutti chiamati a “dare corpo e cuore” alla speranza del Vangelo in un mondo segnato da sfide epocali: l’avanzare minaccioso di una terza guerra mondiale a pezzi; le folle di migranti che fuggono dalla loro terra alla ricerca di un futuro migliore; il costante aumento dei poveri; il pericolo di compromettere in modo irreversibile la salute del nostro pianeta. E a tutto ciò si aggiungono le difficoltà che incontriamo quotidianamente e che, a volte, rischiano di gettarci nella rassegnazione o nel disfattismo. In questo nostro tempo, allora, è decisivo per noi cristiani coltivare uno sguardo pieno di speranza, per poter lavorare con frutto, rispondendo alla vocazione che ci è stata affidata, al servizio del Regno di Dio, Regno di amore, di giustizia e di pace. Essere pellegrini di speranza e costruttori di pace. Significa fondare la propria esistenza sulla roccia della risurrezione di Cristo, sapendo che ogni nostro impegno, nella vocazione che abbiamo abbracciato e che portiamo avanti, non cade nel vuoto. Nonostante fallimenti e battute d’arresto, il bene che seminiamo cresce in modo silenzioso e niente può separarci dalla meta ultima: l’incontro con Cristo e la gioia di vivere nella fraternità tra di noi per l’eternità. Questa chiamata finale dobbiamo anticiparla ogni giorno: la relazione d’amore con Dio e con i fratelli e le sorelle inizia fin d’ora a realizzare il sogno di Dio, il sogno dell’unità, della pace e della fraternità. Nessuno si senta escluso da questa chiamata! Ciascuno di noi, nel suo piccolo, nel suo stato di vita può essere, con l’aiuto dello Spirito Santo, seminatore di speranza e di pace.

 


 

sabato 13 aprile 2024

"Pace e paura" - Terza domenica di Pasqua

 

Pace a voi!”, ancora una volta! Una pace che si immerge dentro le paure e le chiusure di quel gruppo di uomini e donne, tanto simile a tutti noi. Pace e paura. Lui la pace, noi la paura. Paura perché Lui ci pare lontano, un fantasma, staccato dalla nostra vita piena di problemi e incertezze. Ma Lui torna, Lui c’è sempre, per dirci “Pace”, ma soprattutto per farci sperimentare che Lui è realmente qui con noi, che non c’è motivo di cedere alla paura e allo sconforto.

Il racconto ascoltato vuole aiutarci a imparare a riconoscere la Sua Presenza proprio per saper vincere la paura ed essere oggi i suoi testimoni come i primi apostoli (1 lettura); per saper soprattutto vivere secondo il suo vangelo come ci ha detto Giovanni (2 lettura): “Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti; chi osserva la sua parola in lui l’amore di Dio è veramente perfetto”.

E allora scopriamo come si manifesta la sua presenza.

Si tratta di segni umili, apparentemente scontati da sembrare inadeguati. Ma questa è la scelta di Dio, la strada che Lui percorre per stare accanto a tutti noi.

Il primo di questi segni sono le ferite; quelle ferite della croce che permangono nel corpo risorto. “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate…”. Siamo invitati a riconoscere che il Risorto è lo stesso che fu crocifisso e a riconoscere dunque nelle ferite che segnano il corpo di ogni fratello e sorella che accostiamo, le Sue ferite, la Sua presenza. Più ancora: invitati a “guardare e toccare”. Noi che oggi con troppa disinvoltura giriamo lo sguardo per non guardare chi soffre, chi fa fatica; per non voler vedere le piaghe e le ferite che segnano il corpo e lo spirito di tanti, siamo chiamati con forza a guardare e toccare. “Guardate e toccate…sono proprio io”. I poveri, i deboli non sono fantasmi di cui aver paura o da cui fuggire, sono il corpo ferito del Signore che chiede e attende di essere toccato per risorgere. Toccare: ciò prendersi cura; non solo limitarsi a vedere, ma muoverci a soccorrere imparando a riconoscere (e questo è decisamente sconvolgente) che proprio qui Lui, Dio, è presente, Lui vivente e risorto, perché ogni uomo e donna ritrovi speranza e coraggio.

Il secondo segno è la semplicità del quotidiano, delle relazioni. A noi sempre a caccia di qualcosa di diverso, di straordinario, Gesù ci ricorda che lui invece ama la semplicità delle cose di tutti i giorni. Dice il vangelo: “Poiché per la gioia non credevano ancora… disse: ‘Avete qui qualche cosa da mangiare?’ Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro”. Una Presenza che continua a manifestarsi nelle semplici cose della vita di ogni giorno: un pesce, del pane e del vino, il mangiare insieme... Non andiamo a indagare chissà dove, non perdiamoci alla ricerca di enigmi incomprensibili. Impariamo piuttosto a riscoprire e a rivalorizzare la semplicità delle cose quotidiane e in particolare delle relazioni come luogo e segno della presenza di Colui che è il Dio della vita.  

Infine ecco il segno della Parola, le Scritture: “’Sono queste le parole che io vi dissi…’. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture”. Quelle Scritture che da sempre parlano di Lui: “Così sta scritto… bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me…”. Solo “aprendo la mente” ad essa si aprono anche gli occhi e il cuore e la fede si fa possibile. Un’espressione significativa “Aprì loro la mente” che sarebbe da tradurre “Guarì loro la mente”. Quanto abbiamo bisogno di guarire le nostre menti, malate di falsità, di inganno, di vanità e sciocchezze, per arrivare a comprendere, per arrivare finalmente a credere che quel Gesù crocifisso è il Gesù risorto. E che questo Gesù risorto non è un fantasma, ma l’uomo pienamente riuscito, l’uomo nuovo nel quale anche noi possiamo, dobbiamo, diventare nuove creature. Testimoni in questo nostro oggi della sua presenza di pace che vince e supera ogni nostra paura.

 

sabato 6 aprile 2024

"Pace a voi!" - Seconda domenica di Pasqua 'in albis'


“Pace a voi”. Così, sempre, il Risorto si presenta ai suoi amici. Sono le sue prime parole, il suo primo dono dopo essere risorto dai morti. “Pace a voi”.

Che cosa ne abbiamo fatto di questo dono? E’ la domanda che il nostro Vescovo ci pone nell’invito che ha rivolto a tutte le comunità a vivere questa settimana di ottava, che oggi si chiude, dedicando ampi spazi di preghiera e di adorazione eucaristica, per riscoprire lì, nel pane offerto e donato, Colui che è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo.

Così dice il nostro vescovo: “Il mondo attraversa, ancora una volta, un momento difficile. Non possiamo nasconderci che l’invito del Risorto – «pace a voi» – mentre continua ad alimentare la speranza e gli sforzi di riconciliazione compiuti da tanti «operatori di pace», risuona al tempo stesso nelle coscienze di tutti come un rimprovero. Che cosa ne abbiamo fatto della pace? Questo interrogativo vale per il mondo a tutti i livelli, ma anche per la Chiesa, nella quale dobbiamo purtroppo constatare, con amarezza e profondo senso di vergogna, che divisioni, invidie e gelosie non sono del tutto assenti. Per questo abbiamo tutti bisogno di tornare a Dio, di piegare le ginocchia del corpo e del cuore davanti a lui per rimetterlo al centro della vita, dei pensieri e delle azioni della Chiesa”.

E’ un interrogativo che ci tocca tutti come cristiani, come comunità. Davanti all’immagine eloquente di una comunità capace di vivere in profonda comunione, “un cuor solo e un’anima sola” come ci ricorda il testo degli Atti degli Apostoli, capace di condividere i propri beni con chi fa più fatica (“quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno”… più o meno come facciamo oggi!!), capaci così di “testimoniare con grande forza la risurrezione del Signore”, oggi siamo chiamati a rivedere il nostro essere cristiani, a ripensare lo stile delle nostre comunità, nella consapevolezza che divisioni, invidie, gelosie, egoismi non generano assolutamente la pace, anzi sono il segno che il dono della pace che il Risorto ci consegna non lo abbiamo ancora accolto.

Tuttavia Lui non si stanca di farsi presente tra noi nonostante le nostre chiusure, paure e fatiche. Torna, otto giorni dopo, torna sempre, per vincere la nostra incredulità e durezza di cuore. Torna per rinnovare il dono e offrirci Colui che della pace è la sorgente: lo Spirito. «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Quello Spirito che porta la pace attraverso il perdono, la misericordia che viene dal Padre e che siamo chiamati non solo ad accogliere ma anche a distribuire. Senza perdono non potrà mai fiorire la pace! Quel perdono che nasce dalle ferite del Cristo, e di ogni cristo: “mostrò loro le mani e il fianco”, “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco”. Da quelle ferite è venuto il dono dello Spirito che genera misericordia e pace.

Con la forza dello Spirito, e “con l’acqua e con il sangue”, esplicito riferimento di Giovanni nella seconda lettura al Battesimo, siamo stati “generati da Dio” per vincere il mondo con la nostra fede e testimoniare a tutti la vita nuova di figli nell’amore verso Dio e verso il prossimo.

Proprio attraverso il Battesimo, rinnovato nella veglia pasquale, siamo stati immersi nella vita della Trinità, nella comunione d’amore con il Padre, il Figlio e lo Spirito santo. Rinnovati dalla misericordia della Trinità santa, siamo chiamati a diffondere questo amore misericordioso toccato, sperimentato, come Tommaso, nel Cristo crocifisso e risorto, riconosciuto come “Mio Signore e mio Dio”.

“Pace a voi” allora non resterà solo un bel saluto ma si tradurrà in relazioni nuove che, cariche di amore misericordioso, porteranno a costruire in questa nostra tormentata umanità, comunità coraggiose nel vivere la logica nuova del vangelo, rifiutando ogni forma di violenza, verbale e fisica, per generare nella mitezza e nella giustizia un futuro di vera pace. “Beati – dunque - quelli che non hanno visto e hanno creduto” e con la loro fede vincono il mondo, seminatori, dentro le ferite di questa nostra umanità, di quella misericordia che tutto risana e apre a vita nuova, a nuove possibilità, a rinnovata speranza.

sabato 30 marzo 2024

"Fede, speranza, amore". PASQUA DI RISURREZIONE


Pasqua. Cosa dice a noi oggi questa festa?

Dalla Parola ascoltata e da quanto abbiamo celebrato in questi tre giorni possiamo raccogliere un triplice messaggio-invito.

Primo messaggio-invito. Per tutto e per tutti c’è un ‘oltre’. Oltre gli sbagli, oltre i fallimenti, oltre la crisi, oltre il peccato, oltre la morte… Gesù il crocifisso-risorto ci porta oltre tutto ciò, verso una costante novità (si può sempre ricominciare da capo), verso una pienezza di vita, meta verso la quale tendiamo. Dunque non scoraggiarti se ora ti senti in croce, se senti il peso di una pietra che chiude la tua vita come in una tomba. Con Gesù si può andare oltre, si possono rovesciare anche i macigni più pesanti.

E’ l’invito alla speranza riposta in un persona: Gesù.

Secondo messaggio-invito. Chi vince non è l’odio e la violenza, il potere e la forza.  Chi vince è l’amore: quell’amore che ha il coraggio di farsi dono, di rendersi umile servizio, parola e sguardo che perdona. Come l’amore di Gesù che “passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del maligno”. L’amore – è vero – può essere tradito, rinnegato, deriso, incompreso, ma alla fine è l’unica forza che cambia i cuori e la storia, le relazioni e la vita. Dunque non stancarti di amare “come Lui” ha amato te, noi, tutti.

E’ l’invito all’amore che trova la sua sorgente nell’amore stesso di Gesù.

Terzo messaggio-invito. In un mondo dove si fanno tante promesse e non si mantengono, la Pasqua ci svela il volto di un Dio che invece è fedele alla Parola data. Non ci inganna, non ci illude, non smentisce le promesse fatte. Il Figlio amato si è fidato del Padre, della sua Parola, ha fatto fino in fondo la sua volontà. Per questo il Padre non lo ha abbandonato in potere della morte, ma lo ha risuscitato. Dunque anche tu rinnova la fede in Lui, ascolta la sua Parola, fidati di Lui e troverai la vita.

E’ l’invito a una fede rinnovata, alla fiducia piena nel Dio di Gesù.

La Pasqua oggi vuole rinnovare in noi questi tre doni: la speranza, l’amore, la fede. Altro non sono che la vita stessa di Dio.

Vita divina che si è resa presente e si è manifestata in noi nel Battesimo – nostra prima Pasqua - che abbiamo rinnovato nella veglia di questa notte.

Lo sappiamo? Ci crediamo? Camminiamo in questa vita nuova? La Pasqua ci interroga. La Pasqua ci provoca. La Pasqua ci chiama a una vita cristiana autentica.

“Sì ne siamo certi. Cristo è davvero risorto”. Possiamo anche noi rispondere con queste parole? Sappiamo soprattutto manifestare la vita nuova di risorti?

Così come ci ha ricordato Paolo nella seconda lettura: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù dove è Cristo”.

Questo nella nostra vita di tutti i giorni; con tutte le sue fatiche e contraddizioni, dentro una storia tormentata e difficile come la nostra. Infatti la lotta tra morte e vita, tra male e bene continua, ogni giorno: “morte e vita si affrontano in un prodigioso duello”. Ma sappiamo che il risultato finale è a favore della vita, del bene. “Il Signore della vita era morto, ma ora vivo, trionfa”.

Con Gesù risorto ci sentiamo chiamati a lottare per il bene e per la vita, per il vangelo, ogni giorno. Facciamolo insieme, aiutandoci a vicenda per non scoraggiarci; diventando sostegno gli uni per gli altri. Con gesti che ci aiutino ad assumere la logica della gratuità che ha portato l’amore di Cristo a dare la vita per ciascuno di noi e che bucano il grigiore di un pesante quotidiano, creando lo spazio alla Speranza e all’Amore più forte della morte. Piccoli gesti di attenzione, rispetto, tenerezza, consolazione, perdono: sono gesti di risurrezione. Perché la Pasqua è la festa non dello straordinario, ma dell’ordinario reso nuovo dalla sua presenza. Lui è lì. Nelle tue giornate, nelle tue fatiche, nelle tue lotte, nelle tue relazioni da custodire e alimentare: lui è lì.

E insieme anche noi “corriamo” come Maria di Magdala, come Pietro e Giovanni. Corriamo: non con affanno e agitazione, ma con gioia e serenità del cuore, per portare a tutti e in ogni luogo la bella notizia della Pasqua, i doni pasquali della speranza, dell’amore, della fiducia, nella certezza che Gesù è vivo e cammina con noi oggi e sempre perché è il primo dei risorti, il vivente per sempre.