sabato 29 ottobre 2022

"Rialzi chiunque è caduto" - XXXI° domenica del tempo ordinario

C’è come uno squarcio di sole in mezzo alle nebbie nella prima lettura. Ci svela la bellezza di Dio, la sua grandezza nella misericordia e nell’amore. “Signore, amante della vita”. “Ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata”.

Un Dio che vuole che nessuna delle sue creature si perda. Sua volontà è che tutti siano salvi.

Questo pensiero apre alla speranza, alla fiducia. Tutti possiamo smarrirci nel cammino della vita, ma nessuno deve perdersi: è questo il desiderio di Dio e per questo in Gesù viene a compierlo. In Lui infatti “è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. E’ la conclusione del Vangelo di oggi.

Il Vangelo, presentandoci l’episodio di Zaccheo, ci dice che il “Signore, amante della vita” è Gesù.

Tre sono i momenti: la ricerca, l’incontro e il cambiamento.

Innanzitutto l’episodio si apre con la presentazione dei due personaggi, Gesù e Zaccheo, che di fatto si cercano. Zaccheo è in ricerca, vuole vedere Gesù ed è pronto a tutto anche a fare figuracce… lui pubblicato, ladro e strozzino ben conosciuto da tutti non esita a fare gesti inconsueti pur di cercare di vedere Gesù. Gesù, da parte sua, cerca Zaccheo. In particolare si sottolinea lo sguardo: “Gesù alzò lo sguardo…”, uno sguardo che ti cerca, che si ferma su di te. Lo sguardo di Dio sulla nostra vita, uno sguardo che arriva dritto al cuore saziando ogni desiderio, ogni nostra ricerca di Lui. Scrive Agostino nelle sue Confessioni: “Non ti avrei trovato se tu non mi avessi cercato!”. Noi, uomini e donne dunque siamo tutti ricercatori ricercati!

Si passa così al momento dell’incontro e del dialogo.

E qui notiamo che la parola è solo di Gesù. Zaccheo non fa altro che ascoltare e poi accogliere, eseguire quello che la Parola gli dice. “Oggi devo fermarmi a casa tua”. Ecco il desiderio di Dio. “Oggi devo”: sono due parole brevi ma decisive.

“Devo”: Dio vuole, deve entrare in rapporto con noi, far parte della nostra vita, perché solo così essa potrà realizzarsi in pienezza. E’ la sua volontà.

“Oggi”: adesso; in questo preciso momento, in ogni momento Dio ti cerca. Questo oggi è per me e per tutti, perché nessuno è escluso dalla sua salvezza.

E così si arriva al cambiamento. Un cambiamento di vita che è conseguenza e non esigenza, presupposto. Gesù non chiede a Zaccheo “cambia vita, così dopo vengo a casa tua”… Gesù va da Zaccheo nella sua condizione di peccatore. Dio non ti dice mettiti in regola con me e io ti salvo, ma chiede solo di essere accolto e amato. “Lo accolse pieno di gioia… Oggi per questa casa è venuta la salvezza”.

Accogliere Gesù ti cambia la vita: porta Zaccheo a una svolta radicale; così pure per noi se veramente abbiamo il coraggio di accoglierlo nella nostra vita. La Sua presenza in noi, poi farà il resto, come per Zaccheo. Accogliere Gesù anche per noi, oggi, apre alla possibilità di novità di scelte, di atteggiamenti; apre alla vita vera che si attua nell’amore più forte del male e della morte.

Tre passaggi molto significativi e belli che portano, Zaccheo e possono portare anche noi, a trovare Lui, “amante della vita” e in Lui la capacità di vivere con verità, giustizia e bontà le nostre giornate.

sabato 22 ottobre 2022

"Io sono una missione" - XXX° domenica del tempo ordinario


Oggi viviamo la Giornata Missionaria mondiale.

E’ occasione per pregare insieme, per sostenere l’opera missionaria della Chiesa nel mondo e soprattutto per ravvivare la nostra vocazione missionaria che ha la sua origine nel Battesimo ricevuto. Scrive papa Francesco nella Evangelii Gaudium: “Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è in­contrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e “missiona­ri”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sra­dicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo”.

Oggi val la pena ripensare e fare nostre queste parole per non dimenticare il senso del nostro vivere e del nostro essere cristiani: io sono una missione.

Il vangelo di oggi poi ci invita a confrontarci sull’atteggiamento necessario per essere discepoli-missionari. Riprendiamo il testo: troviamo due personaggi, il fariseo e il pubblico peccatore. Il primo assume un atteggiamento legato a una religiosità egocentrica: “io digiuno, io pago, io faccio, non sono come gli altri e nemmeno come questo pubblicano”; arriva quasi a pretendere che Dio lo elogi e lo premi.

Il pubblicano invece non solo è in una posizione diversa (sta indietro, occhi bassi, battendosi il petto) ma soprattutto ha un atteggiamento diverso: un atteggiamento di fede, di abbandono fiducioso. Si riconosce per quello che è, peccatore, riconosce Dio come un Tu al quale affidarsi “O Dio, abbi pietà di me peccatore”; non guarda l’altro, non giudica, non critica l’altro.

Ecco: per essere discepoli-missionari ci è chiesto non un una religiosità egocentrica (vedi fariseo) – così non saremo non solo missionari ma nemmeno discepoli e credenti -  bensì un atteggiamento di umile fede e di umile sguardo sugli altri. Come il pubblicano: consapevoli di noi stessi e dei nostri limiti, fiduciosi nella misericordia del Signore.

Questo porta a vedere con sguardo nuovo gli altri e a riconoscerli fratelli e sorelle, tutti bisognosi dell’amore di Dio. Solo così sapremo accostarci e stare con loro non quali giudici o maestri, bensì quali umili testimoni della Sua misericordia. “Di me sarete testimoni”: dice lo slogan di questa giornata. Di me dice Gesù, non di te stesso. Sottolinea il papa nel messaggio odierno: I missionari di Cristo non sono inviati a comunicare sé stessi, a mostrare le loro qualità e capacità persuasive o le loro doti manageriali. Hanno, invece l’altissimo onore di offrire Cristo, in parole e azioni, annunciando a tutti la Buona Notizia della sua salvezza con gioia e franchezza, come i primi apostoli.

La giornata missionaria ci invita allora a saper essere ogni giorno, lì dove siamo e viviamo testimoni di Gesù e del suo vangelo, in parole e opere, con atteggiamento non arrogante bensì di umile e semplice condivisione con la vita di uomini e donne che incrociamo nel nostro cammino. “Il vangelo si diffonde per contagio: uno chiamato chiama l’altro” diceva il cardinal Martini.

Ci invita, questa giornata, a riscoprire la gioia e la responsabilità di essere, insieme con tutta la chiesa, missionari e testimoni di Gesù per costruire il suo regno di giustizia e di pace dentro la storia di oggi. Dipende perciò da me, da ciascuno di voi che la chiesa sia sempre più espressione dell’instancabile corsa che il vangelo compie nella storia.

Ci faccia sentire inoltre il sostegno e l’esempio di tanti, uomini e donne, che alla missione hanno dato tutta la loro vita in particolare a servizio degli ultimi e dei poveri in ogni parte del mondo. Con loro anche noi, usando le parole di Paolo nella seconda lettura, “combattiamo la buona battaglia” certi che “il Signore ci è vicino e ci dà forza perché possiamo portare a compimento l’annuncio del vangelo a tutte le genti”.

 

 

sabato 15 ottobre 2022

"Rimani saldo" - XXIX° domenica del tempo ordinario

Dalla “necessità di pregare sempre senza stancarsi mai” come dice Gesù nel vangelo, all’invito di Paolo “tu rimani saldo e annuncia la Parola”, alla fatica di Mosè sul monte che “sentiva pesare le mani” che teneva elevate al cielo.

Tre diversi passaggi per un unico messaggio: saper perseverare. Come Mosè ritto sul monte durante la lotta. Nella Parola ascoltata e annunciata in ogni momento. Nella preghiera “senza stancarsi mai”. Perseverare.

Riconosciamolo senza timore: facciamo fatica in questo. La perseveranza non è così all’ordine del giorno… Un po’ in tutti i campi della vita e anche come cristiani nel vivere la nostra fede abbassiamo in fretta le mani davanti ai problemi, le lotte, le sfide che la vita ci presenta. Non stiamo così saldi come dovremmo nella Parola di Dio e di conseguenza annunciarla, testimoniarla non ci viene così facile. E infine pregare sempre... sembra utopia; si prega ma quando capita, quando ne abbiamo voglia, tempo, bisogno.

Lecita allora la domanda finale di Gesù: troverò ancora fede?, troverò uomini e donne che sanno perseverare nel seguirmi?

Perché alla fine è la fede che si spegne se viene meno la perseveranza. Come se un atleta, un artista si allenassero solo occasionalmente: quali risultati otterrebbero? Ben pochi. Solo la perseveranza quotidiana rende capaci di ottenere grandi risultati in ogni campo; senza ci si ferma solo alla superficialità, al pressapochismo o addirittura si cade nel fallimento.

Il mese missionario che stiamo vivendo si pone come occasione propizia per rafforzare la nostra perseveranza.

“Di me sarete testimoni”: è l’invito che risuona in questo mese, accompagnato anche da vite che parlano, testimonianze di santi e di semplici missionari che con perseveranza hanno lavorato e lavorano per la crescita del regno di Dio dentro la storia. Abbiamo – in settimana – ricordato i 60 anni dell’inizio del Concilio Vaticano II°: una sfida ancora aperta per il rinnovamento autentico della chiesa a servizio del mondo. Un Concilio che ci ha fatto scoprire la nostra vocazione di battezzati e appartenenti all’unico popolo di Dio, la chiesa di Cristo, chiamata a portare nella storia l’amore misericordioso del Padre e a operare per una umanità riconciliata, capace di vivere nella pace e di riconoscersi orientata alla fraternità universale. Sono pungoli forti e belli. Lasciamoci interpellare da tutto ciò. Diamo una scossa al nostro vivere da cristiani abitudinari o occasionali per diventare cristiani perseveranti nel seguire Gesù e il suo vangelo e con Lui affrontare le lotte di oggi con mani alzate e pronte alla collaborazione con tutti, saldi alla luce della Parola e permanenti nella preghiera continua, che altro non è che vivere nel respiro di Dio ogni momento della nostra vita, confidando sempre nel suo aiuto. “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi varrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore”. così abbiamo pregato nel salmo responsoriale.

Sostenuti dal suo aiuto, custoditi della sua Presenza, “il Signore ti custodirà da ogni male, egli custodirà la tua vita, il Signore ti custodirà quando esci e quando entri, da ora e per sempre”, camminiamo con gioia nella fede.

Questo sentirci ovunque custoditi è il segno che la nostra preghiera è continua e che la nostra fede è viva. Diventi allora anche la nostra vita testimonianza sempre più chiara di questa fede imparando declinare ogni giorno nelle nostre scelte il vangelo di Gesù.

Solo questa capacità di perseverare pur in mezzo alle fatiche, alimentandoci nell’ascolto della Parola e nel respiro calmo e profondo della preghiera, ci renderà non solo credenti ma soprattutto credibili. Uomini e donne che sapranno tener vivo nel tempo il fuoco della fede fino al giorno del Suo ritorno lavorando nella storia per portare a compimento il progetto di Dio.

 

 

 

sabato 8 ottobre 2022

"Alzati e và" - XXVIII domenica del tempo ordinario

La Parola di Dio oggi ci presenta due episodi similari (1 lettura e vangelo) che hanno per protagonisti lebbrosi in cerca di guarigione. Da questi racconti e in particolare dal vangelo vorrei evidenziare alcuni aspetti.

Un primo aspetto è la collocazione di questi racconti:  “Lungo il cammino”, così inizia il vangelo; e anche Naaman era in cammino e gli stessi dieci lebbrosi vengono invitati da Gesù a camminare, ad andare presso i sacerdoti. Lo stesso brano si chiude con un preciso invito: “Alzati e và” cammina. Guardando con attenzione ci accorgiamo che si tratta di uomini che nel cammino della vita perdono brandelli di carne (questa era ed è ancora oggi la lebbra!), perdono pezzi di vita. Forse un po’ come noi che nel quotidiano cammino ci sentiamo tante volte in perdita di vita, di speranza, delusi e stanchi. Ma anche Gesù è in cammino: camminava e continua oggi a camminare in mezzo a noi, al fianco del nostro andare di ogni giorno, condividendo fatiche e sofferenze, presente e vivente, così come lo riconosciamo venendo qui all’incontro con Lui. Anche noi possiamo, come quei dieci, gridare: “Gesù, maestro abbi pietà di noi”.

Stando al vangelo poi scopriamo - è il secondo particolare -  come questi lebbrosi si ritrovano guariti. Tutti. Ma uno solo ritorna da Gesù: il samaritano. Perché? Certo per ringraziare, ma non solo. Scrive Ermes Ronchi: “Non gli basta la guarigione, lui ha bisogno di salvezza, che è più della salute, più della felicità. Altro è essere guariti, altro essere salvati: nella guarigione si chiudono le piaghe, nella salvezza si apre la sorgente, entri in Dio e Dio entra in te, raggiungi il cuore profondo dell’essere, l’unità di ogni tua parte”. Torna da Gesù, ringrazia e riconosce che è Lui la sorgente della vita. E’ Lui che più che guarire ci salva: “La tua fede ti ha salvato”. Guariti o/e salvati? Forse anche noi ci saremmo accontentati della guarigione. Spesso si sente dire: alla fine quando c’è la salute c’è tutto! Ma è proprio vero? Sembra di no ci dice il vangelo. Se sei guarito ma ti perdi e disperdi la tua vita a che giova? Uno solo può darti ciò che invece veramente vale: la salvezza. La certezza di una vita più forte del male e della morte stessa. Lui che della vita è il Donatore, la sorgente inesauribile. E a questa sorgente anche oggi siamo qui proprio per attingere guarigione e salvezza.

Ma non solo per noi. Per tutti. Ed è questo la terza sottolineatura. Salvezza non solo per chi appartiene al suo popolo, come i nove lebbrosi, ma anche per chi è straniero come il samaritano, come Naaman il Siro. Perché “tutti i confini della terra hanno veduto la sua giustizia, ha fatto conoscere la sua salvezza” abbiamo pregato nel salmo. In questa seconda domenica dell’Ottobre missionario il Signore ci chiama a riconoscere il suo progetto di salvezza per tutti gli uomini. E l’opera della chiesa, la sua missione, è annunciare e testimoniare a tutti, vicini e lontani, che c’è un Dio che cammina accanto a noi e ci offre guarigione e salvezza.

Oggi poi ci viene proposta la vita e l’esempio di un nuovo santo: Giovanni B. Scalabrini, nativo di Fino Mornasco. Agli inizi del ‘900 la sua attenzione si è rivolta in particolare verso i migranti lavorando per il rispetto della loro dignità e dei loro diritti. La sua testimonianza sia anche per noi stimolo a fare la nostra parte perché nessuno sia escluso da quell’amore che Gesù è venuto a donare a tutti.

Come cristiani impariamo a riconoscere e ad essere testimoni dei doni ricevuti, di una vita salvata e rinnovata. Diventando come quel samaritano che vedendosi guarito e salvato si scopre anche inviato: “Alzati e và”. E’ la Parola che Gesù rivolge anche a tutti noi che siamo qui oggi ad attingere da Lui guarigione e salvezza, siamo qui a dire il nostro grazie. Diventiamo missionari-testimoni dei doni del suo Amore lì dove ogni giorno siamo chiamati a vivere.