domenica 25 settembre 2022

"Costruire con responsabilità il futuro" - XXVI° domenica del tempo ordinario

Giornata particolare questa: è la 108a Giornata del Migrante e del rifugiato; è pure la domenica delle votazioni politiche.

La Parola di Dio ancora una volta non fa sconti e parla chiaro, presentandoci nella prima lettura e nel vangelo due situazioni sociali purtroppo ancora attuali. Da una parte Amos denuncia il fatto che il benessere e il lusso acquisito da una parte del popolo è alimentato a discapito dei poveri, degli ultimi e dei forestieri. Tutto questo è inaccettabile: “Guai agli spensierati di Sion… mangiano… canterellano… bevono.. ma della rovina del popolo non si preoccupano”.

Descrizione assai attuale se ci pensiamo bene. Anche oggi infatti finiamo per lasciarci assuefare dal clima generale di dissolutezza e di indifferenza, per cui il rischio è di pensare più a divertirci e a goderci la vita, senza darci pensiero di tutti coloro che di questa stessa vita finiscono per diventare gli scarti.

Nel vangelo poi la parabola evidenzia ancor più questo “abisso” che stiamo creando tra una umanità indifferente che, tutta protesa al soddisfacimento dei propri piaceri, non vuol vedere una umanità stremata e povera che brama di sfamarsi delle briciole avanzate.

E dal racconto emerge il vero peccato che non sta nella ricchezza, ma nell’indifferenza, nel non fare nulla per l’altro; peggio: nel non vedere nemmeno l’altro! Il ricco non danneggia Lazzaro, non gli fa del male. Fa qualcosa di peggio: non lo fa esistere, lo riduce a un rifiuto, a un nulla. Nel suo cuore l’ha ucciso. Questo è il pericolo: l’indifferenza, il pensare solo a sé e non vedere le fatiche le sofferenze di chi ci sta attorno.

E’ da questo pericolo che Gesù vuole metterci in guardia.

In questo scenario, i migranti, i rifugiati, gli sfollati e le vittime della tratta diventano emblema dell’esclusione. Basti vedere la cronaca anche di questi giorni e qui vicino a noi…

La giornata odierna vuole invece aiutarci a uno sguardo nuovo, più attento e responsabile per imparare a “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati”. A vedere in ciascuno di loro una risorsa più che un problema, una persona più che un numero, un fratello e una sorella più che un antagonista al nostro esasperato benessere.

Già il beato G.Battista Scalabrini (che sarà proclamato santo il prossimo 9 ottobre), pioniere della cura ai migranti, invitava agli inizi del ‘900 a riconoscere in essi una risorsa per costruire una società più giusta e fraterna. Invito che sembra oggi caduto nel vuoto. Eppure è la stessa Parola di Dio che ci ricorda che non può esserci futuro se non ci prendiamo cura gli uni degli altri e se continuiamo a scavare abissi che ci dividono generando solo solitudine e morte. I richiami di Scalabrini - che operò a sua tempo fattivamente e concretamente per i migranti – sono richiami all’accoglienza, al riconoscimento della dignità umana e alla difesa dei diritti di ogni persona, al rispetto delle differenze culturali e religiose, all’impegno per il bene comune e per la pace, e indicano la via da percorrere in una società che si proclama rispettosa dei diritti umani spesso solo a parole.

Paolo, nella seconda lettura scrivendo a Timoteo lo esorta con chiarezza a fare scelte secondo il vangelo, da “uomo di Dio”.

Tutti noi fin dal battesimo siamo “uomini e donne di Dio”. Guidati ogni giorno dalla sua Parola camminiamo, come Paolo ci ricorda: “evita queste cose (discriminazioni, ingiustizie, sfruttamento, indifferenza) e tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza”.

Costruiamo insieme il futuro con tutti gli  uomini e le donne di buona volontà vincendo la terribile piaga dell’indifferenza e operando concretamente (anche attraverso il voto che oggi esprimiamo, segno di responsabilità e di partecipazione) a dare vita a una società più giusta, fraterna e capace di rispettare e valorizzare la dignità di ogni persona.

 

sabato 17 settembre 2022

"Non potete servire Dio e la ricchezza" - XXV° domenica del tempo ordinario

Diciamo subito che le parabole che Gesù racconta nei Vangeli giocano sempre su forti contrasti per trasmetterci indicazioni importanti. Così anche questa parabola che, se leggiamo con attenzione, non è l’elogio alla disone­stà: Dio non loda la corruzione. E’ invece una provocazione al fine di imparare, in una situazione negativa, ad affrontare con scaltrezza e saggezza il problema. L'amministratore senza giri di parole viene definito 'disonesto': disonesto lui, le sue azioni e la stessa ricchezza. Ma il suo comportamento permette di cogliere alcune linee importanti per noi.

Innanzitutto la capacità di discernimento: sa riconoscere la situazione critica in cui si trova, sa riconoscere i suoi limiti e trova il coraggio di agire di conseguenza, di decidersi a dare una svolta radicale alla sua vita.

Nella difficoltà, causata dal male da lui compiuto (la ricerca del suo disonesto tornaconto), sa trovare un’altra via: quella della condivisione (con-donare), del farsi amici proprio con quella ricchezza disonesta che aveva cercato solo per sé. Passa dalla ricerca del suo star bene, alla ricerca del bene altrui e questo attraverso il con-donare quanto prima pensava di accumulare solo per sé stesso.

Diventa un ‘uomo nuovo’, diverso, aperto agli altri e al fare il bene. «I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» osserva Gesù, quasi a voler dire: “perché i figli della luce, i miei discepoli, non sanno fare così?”.

Quell’uomo, figlio di questo mondo, viene presentato a noi, figli della luce, per questa sua capacità di trovare la via giusta e nuova: quella dell’apertura agli altri, della condivisione, del distacco da sé per cercare il bene altrui.

Il discepolo, sembra voler dire Gesù, deve avere occhi per cogliere questa novità, deve avere immaginazione e fantasia per inventare le strade nuove, proprio nei momenti più critici.

In questi nostri tempi segnati da ‘disonestà’ e corruzione, da violenze e guerre, dove il denaro diventato idolo è la causa di tutti i mali, come cristiani abbiamo la capacità di discernere e individuare con coraggio strade nuove che portano a una vita giusta, buona, pacifica e solidale?

Il vangelo oggi ferma lo sguardo proprio su una "nuova logica" a proposito dei beni, del denaro, e afferma: "o Dio o il denaro". "Non potete servire Dio e la ricchezza". Il grande potere della ricchezza è quello di renderci atei. Essa è la vera antagonista di Dio: o – o, "o Dio o il denaro". Servirci del denaro sì, ma essere servi del denaro no: è idolatria. Quando al denaro dai il cuore, allora tutto è possibile, allora -come dice il profeta Amos-: arrivi a comprare il povero per un paio di sandali, a sfruttare e a schiacciare gli altri, e lo giustifichi dicendo che queste sono le esigenze del mercato. L’idolo denaro alimenta le guerre, genera la corruzione in politica e in economia, provoca abissi tra i pochi ricchi e il crescente numero di poveri.

La Parola di Dio ci aiuti a imparare a pensare, a inventare, a immaginare passi concreti che ci portino -come oggi diceva Paolo- alla possibilità per tutti di "trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità", certo “elevando suppliche e preghiere per i re e per tutti quelli che sono al potere”, invocando la pace, ma soprattutto cambiando i nostri modi di vivere, rimettendo ordine nella nostra vita, ridando a Dio il primo posto.

Dal vangelo raccogliamo allora un triplice invito:

- un invito a essere saggi imparando a vivere costruendo relazioni profonde, usando anche dei beni, attraverso la condivisione e la solidarietà, per farci amici gli altri: amici che ci accolgano nelle dimore eterne.

- Un invito a inventare e aprire strade nuove per un futuro diverso dove si impara a camminare insieme, sostenendoci gli uni gli altri, nella ricerca comune della pace e del bene per tutti, a partire dalla “fedeltà alle cose di poco conto”.

- Un invito a diventare capaci di tenere libero cuore, mente e scelte dal denaro per amare Dio solo e in Lui ogni uomo e donna con cuore aperto e generoso.

 

domenica 11 settembre 2022

"Il primo sono io" - XXIV° domenica del tempo ordinario

 

Gesù, pubblicani e peccatori, scribi e farisei. Sono i personaggi che introducono le tre parabole ascoltate. C’è tensione tra loro: non capiscono il comportamento di Gesù che accoglie quelli che tutti definivano peccatori. Gesù racconta tre parabole per dirci chi è il Dio che lui viene a rivelare: un Dio che si abbassa, si fa vicino, per cercare tutti noi, nessuno escluso. Lui vede solo figli da riportare tutti nell’unico abbraccio della suo amore misericordioso.

Lo ha ben compreso Paolo che da persecutore diventato apsotolo, nella seconda lettura, esclama: “Rendo grazie a colui che mi ha giudicato degno di fiducia. Mi è stata usata misericordia”, “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io”.

E’ canto alla misericordia che gli è stata usata, ma è anche indicazione per noi dell’unica strada per attingere questa misericordia, proprio in queste parole: “il primo sono io”. Riconoscerci smarriti, lontani, peccatori: di questi “il primo sono io”.

Davanti a Lui riconosciamoci mendicanti di misericordia e di amore. “Il primo sono io”: non il primo della classe, il migliore, il più bravo di tutti… Purtroppo oggi questa tentazione del primeggiare su tutti e su tutto ci seduce.

“Il primo sono io” tra i peccatori: questo dobbiamo con sincerità riconoscere. Significa riconoscere la nostra realtà segnata da fragilità e debolezza; è smettere di confrontarci e giudicare gli altri, come il fratello  maggiore della parabola; è ammettere che senza il Suo perdono nulla possiamo con le nostre forze. Nulla se non perderci; è il verbo che apre ogni racconto: “perde un pecora, perde una moneta, perde un figlio…”. Quanto è facile perdersi. Ci perdiamo perché siamo stanchi, ci perdiamo perché ci sentiamo deboli, vorremmo fermarci, nasconderci. Ci perdiamo a volte perché gli altri ci hanno dimenticato, ci perdiamo perché la vita ci ha messo da parte, e non possiamo farci niente. Altre volte, però ci perdiamo perché abbiamo voluto perderci, allontanandoci da Dio, spezzando relazioni con persone che la vita ci ha posto accanto.

Succede di perdersi, e nella vita capita anche che nessuno venga a cercarci, ma nelle parabole che Gesù racconta oggi non c’è solo chi si perde, c’è sempre anche qualcuno che si mette a cercare o che aspetta, quando non può fare altro: e questo è Dio, uno che non si dà pace fino a quando non ci ha ritrovato!

Dunque, “il primo sono io” Signore che ha bisogno di essere cercato, riabbracciato, perdonato, restituito alla dignità di figlio. Solo questa esperienza della tua misericordia potrà rendere nuovo il mio cuore di pietra, renderlo capace di portare anche ai miei fratelli tenerezza, misericordia, perdono.

Solo questo incontro con la tua misericordia può renderci capaci di ricostruire relazioni di misericordia con chi ci circonda aprendo il nostro sguardo per riconoscere in loro fratelli e sorelle, figli tutti dell’unico Padre misericordioso, diventando insieme una chiesa che perdona e accoglie tutti.

Da te Padre accolti e non giudicati, impareremo ad accogliere e non giudicare; da te abbracciati e amati, impareremo ad abbracciare e amare i nostri fratelli ma anche i nostri nemici, realizzando la tua Parola che sempre ripete: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”.

Maria, Madre del Soccorso, ci liberi dalla pretesa di crederci giusti e ci faccia sentire il bisogno di andare dal Signore che ci aspetta sempre per abbracciarci, per perdonarci.

sabato 3 settembre 2022

"Scegli!" - XXIII° domenica del tempo ordinario.

 

Nel Vangelo Gesù oggi ci invita a “sedersi e riflettere”, come quell’uomo che deve costruire la torre o quel re che deve andare in battaglia. Sedersi e riflettere per imparare ad agire con sapienza. Per imparare a ‘costruire’ e ‘andare in battaglia’, lottare contro il male. Quanto oggi abbiamo bisogno di questa ‘sosta interiore’ per ritrovare i motivi veri del nostro agire e del nostro vivere da cristiani dentro un contesto sociale confuso e caotico dove siamo chiamati a lottare e a costruire il futuro.

Sederci e riflettere per verificare la nostra scelta cristiana, la scelta di seguire Gesù. Scelta che deve maturare nella consapevolezza, nella libertà, nell’amore. Gesù infatti non vuole folle che lo cercano solo per interesse o abitudine, che vanno da Lui solo per aspettative miracolistiche. Il brano di oggi si apre proprio con questa descrizione: “una folla numerosa andava con lui”. Per questo Gesù, percependo questo equivoco, di gente che lo segue per un malinteso, “si voltò e disse loro…”: perché volete venire con me? E’ la domanda-verifica rivolta oggi anche a noi. Perché vuoi venire con me? Scegliere e seguire Gesù chiede il coraggio di compiere alcuni passi. Tre coraggiosi passi senza  i quali non possiamo dirci suoi discepoli.

Il primo passo: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo». Parole che non vogliono invitare a un distacco dalle persone e da se stessi, ma a ‘un di più d’amore’ (“mi ama di più”); un mettere Lui non al posto degli altri, ma sopra di ogni altra relazione così che tutto da Lui prenda colore, forma, bellezza. Seguirlo è vivere un ‘di più di amore’ che porta a rendere ancor più belle, vere, buone le nostre relazioni con gli altri e con noi stessi, a renderle relazioni capaci di generare pace, riconciliazione, gioia.

Secondo passo: «Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo». E’ ancora un invito a ‘un di più di amore’, fino a scegliere la sua stessa strada che è quella di un amore senza misura, fino alla fine, nonostante le contrarietà e le prove che si possono incontrare.

E infine il terzo passo: «Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». Altro invito a ‘un di più di amore’ imparando a usare anche i propri beni a servizio dei fratelli, a condividerli con gioia, senza diventare schiavi del possesso e dell’avarizia.

Tre passi dunque che orientano alla pienezza dell’amore: amare di più, amare senza misura, amare condividendo; questo significa seguire Gesù e con Lui vivere relazioni nuove con gli altri e con le cose che ci circondano.

Su questi tre passi siamo invitati a muoverci concretamente. Alcuni esempi. Paolo nella seconda lettura dove con quel di più di amore per Gesù impara a vedere uno schiavo come fratello carissimo da accogliere e amare. Imparare a vedere così ogni uomo e donna che incontriamo per costruire una società più fraterna e giusta.

Ci è di stimolo questo ‘Tempo del creato’ (1 settembre – 4 ottobre) nel quale papa Francesco ci invita ad “Ascoltare la voce del creato” e a “coltivare la nostra conversione ecologica per rispondere alla catastrofe ecologica che si preannuncia”. Imparare a usare con saggezza i beni del creato, il cibo, il denaro, nella condivisione e nella solidarietà e non per sfruttare, accumulare. “In balia dei nostri eccessi consumistici, la madre terra geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione”.

Altro stimolo a ‘un di più di amore’ ci è offerto anche dalla beatificazione, oggi, di papa Giovanni Paolo I°, Albino Luciani; non beato perché Papa, ma per il suo rapporto con Dio, che ne fa un esempio per tutti e anche per un nuovo stile di governo segnato dalla semplicità evangelica.

Potremmo continuare con gli esempi. Ma ora tocca a noi, a ciascuno. Scegli. Scegli di seguire Gesù ogni giorno.

Tutti vogliamo la pace, la giustizia, la custodia del creato e del territorio in cui viviamo. Ma quali “scelte” siamo disposti a fare come famiglia e come comunità per contribuire a realizzarle? La Parola ci ha indicato una strada. Percorriamola.