domenica 26 febbraio 2023

"Dal deserto al giardino" - Prima domenica di Quaresima

 

La Quaresima richiama non solo il deserto ma anche il giardino perduto. E di giardino e deserto parlano le letture ascoltate.

L’uomo e la donna sono stati posti da Dio in un giardino l’Eden ci dice il libro della Genesi. Il giardino è immagine di bellezza, armonia, fecondità, gioia. Eppure l’uomo e la donna riescono a rendere questo giardino un deserto: luogo di aridità, di lotta, di disarmonia, di paura.

E questo racconto non è una fiaba; piuttosto cronaca quotidiana che si ripete oggi. Il nostro mondo doveva e poteva essere questo giardino ma di fatto lo stiamo sempre più riducendo a deserto. Degrado, paura, violenza e guerra, inquinamento, disprezzo della vita… Che strano: più pensiamo di progredire, di conoscere tutto e più stiamo decadendo in un deserto che lentamente ci porta alla morte.

Perché? Quale la causa? Ci risponde Paolo: “a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte”, il deserto. E questo peccato non sta tanto in un’azione cattiva, in un frutto proibito. E’ descritto invece -sempre nella 1 lettura- come un orientamento sbagliato causato dal cedimento alla tentazione. La tentazione del serpente ha un solo scopo: illudere, ingannare; far credere reale ciò che è solo illusorio. “Non morirete affatto, si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio”. Ecco servito l’inganno; ecco l’illusione che prende il posto della realtà. La tentazione è questa, ieri come oggi: si chiama illusione.

Il diavolo è un grande illusionista. Suo compito non è altro che ingannarci; e lo fa giocando con i nostri pensieri, lavorando nella nostra mente e portandoci pian piano a confondere la realtà con l’illusione, fino a farci credere che Dio siamo noi, padroni di tutto e di tutti.

Quando si cede all’illusione è un vero peccato: ingannati ci ritroviamo poi “nudi” come i nostri progenitori, spogliati di ogni dignità. Il giardino inizia a trasformarsi in deserto.

In questo drammatico stato di cose, tuttavia non siamo lasciati soli. Proprio qui si svela tutto l’amore misericordioso di Dio che non abbandona l’uomo e la donna in balia della morte, ma interviene per rivestire di bellezza e di rinnovata dignità la loro vita.

Questo lo compie in Gesù, come ci ricorda Paolo: “per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita”. In Gesù, Dio entra nella nostra storia e incomincia il suo cammino al nostro fianco proprio dal deserto. Così i vangeli descrivono l’inizio della sua missione.  Condivide questo nostro deserto, fatto di fatiche, prove e tentazioni. Non sfugge da tutto ciò, ma affronta la prova, la tentazione, quella di sempre: l’illusione che inganna. L’illusione dell’avere, dell’apparire, del potere: questo vogliono significare le tre tentazioni. Il diavolo ci prova con l’inganno. Ma Gesù resiste: non permette che i suoi pensieri si allontanino dalla Parola vera e reale, la Parola di Dio. Ne esce vincente.

Ma non basta. Ora tutta la sua vita sarà una continua sfida e lotta, fatta di scelte che si oppongano chiaramente a ciò che è illusorio per affermare la realtà, quell’unica realtà che è Dio stesso. Questa fedeltà alla realtà di Dio porterà Gesù alla croce, al dono della vita. Tuttavia, proprio perché non ha ceduto alla tentazione e si è aggrappato al Padre della vita, nemmeno la morte potrà vincerlo. La sua Pasqua di risurrezione sta così davanti a noi come speranza, come meta. E la Pasqua avviene in un giardino, riporta il giardino dentro il deserto.

Con Gesù possiamo anche tutti noi passare dal deserto al giardino. Con Lui ogni deserto diventa anche luogo di nuovi inizi, di incontro del Dio che cammina con noi.

Ecco la Quaresima: un cammino per lasciarci risvegliare dalla Parola di Dio e trovare in essa l’arma vincente contro quella tentazione che non manca per nessuno. Perché l'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Così saremo capaci di uscire da ogni deserto - personale e sociale -  e tornare a fare della nostra vita e della nostra storia un giardino, un luogo di bellezza e di verità, di armonia e di gioia, di pace e di giustizia,  proprio perché vissuta in Dio e con Dio, unica realtà che conta, unica sorgente di vita vera.

domenica 19 febbraio 2023

"Il coraggio della Pace" - Settima domenica del tempo ordinario

 

Messaggio chiaro, forte, a tutti comprensibile, attuale e provocante.

Le parole di Gesù sono stimolo a un cammino che deve portarci a saper sprigionare le migliori energie che ci sono in noi e a svelare la nostra identità di figli “amate… affinché siate figli del Padre vostro celeste”.

“Ma io vi dico”: “Non opporti al malvagio… Amate i vostri nemici”. Non replicare al male col male; spezza la catena perversa con il coraggio del bene: questo sta a dire il “porgi l’altra guancia”. Non significa passare per stupidi.

“Quello che Gesù propone non è la sottomissione dei paurosi, ma una presa di posizione coraggiosa: “tu porgi”, fai tu il primo passo, tocca a te ricominciare la relazione, rammendando tenacemente il tessuto dei legami continuamente lacerato. Sono i gesti di Gesù che spiegano le sue parole: quando riceve uno schiaffo nella notte della prigionia, Gesù non risponde porgendo l’altra guancia, ma chiede ragione alla guardia: se ho parlato male dimostramelo. Lo vediamo indignarsi, e quante volte, per un’ingiustizia, per un bambino scacciato, per il tempio fatto mercato, per le maschere e il cuore di pietra dei pii e dei devoti. Non ci chiede di essere lo zerbino della storia, ma di inventarsi qualcosa - un gesto, una parola - che possa disarmare e disarmarci. Di scegliere, liberamente, di non far proliferare il male, attraverso il perdono” (E.Ronchi).

Ci invita dunque a non opporre alla violenza che viene addosso altra violenza, altrimenti questa cresce. Osa essere diverso: ecco cosa ci chiede Gesù; non chiudere i ponti con gli altri, impara a vedere il positivo che c’è in tutti, a vedere l’altro con lo sguardo stesso di Dio: più che prossimo, figlio suo.

Gesù intende eliminare il concetto stesso di nemico. «Amatevi, altrimenti vi distruggerete. È tutto qui il Vangelo» (D.M. Turoldo). Violenza produce violenza, in una catena infinita. Io scelgo di spezzarla. Di non replicare su altri ciò che ho subito, di non far proliferare il male.

E’ la strada per tendere a una ricchezza di umanità che possiamo e dobbiamo recuperare.

In un mondo dove le relazioni quotidiane, sia sociali che personali, sono segnate sempre più da forme di violenza assurda; una violenza che penetra come virus dentro le famiglie, nelle relazioni più intime e profonde e genera divisione, morte, apre catene infinite di ricatti, di vendette, di ritorsioni. Dove guerre folli seminano un crescendo di morte e di ritorsioni, di distruzioni e di vendette.

Qui dunque dentro questa concreta storia siamo chiamati a un sussulto di umanità, e come cristiani al coraggio di essere differenti (“siate santi, siate perfetti come il Padre”) cioè alternativi, di essere veramente (e non solo per modo di dire) figli di Dio. E si è figli solo se si assomiglia al Padre nel comportamento, se siamo anche noi come Lui è “buono e grande nell’amore”. Coraggiosi nel lottare contro il male non con altro male ma con scelte che lo ostacolino, con scelte di pace, di riconciliazione, di dialogo. E con la consapevolezza che l’altro, anche il nemico, può cambiare perché anche lui come noi è abitato dallo Spirito, è figlio di Dio: “Non sapete che lo spirito di Dio abita in voi?” ci ha detto Paolo. E per lo Spirito tutto è possibile. Lui ha la forza di cambiare i cuori. Per questo occorre pregare, lavorare e cercare a tutti i costi strade alternative alla guerra, al male, alla morte e alla distruzione.

Dallo Spirito e dalla Parola ascoltata venga il coraggio di testimoniare la novità del Vangelo con gesti e scelte concrete e alternative alla mentalità dominante, iniziando dal piccolo delle nostre case e delle nostre comunità.

sabato 11 febbraio 2023

"Scegli" - Sesta domenica del tempo ordinario

 

“Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male”: così ci dice il libro del Siracide. Davanti ai nostri occhi vediamo ogni giorno vita e morte, bene e male. Sofferenze, disastri, guerre e terremoti; ma anche solidarietà, attenzione agli altri, condivisione, ricerca della pace.

Il rischio è quello di fermarci a vedere: vedere il bene e il male, la vita e la morte; vedere ma restare indifferenti, non scegliere.

Oggi la Parola vuole essere per ciascuno di noi forte invito al coraggio di fare le proprie scelte. “A ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà” continua la prima lettura. Ci sarà dato secondo le nostre scelte. Non è Dio a dare o togliere, punire o premiare, siamo noi con le nostre scelte che possiamo generare vita e bene oppure causare morte e male. Dio, in Gesù, come padre, ci educa, ci guida affinché impariamo a scegliere bene.

“Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” alla Legge. Sono le parole di Gesù che si declinano subito in una serie di “Ma io vi dico” che suonano non come nuove indicazioni o regole, bensì come un portare a compimento, a pienezza ciò “che fu detto agli antichi”.

In questi “Ma io vi dico” c’è un di più. Gesù ci porta oltre alla semplice osservanza morale ed esteriore. Ci porta alla radice, al cuore delle nostre scelte, dei nostri atteggiamenti mettendo in luce ciò che può rendere ogni gesto e azione sorgente di bene e di vita. E non come sterile comando bensì come libera adesione del cuore, come interiore impulso verso un cammino di autentica realizzazione personale e sociale alla luce di ciò che a tutto dà compimento: l’amore.

In ciascuna esemplificazione che Gesù annuncia viene messo in evidenza un tema comune: il rispetto, l’attenzione alla persona, all’altro. L’altro è prima di tutto un “fratello” una “sorella” da amare e non un oggetto, una cosa, un antagonista da usare. “Chiunque si adira con il proprio fratello… prima va a riconciliarti con il tuo fratello”. “Chiunque guarda una donna per desiderarla…”: commettiamo adulterio ogni volta che tradiamo la fiducia di qualcuno e usiamo gli altri come strumenti della nostra soddisfazione personale. Quando ci serviamo degli altri, siamo adulteri! Siamo adulteri quando desideriamo usare l’altra persona per il nostro interesse.

La persona al centro. La persona come un tu da accogliere e amare e non come oggetto da usare e sfruttare.

Arrivare a questa attenzione e capacità chiede certo un lavoro perseverante su noi stessi, sui nostri desideri, sulle nostre azioni. A questo Gesù ci invita con il linguaggio forte del “tagliare”. Mano e occhio indicano appunto azioni e sguardi, pensieri. Così pure il nostro parlare, il linguaggio spesso causa di falsità e di maldicenza. “Sia il vostro parlare sì, sì, no, no, il di più viene dal maligno”. Mano, occhio, lingua sono da curare, custodire perché si dirigano sempre al bene, alla vita e non al male e alla morte prevaricando sull’altro.

Occorre lavorare su noi stessi, sulla nostra responsabilità perché ogni nostra scelta sia costruttiva e non distruttiva.

Guidati da Gesù al cuore della legge che trova nel primato della persona, nell’amore e nella interiore responsabilità personale il suo nucleo, chiediamo a Lui che ci renda pronti e disponibili ad osservare la sua Parola nella certezza che “chi la osserverà e la insegnerà sarà considerato grande nel regno dei cieli”. Più ancora: con la certezza che vivendo secondo la sua Parola il regno dei cieli inizia già oggi a prendere forma nella nostra vita e nella nostra società. A questo siamo chiamati oggi, vincendo ogni indifferenza e operando con le nostre scelte per un futuro di pace, di solidarietà, di fratellanza.