venerdì 13 aprile 2018

Terza domenica del Tempo pasquale.


Gesù è risorto! Bello, ma come sperimentare la sua presenza viva, reale oggi?  Dal come si è manifestato ai suoi discepoli possiamo scoprire come si manifesta oggi a noi. Questo ci dice la pagina del vangelo. Sicuramente rimane deluso chi si aspetta spettacolari apparizioni, segni sconvolgenti, prodigi o chissà cosa…
Sono ben altri gli “indicatori di presenza” del Risorto dentro la nostra storia di oggi. Essi ricalcano lo stile con il quale Gesù, ha vissuto, ha parlato della presenza di Dio, del suo Regno in mezzo a noi.
Si tratta di segni umili, poveri, apparentemente scontati da sembrare inadeguati. Ma questa è la scelta di Dio, la strada che Lui percorre per entrare in comunione, per stare accanto a tutti noi.
Dal brano di vangelo odierno possiamo scoprire tre “indicatori di presenza”. Emergono uno dopo l’altro in un crescendo che porta al vertice di questo suo manifestarsi a noi. Scopriamoli insieme.
Il primo di questi segni sono le ferite; quelle ferite della croce che permangono nel corpo risorto. “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate…”. Siamo invitati a riconoscere che il Risorto è lo stesso che fu crocifisso e a riconoscere dunque nelle ferite che segnano il corpo di ogni fratello e sorella che accostiamo, le Sue ferite, la Sua presenza. Più ancora: invitati a “guardare e toccare”. Noi che oggi con troppa disinvoltura giriamo lo sguardo per non guardare chi soffre, chi fa fatica; per non voler vedere le piaghe e le ferite che segnano il corpo e lo spirito di tanti, siamo chiamati con forza a guardare e toccare. “Guardate e toccate…sono proprio io”. I  poveri, i deboli non sono fantasmi di cui aver paura o da cui fuggire, sono il corpo ferito del Signore che chiede e attende di essere toccato per risorgere. Guardare e toccare sono i verbi della risurrezione. Toccare: ciò prendersi cura; non solo limitarsi a vedere, ma muoverci a soccorrere imparando a riconoscere (e questo è decisamente sconvolgente) che proprio qui Lui, Dio, è presente, Lui vivente e risorto, perché ogni uomo e donna possa, pur in mezzo alle sue ferite risorgere e vivere. Dio prende e porta per sempre le nostre ferite per guarirle nel Suo amore. “E’ lui la vittima di espiazione per i nostri peccati” dice Giovanni nella seconda lettura.
Il secondo “indicatore di presenza” è la semplicità del quotidiano. A noi sempre a caccia di qualcosa di nuovo, di diverso, di straordinario, Gesù ci ricorda che lui invece ama la semplicità delle cose di tutti i giorni. Quale questo segno? Un pesce. Dice il vangelo: “Poiché per la gioia non credevano ancora… disse: ‘Avete qui qualche cosa da mangiare?’ Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro”.
Un po’ di pesce per dire la sua vera presenza tra noi. Gesù è vivo, Gesù mangia, e il pesce arrostito diventa segno concreto del suo essere lì presente. Una Presenza che continua a manifestarsi nelle semplici cose della vita di ogni giorno: un pesce, del pane e del vino, il mangiare insieme... Non andiamo a indagare chissà dove, non perdiamoci alla ricerca di enigmi incomprensibili. Impariamo piuttosto a riscoprire e a rivalorizzare la semplicità delle cose quotidiane come luogo e segno della presenza di Colui che è il Dio della vita.  
Infine vertice di questi segnali indicatori di presenza, ecco il segno della Parola, le Scritture: “’Sono queste le parole che io vi dissi…’. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture”. Quelle Scritture che da sempre parlano di Lui: “Così sta scritto… bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me…”. La Parola di Dio diventa così il vertice della manifestazione del Risorto tra noi. Vertice perché è Parola capace di dare luce anche alle situazioni umanamente fallimentari, alle ferite e alle piaghe che hanno segnato il Cristo e segnano tutti noi. Perché dona significato e valore alle piccole cose del quotidiano, aiutandoci a leggere in esso le orme del Creatore, del Vivente. Parola viva di un Dio vivo che continua a camminare al nostro fianco.
Solo “aprendo la mente” ad essa si aprono anche gli occhi e il cuore e la fede si fa possibile. Un’espressione significativa questa usata da Luca: “Aprì loro la mente” che sarebbe da tradurre “Guarì loro la mente” per renderla capace di comprendere la Parola vera. Quanto abbiamo bisogno di guarire le nostre menti, malate di falsità, di inganno, di vanità e sciocchezze, per arrivare a comprendere, per arrivare finalmente a credere che quel Gesù crocifisso è il Gesù risorto. Che questo Gesù risorto non è un fantasma, ma l’uomo pienamente riuscito, l’uomo nuovo nel quale anche noi possiamo, dobbiamo, diventare nuove creature.
Ecco i segni; ecco come si manifesta Gesù ancora oggi. Non si tratta certo di un fantasma; in Lui c’è tutto l’uomo e tutto Dio. L’abbraccio, che non potrà più essere ormai sciolto, tra l’uomo e Dio. In quell’abbraccio ci siamo anche tutti noi chiamati a riconoscerlo e a credere in Lui. E “di questo voi siete testimoni”. Di questa presenza dobbiamo dare testimonianza. Del suo amore che si riversa in ogni creatura, del suo perdono che guarisce ogni ferita, della Sua Parola che continua ad illuminare i nostri passi, le nostre scelte e ad aprirci mente, occhi e cuore a quella speranza che ormai abita dentro questa nostra umanità da Lui amata e salvata per sempre.

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