sabato 7 aprile 2018

Seconda domenica di Pasqua.


Il tempo della Pasqua, che ci porta alla Pentecoste, è il tempo nel quale la comunità dei discepoli viene educata alla fede, alla capacità di riconoscere Gesù il vivente e di crescere nel suo amore.
Così la Parola che ascoltiamo diventa guida a una fede sempre più profonda e vera.
Il vangelo oggi ci presenta questa prima comunità di discepoli bisognosa di crescere nella fede. Non c’è solo il ‘miscredente’ Tommaso che diventa poi credente, ma c’è tutto il gruppo dei discepoli che è chiuso nella paura e dunque manifesta la fragilità nel credere al Signore risorto.
Tutto ciò non può che interessare anche noi discepoli di Gesù oggi;  innanzitutto ricordandoci che la fede è un cammino in costante evoluzione: essa non è mai un dato di fatto acquisito una volta per sempre.
Questo cammino poi non è ricerca di prove e di sicurezze, come a volte pensiamo e come Tommaso e i suoi desideravano.
Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”: l’annuncio di Gesù evidenzia che la fede va oltre il vedere e il toccare.
Il cammino di fede infatti porta a un passaggio che Gesù fa sperimentare a quel piccolo gruppo di suoi amici.
E’ il passaggio dal non poterlo vedere alla bellezza del vivere con Lui e come Lui.
Gesù vuol far loro comprendere che se non lo vedranno più non è perché è lontano, anzi: è tanto vicino da essere in loro, immerso nella loro e nostra vita.
A questa consapevolezza porta il cammino di fede.
Essa si acquisisce più che con riflessioni e ragionamenti, con la dilatazione del cuore e della mente che si aprono, pian piano, ai segni della misericordia, dell’amore che Gesù ci ha lasciati.
Il tempo pasquale deve aiutarci, come singoli e come comunità, a riconoscere questi segni della Sua presenza.
“Gesù fece molti altri segni… questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Così si chiude il brano di oggi e lo stesso vangelo di Giovanni.
Tutti questi segni, descritti e annunciati, che ci danno vita nel suo nome riportano al “segno” che tutto riassume: la croce.
Gesù è il crocifisso risorto. Nella croce già si manifestano quei segni che Giovanni richiama nella seconda lettura: acqua, sangue e Spirito. Sono i segni che ci parlano di Gesù che con la sua croce-risurrezione “vince il mondo”.
“E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?”. Questi sono i segni che siamo chiamati ad accogliere, nei quali riconoscere oggi la sua presenza e così crescere nella fede in Lui.
Sono i doni della Pasqua maturati dall’albero della croce e che Gesù offre alla sua comunità: lo Spirito, la pace, il perdono.
Doni che scaturiscono dalle sue piaghe dove tutti noi siamo chiamati a guardare e a toccare riconoscendo lì i segni dell’amore misericordioso di un Dio che ha dato se stesso per noi, fino al punto di proclamare stupiti, come Tommaso, “Mio Signore e mio Dio”.
Imparare a riconosce questi segni fa crescere la nostra fede fino a sentirlo vicino, immerso nella nostra vita pur non vedendolo.
Imparare a riconosce questi segni ci fa diventare la Sua comunità, il popolo nuovo, “la moltitudine di coloro che erano diventati credenti”, capaci di “avere un cuore solo e un’anima sola”, di vivere nella comunione e condivisione, di esercitare il perdono reciproco, di crescere in quell’amore che Gesù ci ha donato e che lo Spirito costantemente tiene acceso in noi e tra noi.
Così allora la fede diventa vita, diventa annuncio e testimonianza; così veniamo resi capaci di attuare l’invito di Gesù: “Come il Padre ha mandato me così io mando voi”. Testimoni della sua Presenza, della bellezza del vivere con Lui e come Lui.
Seminatori, dentro le ferite di questa nostra umanità, di quella misericordia che tutto risana e apre a vita nuova, a nuove possibilità, a rinnovata speranza.

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