sabato 3 febbraio 2024

"La forza della vita ci sorprende" - Quinta domenica del tempo ordinario

 

Gesù si immerge totalmente nella vita degli uomini: è nella sinagoga, va nella casa di Pietro, sta presso la porta della città, va in ogni luogo, ovunque c’è vita.

Questa sua immersione ha un unico scopo: annunciare che Dio, il Padre, ama la vita, ogni vita, ed è qui accanto all’uomo che vive con tutte le sue fatiche.

Certo, perché la vita, come già urlava Giobbe (prima lettura), è fatica, prova, precarietà. Lo sperimentiamo ogni giorno. La fatica di vivere è evidente attorno a noi: nei giovani disorientati, negli anziani provati dalla solitudine, nelle famiglie segnate da divisioni e liti, nei malati senza speranza, in coloro che sono provati da difficoltà economiche e dalla mancanza di lavoro. E poi quelli che non hanno cibo, non hanno patria, non hanno nulla, vivono esposti a violenze e guerre assurde.

La Parola oggi ci parla di un Dio che in Gesù si immerge in questa vita. Per amarla. Per sostenerla. Perché abbiamo a comprenderne tutta la sua dignità.

E’ un Gesù che tocca, parla, prende le mani. Non fa discorsi; non dice: ‘poverino sopporta, rassegnati, offri la tua sofferenza’. No: parla con i gesti. Con i gesti accompagna l’annuncio che è possibile vivere una vita buona, dignitosa, trovare vita in pienezza.

Non cerchiamo di fronte al dolore risposte che non ci sono, ma cerchiamo i gesti di Gesù. Lui ascolta, si avvicina, si accosta, e prende per mano. Mano nella mano: così davanti alla suocera di Pietro. E la rialza. È quello che fa il Cristo: per tutta la giornata a Cafarnao, immerso nella vita, combatte la sofferenza e il male e ci aiuta a riconoscere che ogni vita, anche quella sofferente, piccola, indifesa, è preziosa davanti a Dio. Ogni vita ha bisogno di una mano che accompagni, risollevi, accarezzi, aiuti. Perché la vita è sacra, sempre. Dal suo concepimento al suo naturale fine. Lo sappiamo bene e la scienza lo conferma: già l’embrione umano è vita. Volerlo eliminare con l’aborto in nome di una libertà malintesa è omicidio. Questa è la base di partenza se si vuole la pace: riconoscere il valore della vita sempre. Altrimenti si arriverà a giustificare ogni aggressione, uccisione e violenza. Della vita “non ne siamo padroni né possiamo mai diventarlo; non è ragionevole e non è giusto, in nessuna occasione e con nessuna motivazione” – scrivono i nostri Vescovi per questa giornata per la vita che oggi celebriamo.

Gesù poi trova anche il tempo per un’altra immersione. Marco ci dice che “si ritirò in un luogo deserto e la pregava”. E’ l’immersione nella preghiera, nella relazione d’amore col Padre. Senza questa relazione d’amore con Dio non può esserci vera relazione d’amore con i fratelli. Senza l’immersione nella vita di Dio non può esserci autentica immersione nella vita dell’umanità. Se non circola amore nelle nostre vene, possiamo si sopravvivere, ma non vivere in pienezza.  Senza guardare il volto del Padre, saremo incapaci di riconoscere il valore della vita – nostra e di ogni creatura che ci circonda -, di vedere in ogni volto il Suo, la Sua Presenza di Vita. L’amore per la vita matura nella relazione d’amore con Dio, sorgente della vita stessa. E da Lui ci viene la forza, la capacità di affrontare con coraggio la vita anche nei momenti più difficili. Ecco dove Gesù attinge la sua forza, la pazienza, la dedizione, la capacità di spendersi, di servire.

“Guai a me se non annuncio il Vangelo!” esclama Paolo (2 lettura). Guai se non trasmetto, con le parole e i gesti, quella bella notizia che la vita è il dono più grande, perché essa è la vita stessa di Dio ed è da Lui amata, sostenuta, accolta e destinata a trovare, grazie a Lui, la sua pienezza e bellezza definitiva.

Il Vangelo oggi ci invita ad accompagnarci, gli uni gli altri, a guarirci dalle nostre ferite, a darci la mano e ad alzarci in piedi per servire ogni fratello e sorella che condivide accanto a noi il cammino della vita. Papa Francesco ricorda che «il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili» (Discorso all’associazione Scienza & Vita, 30 maggio 2015).

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