sabato 2 dicembre 2023

Prima domenica di AVVENTO

 

“L’essenziale è invisibile agli occhi” ricorda “Il piccolo principe”.

Frase che piace spesso citare ma che dimentichiamo in fretta al punto che l’essenziale diventa solo ciò che vedi, tocchi, possiedi.

L’avvento che oggi inizia è invito ad aprire gli occhi su quell’essenziale che non si vede. La realtà infatti non è solo quella che vedi, ma il segreto della nostra vita è oltre noi.

C’è qualcosa o Qualcuno che fa fiorire vita ovunque, nonostante noi facciamo di tutto per non voler vedere, se non addirittura per seminare morte e male invece che vita e bene.

C’è Qualcuno che plasma il mondo, il creato e ciascuno di noi; “noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tu che sei nostro padre, tutti noi siamo opera delle tue mani”.

Qualcuno che non è rimasto poi così invisibile, ma ha scelto di far splendere su di noi il suo volto.

Davanti al grido di una umanità bisognosa e spaesata non ha esitato a entrare nella nostra storia, ad amarla, a donarci sé stesso nel figlio amato e in Lui ad “arricchirci di tutti i doni”.

“Se tu squarciassi i cieli e scendessi”: l’invocazione che risuonava in mezzo al popolo disperso di Israele, continua a risuonare oggi sulla bocca di tanti, sulle labbra soprattutto di piccoli, poveri, perseguitati e oppressi, delusi e smarriti.

Avvento è ridare voce a questo grido, è ridare attenzione a questa venuta di un invisibile che si fa visibile, di un Dio che non si stanca mai di amarci e di venire incontro a tutti noi, pur in modi ben diversi da come noi a volte immaginiamo.

Ecco perché questo tempo di attesa porta con sé - oltre la speranza di poter vedere la vita rifiorire, la pace radicarsi tra i popoli e dentro le nostre relazioni quotidiane - l’urgenza di fare attenzione e vegliare.

Sono questi infatti i due atteggiamenti che Gesù, nel vangelo, chiede ai suoi amici con insistenza. “Fate attenzione, vegliate”.

Solo così l’essenziale invisibile può essere riconosciuto e accolto.

“Fate attenzione”. Il motivo è detto nella breve parabola: “E’ come un uomo che è partito dopo aver lasciatola propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito”.

Di fatto è così: Dio, il padre che ci plasma come opera delle sue mani, ha lasciato a noi questa casa che è il mondo e ci ha dato il potere. Quale potere? Quello di custodire questa casa ognuno secondo il suo compito, secondo i doni ricevuti: il potere di fare il bene, di sanare e guarire ferite, di portare pace e riconciliazione, di far rifiorire la vita, di custodire il creato. “Fate attenzione” allora significa riconoscere quanto ci è stato dato, vivere con responsabilità, con attenzione: attenti alla Parola del Signore che ci guida, attenti agli altri, ai piccoli e ai poveri, attenti al mondo e al creato. Attenti cioè responsabili per aiutarci insieme a far fiorire i doni che Lui ha posto nelle nostre mani.

“Vegliate” poi. E’ la capacità di scrutare, di guardare avanti, oltre il visibile, per cogliere l’essenziale che si manifesta. Per cogliere la Presenza di Colui che per amore è venuto tra gli uomini, i segni di speranza e di novità che la Sua presenza fa germogliare.

E poiché “non si vede bene che col cuore”, vegliare è tenere sveglio il cuore per accogliere la sua venuta. Chi veglia lo sa riconoscere nella sua prima venuta come pure lo riconoscerà nell’ultima. Ma soprattutto è capace di riconoscerlo in ogni tempo e momento, nell’oggi di ogni giorno.

Il rischio è quello, come dice il vangelo, che viviamo da “addormentati”. Interessante il 57° Rapporto del Censis pubblicato in questi giorni. L’immagine scelta quest’anno per rappresentare il nostro Paese, è quella dei sonnambuli, «persone apparentemente vigili incapaci di vedere i cambiamenti sociali, insipienti di fronte ai cupi presagi» e senza quel necessario «calcolo raziocinante» necessario per affrontare le complessità del periodo che stiamo vivendo.

Il tempo dell’avvento ci risvegli dal nostro sonno, sonno delle coscienze, sonno spirituale, e ci ridoni occhi e cuore capaci di vedere l’invisibile, di guardare oltre per riconoscere quel Dio che entra nella nostra carne e nella nostra storia per rigenerarla e aprirla a nuovi orizzonti di luce e di speranza.

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