sabato 29 dicembre 2018

La famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.


“Nella santa famiglia ci hai dato un vero modello di vita”: così recita la preghiera iniziale della Messa di oggi. Un modello di vita, non solo nella positività del loro essere famiglia, ma anche, come il vangelo appena ascoltato ci presenta, nelle fatiche, nelle incomprensioni che segnano il vissuto quotidiano di questi genitori e il loro rapporto con il figlio.
Un figlio che giunto ai “dodici anni compie scelte imprevedibili. L’episodio che abbiamo letto evidenzia l’incomprensione, lo sbigottimento e lo stupore, per scelte diverse da quelle che, loro genitori, probabilmente avevano pensato per lui.
E’ proprio vero il detto che ‘i figli non sono nostri’: essi appartengono a Dio. La prima lettura manifesta in modo limpido questa consapevolezza nella figura di Anna che ‘ridona’ a Dio il figlio Samuele: “Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia… Anch’io lascio che il Signore lo richieda”.
Tornando al Vangelo dove vediamo questa famiglia santa eppure in crisi, angosciata e provata da tensioni e conflitti a causa del figlio “smarrito”, che ha preso strade diverse e impensate, possiamo cogliere in positivo un modo concreto da assumere come modello per affrontare le crisi interne alla vita di famiglia; crisi che non mancano in nessuna casa e che oggi sembrano farsi sempre più frequenti e pesanti.
Riprendiamo con attenzione il brano di vangelo.
Dopo aver sottolineato la parte negativa, di fatica e difficoltà, che appare ben evidente, mettiamo in luce la parte positiva: come viene gestito questo conflitto, questo momento di prova? Ci sono offerte indicazioni preziose.
Innanzitutto Maria e Giuseppe affrontano questa situazione insieme. Questa parola la troviamo sottintesa nel loro modo di agire: “si misero a cercarlo… tornarono in cerca di lui”… insieme. Ecco la prima preziosa indicazione: imparare ad affrontare insieme le situazioni avverse. Non delegare all’uno o all’altro. Ma insieme collaborare per affrontare ogni situazione che la vita di famiglia ci chiama ad affrontare.
Un altro elemento importante che ci viene suggerito è quello del dialogo. “Figlio perché ci hai fatto questo? Tuo padre e io ti cercavamo”. Ed egli rispose loro: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
Genitori e figlio in dialogo per capirsi. E la difficoltà a capirsi  non deve far venir meno il dialogo: esso deve esserci comunque e nonostante tutto. E’ pur vero che a volte il dialogo sembra non portare sufficiente chiarezza e reciproca comprensione. Così avviene anche tra Gesù e i suoi “essi non compresero ciò che aveva detto loro”. E’ qui che devono subentrare due atteggiamenti importanti.
Il primo lo vediamo in Maria: “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”; questa mamma non ha capito il figlio, tuttavia medita, conserva nel cuore e cerca di comprendere più in profondità quanto stava succedendo, per riuscire a trovare un senso a tutto ciò.
Il secondo atteggiamento ci è proposto invece proprio dal ragazzo Gesù: pur rivendicando la sua autonomia (“io devo occuparmi delle cose del Padre mio”) resta “con loro e venne a Nazaret e stavo loro sottomesso”. Gesù si sottomette a coloro che non lo capiscono. Sceglie di crescere come tutti noi nella fatica del dialogo, attraverso incomprensioni, attraverso ubbidienze reciproche.
Gesù cresce e matura dentro una famiglia santa e imperfetta, limitata; eppure cresce e la sua fatica a crescere è segno di consolazione e speranza anche per tutte le nostre famiglie che,  pur in mezzo a limiti e crisi, non si stancano di educare e di seminare.
“Gesù cresceva in sapienza, età e grazia” conclude il testo evangelico. Espressioni che indicano una crescita in pienezza sotto ogni profilo: fisico, psicologico e spirituale. A questa pienezza di vita dobbiamo anche noi tendere dentro le nostre famiglie . A partire dalla consapevolezza – come ci ricorda la seconda lettura – del nostro essere figli amati di Dio e che solo da Lui ci è data la capacità di costruire in pienezza la nostra esistenza. Si tratta di “aver fiducia in Lui e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da Lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo ciò che gli è gradito”.
In questo sentirci uniti dall’unico amore del Padre nasce la forza di fare della famiglia il luogo del servizio alla vita e allo sviluppo integrale della persona chiamata ad essere “figlio di Dio” e operatore di pace e di misericordia.

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