sabato 17 marzo 2018

Quinta domenica di Quaresima


“Vogliamo vedere Gesù”: la domanda posta dai greci ai discepoli è anche la nostra domanda. Vedere Gesù: non tanto fisicamente, quanto approfondire la sua conoscenza, entrare in una relazione più profonda con Lui.
La domanda arriva a Gesù attraverso i suoi discepoli e risponde indicando un’ora e una modalità nelle quali Lui si farà vedere, conoscere.
“E’ venuta l’ora” dice, e quest’ora è quella della croce, del dono della vita: “per questo sono giunto a quest’ora”.
La modalità è “che il Figlio dell’uomo sia glorificato”; è la gloria cioè il far risplendere, proprio lì, in quell’ora, l’amore del Padre. “Padre glorifica il tuo nome”.
Nella croce dunque si manifesta la gloria di Dio, in Gesù crocifisso si fa vedere il volto di amore del Padre.
E’ il seme che “caduto in terra muore e produce molto frutto”. Infatti “chi ama la propria vita la perde e chi odia (dona) la propria vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna”.
La croce è l’ora in cui la vita donata per amore (apparentemente persa) si manifesta come gloria, amore che salva.
Come ricorda la lettera agli Ebrei (2 lettura) “per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito”, per aver riposto la sua vita nelle mani del Padre quale dono d’amore, questa vita viene a portare frutto per tutti noi.
E’ lì allora, dalla croce, che si apre la strada e viene data a tutti una indicazione: “quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”.
Guardando lì, attratti da quel dono di amore, veniamo resi consapevoli che non c’è altra via anche per noi, per realizzare la nostra vita, se non quella di fare della vita un dono d’amore.
“Se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io (croce e gloria) là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me il Padre lo onorerà”. Così saremo là dove è lui, cioè in quella nuova alleanza già annunciata dal profeta Geremia (1 lettura), in quella comunione con Padre per un vita senza fine.
Per “vedere Gesù” guardiamo dunque alla croce, contempliamo quell’uomo che “divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”, che ascoltano la sua voce e lo seguono sulla via dell’amore-dono.
Che il Signore poi ci aiuti “perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità che spinse Gesù a dare la vita per noi”.
Camminando con lui su questa strada, la strada del seme che accetta di farsi dono nella morte per generare vita, la strada del dono d’amore, diventeremo discepoli capaci di portare a Gesù. Anche oggi infatti tanti rinnovano la domanda: “Vogliamo vedere Gesù”. E noi cristiani, noi chiesa, quale risposta offriamo a questa domanda, a questo desiderio profondo del cuore di tanti?
Chi facciamo vedere con la nostra vita, a chi rimanda la vita delle nostre comunità? A Gesù o a noi stessi?
Perché Gesù possa “attirare tutti a sé” occorrono oggi uomini e donne che, seguendolo e vivendo come lui ha vissuto, aprano squarci di luce, facciano intuire che il segreto della vita è quello del seme che muore per generare vita nuova.
Dentro una storia dove si è tutti trascinati da una logica di autodifesa e di chiusura su se stessi con la paura di perdere la propria vita, cercando di conservarla e difenderla, noi che, come suoi discepoli, abbiamo deciso con libertà e gioia di seguirlo, abbiamo il compito-dovere di testimoniare il vangelo di Gesù che parla di vita che si apre al dono al fine di produrre molto frutto.
Questo perché altri, attraverso le nostre scelte, il nostro stile di vita possano “vedere Gesù”, intuire quella strada che porta, attraverso una vita donata per amore, attraverso la croce, alla pienezza della vita stessa.

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