sabato 10 marzo 2018

Quarta domenica di Quaresima



C’è, nelle letture di oggi, un messaggio che ci deve far sussultare di gioia. C’è l’annuncio di un amore fedele e ostinato che va oltre tutte le nostre infedeltà. Questo amore è l’amore di Dio. Anzi è Dio stesso. Quel Dio che si rivela a noi in Gesù: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo”. Un amore che ci svela la sua identità e che caratterizza il suo agire da sempre: “il Signore aveva compassione del suo popolo” ricorda il libro delle Cronache nella prima lettura.
Veramente: “immersi in un mare di amore, non ce ne rendiamo conto”. (Vannucci) Perchè? Forse perché questo annuncio di gioia contrasta fortemente con la realtà nostra. Una realtà segnata da ciò che è opposto all’amore: se l’amore è luce, noi siamo nelle tenebre; se l’amore è verità, noi siamo nella menzogna e nell’illusione. Questa la realtà sociale e personale di cui facciamo esperienza.
Tutti siamo dentro in questo buio, in questa vita piena di assurdità e di male, in questa esistenza segnata da errori, debolezze, paure. Tutti. Lo ricorda bene la prima lettura: “Tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo, moltiplicarono le loro infedeltà”.
Questa situazione fallimentare si pone in pieno contrasto con quell’amore di Dio annunciato. Se Dio è amore, perché tutto ciò? Perché questo amore permette il dilagare del male? Perché?
Sono domande che ci bruciano dentro e mettono in crisi l’annuncio di gioia di un Dio che ci ama.
Tuttavia questo annuncio è vero; si è manifestato e reso concreto nel Figlio di Dio donato a noi e innalzato davanti ai nostri occhi, quale segno di un amore che salva.
 “Dio ha tanto amato il mondo”; lo ha amato da sempre. Lo ama ora, oggi, così com’è. Non lo giudica: “non ha mandato il Figlio per condannare il mondo, ma per salvarlo”.
Lo salva con un amore che si abbassa mettendosi al nostro fianco e dentro la nostra debolezza e fragilità, assumendola in sé e superandola, aprendo ogni nostra situazione di peccato, di male, a possibilità di nuovo inizio.
Così fu per l’antico popolo d’Israele che dall’esilio viene risollevato grazie all’intervento amoroso e imprevedibile di Dio, che attraverso un pagano e straniero, Ciro, opera per riportare il popolo alla libertà. Così Dio continua oggi ad operare in mezzo a noi. Non a colpi di bacchetta magica per annullare i problemi, per cancellare le cose che non vanno, ma a colpi di amore rinnovato, di presenza nascosta e imprevedibile che ci accompagna sempre, quando meno ce lo aspettiamo, per risollevarci a portarci a libertà, a novità di vita. Lui parte da lì, si fa vicino proprio lì dove c’è fallimento, infedeltà, e non per giudicare ma per amare, per riportare alla luce, alla verità.
Qui sta la grandezza e la bellezza del suo amore. Non parole vuote, ma presenza, dono, vita condivisa in Gesù uomo come noi, che assume la nostra non facile esistenza.
Gesù è stato mandato dal Padre perché l’uomo si salvi.
Gesù è “la luce è venuta nel mondo”, essa ci fa conoscere ciò che è vero ci svela la fedeltà di Dio e il Suo amore per noi.
Per noi allora si tratta di scegliere: “gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce”.
Forse è questo che ci manca. Il Coraggio di scegliere. Il coraggio di innalzare lo sguardo verso colui che nel suo amore per noi è stato innalzato sulla croce, ecco allora che “chiunque crede in Lui ha la vita eterna”. Ci manca questo coraggio perché se guardassimo a Lui e ci lasciassimo amare la nostra vita sarebbe rovesciata: come possibile riconoscersi amati e poi non amare? Continuare a odiare, a litigare, a insultare, a mentire…? Forse è questa paura di cambiare rotta, di uscire dal nostro egoismo che ci impedisce di riconoscere fino in fondo l’amore che Dio nutre per noi. Siamo un poco simili a Nicodemo che incontra sì Gesù, ma di notte, di nascosto, pauroso di compromettersi con Lui.
In Lui, Figlio amato, che abbassato fino alla croce è stato innalzato per dare a tutti vita, è la pienezza dell’amore di Dio. Anche noi, se ci lasciamo prendere per mano, possiamo essere risollevati dal male che oscura il cammino e innalzati allo splendore della verità e del bene. Solo lasciandoci prendere per mano e amare da Lui: perché –come ci ha ricordato Paolo– “per grazia siete stati salvati…ciò non viene da voi, ma è dono di Dio”.
Noi infatti non siamo cristiani perché amiamo Dio o facciamo qualcosa per Lui. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama. Tanto da dare suo Figlio. E ci lasciamo amare così da essere in Lui figli amati.
In Lui allora ci impegniamo non per salvare il mondo - l’ha già salvato Lui - ma per amarlo; ci impegniamo non per convertire le persone, ma per amarle. Come ne siamo capaci.
E questo perché così fa Dio verso ciascuno di noi.

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