sabato 5 agosto 2017

Trasfigurazione del Signore



“E’ proprio vero che tutte le cose belle finiscono presto”: quante volte ci è capitato di pensare e dire così, dopo esperienze significative, che hanno lasciato un segno nella nostra vita.
Così deve essere stato anche per Pietro e gli altri due discepoli dopo essere stati con Gesù sul monte Tabor, dopo questa esperienza intensa e unica della trasfigurazione di Gesù.
Un momento breve, eppure forte, che ha lasciato un segno, un ricordo indelebile che rimane e continua ad accompagnare i passi del loro vivere quotidiano con Lui.
Un’esperienza affascinante, una intuizione profonda, una luce venuta a dissipare dubbi e fatiche, incertezze e paure. Non un sogno, ma un’esperienza reale come Pietro stesso attesta: non siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma siamo stati testimoni oculari della sua grandezza.
Cosa hanno sperimentato di così bello i discepoli di Gesù su quel monte? Quello che tutti desideriamo: vedere Dio.
Vedere Dio, vedere il suo volto: questo è il desiderio che abita il cuore dell’uomo, sia che ne siamo consapevoli o meno. E loro lo hanno visto questo volto. Non attraverso visioni grandiose, celestiali, o fenomeni terrificanti, bensì nell’umanità di Gesù: hanno riconosciuto presente Dio nella sua persona, nel suo volto, nella sua vita che avevano iniziato a condividere pur tra dubbi e fatiche.
Hanno intuito che Lui è il nuovo e vero Elia e Mosè, il compimento di ogni scrittura e promessa, Lui è il Figlio amato. Hanno riconosciuto in Lui Dio stesso; un Dio nell’umano, un Dio vicino da accogliere, ascoltare, amare e seguire.
Il Dio cercato e desiderato, finalmente  riconosciuto dietro il velo dell’umano, dentro l’umanità concretissima di Gesù.
Questa l’esperienza vissuta sul monte.
Una radicale novità, una manifestazione breve ma efficace per cogliere dentro l'umanità la presenza della divinità e così guardare con occhi nuovi e affrontare con cuore colmo di speranza il cammino della vita.
E’ l’esperienza che viene proposta oggi anche a noi.
Proprio per ricordarci che la fede non è evasione per sopravvivere, non è estraniarsi dall’umano, dalla vita; perché Dio si è immerso nella condizione umana. Non bisogna dunque uscire da essa per incontrarlo. Dio è, non solo vicino, accanto, ma soprattutto dentro ogni uomo: riconoscerne la presenza, accoglierla, ascoltare la Sua voce allora trasfigura anche noi. Dio è in noi: in noi c’è questa luce, questa Presenza che trasfigura la vita e la orienta verso la pienezza, la bellezza, il compimento. Lui in noi con il Suo Spirito per trasfigurarci a immagine del suo Figlio.
Possiamo così sperimentare che tutto ciò che è umano è abitato dal divino, pure la fatica, il dolore, la croce che Gesù da poco aveva preannunciato ai suoi discepoli; e nel contempo comprendere che il divino va oltre l’umano, non tanto perché lo supera quasi disprezzandolo, quanto perché, assumendolo, lo porta a compimento, lo porta a pienezza di luce.
Scrive Ermes Ronchi, con linguaggio poetico e incisivo: Ogni uomo abita la terra come un'icona di Cristo incompiuta, che viene dipinta progressivamente lungo l'intera esistenza su un fondo d'oro già presente dall'inizio e che è la somiglianza con Dio. Ogni Adamo è una luce custodita in un guscio di fango. Vivere altro non è che la fatica aspra e gioiosa di liberare tutta la luminosità e la bellezza sepolte in noi.
La festa di oggi ci doni la gioia di gustare questa presenza di luce che ci abita; di scoprirla presente anche in ogni uomo e donna che incontriamo. Anche noi come i discepoli non andiamo dietro a favole artificiosamente inventate, ma volgiamo l’attenzione alla Sua voce come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei nostri cuori la stella del mattino.
Nella fatica del quotidiano non perdiamo allora la speranza, ma guidati dalla presenza dello Spirito, aperti all’ascolto del Figlio amato, trasfiguriamo di giorno in giorno la nostra esistenza rendendola sempre più quel capolavoro di bellezza che da sempre Dio ha pensato e voluto.
Solo così la nostra vita può ritrovare un respiro che la rasserena e la pacifica.


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