La parabola che abbiamo ascoltato è di un’attualità impressionante. Ma per ben comprenderla dobbiamo prima liberarci da alcuni equivoci: Gesù non intende parlare di come sarà dopo la morte. Tanto meno vuole consolare quanti sono poveri e disperati, quasi dicendo: abbi pazienza, sopporta che poi sarai premiato! Gesù vuole aprirci gli occhi su ciò che sta avvenendo ora, oggi, nel nostro cuore e nella nostra vita.
Nel racconto ci sono due scene che possiamo evidenziare.
La prima presenta i due personaggi: il ricco avvolto nel suo benessere, il povero avvolto nella sua miseria. Di questi due personaggi possiamo fare anche una lettura ‘al plurale’; si descrive quello che è oggi questo nostro mondo, dove ci sono alcuni (pochi) che vivono nel lusso, e altri (la maggioranza dell’umanità, come già dicevamo domenica scorsa) che vorrebbero anche solo le briciole che cadono dalla tavola.
È interessante poi notare come nella parabola quello che viene rimproverato al ricco – di cui non si dice il nome: nella nostra società sono i poveri a restare senza nome, davanti a Dio è il contrario! – non sia di essere ricco ma di aver pensato solo a sé stesso e di non essersi neanche accorto di colui che stava alla sua porta. Il suo ‘peccato’ non è la ricchezza, ma l’indifferenza, il non fare nulla per l’altro; peggio: il non vedere nemmeno l’altro! Questo è il pericolo che deriva da un uso egoistico dei beni: l’indifferenza, il pensare solo a sé e non vedere le fatiche le sofferenze di chi ci sta attorno.
E’ il peccato che il profeta Amos già a suo tempo denunciava: “Guai agli spensierati di Sion, mangiano, canterellano, bevono, ma della rovina del popolo non si preoccupano”. Sembra una ‘foto’ anche della nostra società occidentale…
Uno sbagliato uso dei beni ci fa indifferenti e spensierati, cioè incapaci di pensare, di riflettere, di renderci conto della realtà concreta; ci fa irresponsabili e di noi stessi e degli altri.
E’ da questo pericolo che Gesù vuole metterci in guardia. Il contrario dell’amore non è l’odio ma l’indifferenza che genera poi violenza e odio. Un pericolo oggi quanto mai attuale, quasi un virus che si diffonde silenziosamente portandoci a forma di chiusura e di esclusione verso gli altri.
Questo atteggiamento rappresenta un campanello di allarme che avvisa del declino morale a cui si va sempre più incontro.
L’immagine dell’abisso che Gesù utilizza nel Vangelo indica bene dove porta questa indifferenza: a scavare già ora abissi tra le persone, tra i popoli; abissi che si perpetueranno anche oltre la morte. Una società che si fa sorda al grido del povero è destinata all’infelicità e alla morte.
C’è poi una seconda scena che la parabola evidenzia. Non è in gioco solo la salvezza del povero Lazzaro ma anche quella del ricco, di noi tutti. Nel dialogo finale del racconto il ricco che sperimenta il suo fallimento chiede di allertare i suoi fratelli. Siamo noi questi suoi fratelli, perché non abbiamo a cadere nella stessa situazione di fallimento. Nella risposta di Abramo è interessante notare come ciò che può dare una scolta alla nostra vita e farci uscire dal virus dell’indifferenza non sta in qualche eclatante prodigio o miracolo, ma nella quotidiana capacità di farci guidare dalla Parola di Dio: “hanno Mosè e i profeti ascoltino loro”. Ascoltare la Parola e metterla in pratica guarisce il cuore dall’indifferenza, apre gli occhi sugli altri, dona luce per compiere scelte feconde di bene, per costruire ponti e non abissi. La Parola ci rende capaci di condurre una vita responsabile, saggia, fraternamente condivisa con gli altri.
E’ la strada che ci viene indicata. Paolo, nella seconda lettura, scrivendo a Timoteo lo esorta con chiarezza a fare scelte secondo il vangelo, da “uomo di Dio”. Tutti noi fin dal battesimo siamo “uomini e donne di Dio”. Guidati ogni giorno dalla sua Parola camminiamo, come Paolo ci ricorda: “evita queste cose e tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza”. Di questo oggi il mondo ha tanto bisogno, per chiudere gli abissi che l’indifferenza sta scavando, per liberare il cuore di ognuno da quelle catene del male che ci soffocano nel nostro egoismo.
Nessun commento:
Posta un commento