sabato 11 maggio 2024

"La speranza non delude" - Solennità dell'ASCENSIONE del Signore Gesù

 

Potrebbe sembrare oggi il giorno dell’addio definitivo. Ma qualcosa è cambiato: la resurrezione ha aperto nuovi orizzonti. Si tratta più di un passaggio di consegne più che un addio. L’Ascensione sta a indicare la continuità della Pasqua, quasi con uno scambio (almeno apparente) di ruoli tra Gesù e i discepoli.  Lui li aveva scelti ora li manda a fare quello che ha fatto Lui. Da loro l'incarico di parlare di lui, di predicarlo a tutti. Proprio a quei discepoli che faticano ancora molto a credere, sono pure impauriti, fragili! Eppure proprio loro invia: “Andate”.

L'Ascensione dice innanzitutto la grande fiducia che Cristo ha anche per noi che oggi siamo la sua Chiesa. Egli affida a noi la sua opera da continuare: «predicare il Vangelo»; ovvero annunciare la buona notizia della vicinanza di Dio nei confronti dell'uomo, di ogni uomo. La buona notizia, che ora spetta a noi, in suo nome e con il sostegno della sua presenza, è dire a tutti quanto più grande del male sia il bene, quanto più forte dell'odio sia il perdono, la vita della morte.

Come? A parole, forse? Non in primo luogo. Nel brano di apertura degli Atti degli Apostoli, prima lettura di questa solennità, si dice: «Gesù fece e insegnò». Prima fece, poi disse. Di nuovo, vale, questo, anche per noi. Prima fare e poi eventualmente dire. E proprio in questi termini Gesù si rivolge ai discepoli af­fidando loro la continuazione della sua opera: non semplicemente dire qualcosa, ma... scacciare demoni, sconfiggere i veleni, guarire la gente. E per riprendere Paolo (2 lettura) attraverso i diversi doni che ciascuno ha ricevuto “edificare un solo corpo”, costruire unità, comunione, nella chiesa, dare testimonianza di fraternità e di pace, diventare testimoni e “cantori” di speranza, come ci invita Papa Francesco in vista del prossimo Giubileo.

Dovremmo allora cominciare a riflettere, innanzitutto, per verificare se non ci capiti invece di fare addirittura il contrario. Ossia: dare spazio ai demoni (il dèmone della prepotenza, dell'invidia, della brama di pos­sedere, della superbia). E ai veleni... I veleni materiali che spargiamo distruggendo i luo­ghi più incantevoli del nostro pianeta. E i veleni immateriali ma non meno dannosi: i veleni della calunnia, con i quali possiamo addirittura distruggere una persona; eppure li spargiamo con grande abbondanza (la giornata odierna delle comunicazioni sociali è un invito a riflettere su come e cosa si comunica attraverso i media e non solo…). Ci sono poi i veleni della cattiveria, dell'esclusione, del pregiudizio verso coloro che non sono uguali a noi: nel colore della pelle, nel modo di vestire, di pensare, di vivere, di credere.

Oggi che le persone sono così spesso ferite, o indebolite da tante sconfitte, o intristite nella solitudine, possiamo dire, noi cristiani, di es­sere gente che guarisce o, almeno, medica queste ferite, sorregge queste debolezze, si accorge di queste solitudini? Di essere portatori di quella speranza che ha le sue fondamenta nel Gesù risorto che ci chiama a condividere la sua vita senza fine?

Cristo si è fidato di noi per portare la bella notizia di un Dio che ci ama, e noi come corrispondiamo?

Festa dell’Ascensione: Gesù oggi trova il modo di andarsene e restare, di sedere alla destra del Padre e rimanere a camminare sulla terra, continuando a portare la sua tenerezza. “Andate voi, ma io sono con voi e non solo nel ricordo o nel racconto di ciò che abbiamo vissuto.” Lo abbiamo letto: “Il Signore operava insieme con loro”. Per questo, nel racconto dell’Ascensione nel Vangelo di Luca viene detto che gli undici “se ne tornarono a Gerusalemme con grande gioia”: lo sanno, lo sentono che Gesù non li lascia più. Mai più.

Cristo oggi come allora agisce con noi, in noi. Da Lui, dalla sua nuova e definitiva presenza viene la capacità di collaborare alla sua missione, di accogliere attuare il compito che ci ha affidato “Andate” e di portare ovunque la speranza che nasce dalla sua Pasqua di morte e risurrezione.

La gente che incontriamo ogni giorno, possa dunque trovare in noi qualcosa (una scintilla, una briciola, almeno) della sua generosità, della sua dolcezza, della sua limpidezza, in una parola, del suo amore.

 

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