sabato 21 novembre 2020

"Un Regno per una storia nuova" - Gesù, re e signore dell'universo.

Inizierei col fare subito chiarezza sui termini: regno di Dio o regno dei cieli. Di che si tratta? Non di un sogno futuro, di un’utopia, bensì della nuova società che Dio vuole realizzare qui su questa terra. Regno ci parla di terra, di una realtà terrena, umana, di una modalità di vivere in società. Cielo ci parla di Dio. Ebbene terra e cielo sono un tutt’uno: è l’annuncio che viene dalla Bibbia. Dio è colui che scende dal cielo e viene sulla terra, viene in mezzo al suo popolo, all’umanità. Questo diventa realtà in Gesù, il Dio fatto uomo, l’uomo-Dio, venuto non solo a rivelarci il volto di Dio ma anche a dare inizio al suo regno, cioè a quel modo nuovo di vivere insieme, di costruire insieme le relazioni, la vita sociale, l’umanità. Gesù annuncia, fin dall’inizio della sua missione che “il regno dei cieli è vicino”, nella parabole ne illustra il dinamismo, le modalità, con la sua vita ne manifesta i contenuti e con la sua morte e risurrezione ci svela che questo regno non avrà fine e si compirà in pienezza oltre questa vita terrena, proprio come ci annuncia Paolo nella 2 lettura: “in Cristo tutti riceveranno la vita”. Per questo lo riconosciamo, e oggi lo celebriamo, quale re dell’universo.

Non solo: Lui il vivente ci fa dono dello Spirito santo che pone come seme, le potenzialità e la capacità di realizzare il regno di Dio, dentro di noi, perché “il regno di Dio è dentro di voi”.

Comprendiamo allora che in questo regno siamo tutti coinvolti e invitati a riconoscerne le caratteristiche di novità e a farlo crescere dentro la storia.

Innanzitutto si tratta di costruire una società che include e non esclude nessuno. Tutti sono chiamati a partecipare al regno di Dio; nessuno deve rimanere escluso. Questo evidenzia il primato della persona. Ogni uomo e donna sono importanti, sono un dono, sono il luogo stesso della presenza di Dio e del suo regno fino al punto che “tutto quello che avete fatto a  uno solo di questi piccoli lo avete fatto a me”.

Allora significa che il regno di Dio porta a relazioni nuove che ci rendono capaci di riconoscerci tutti fratelli, proprio come papa Francesco ci dice nella sua ultima enciclica, tutta da leggere, meditare e vivere. Una fraternità che si pone quale fondamenta per costruire insieme un mondo più giusto, nel rispetto della dignità di ogni persona e nella creazione di condizioni di giustizia, uguaglianza, solidarietà, a partire dagli ultimi, dai piccoli, dagli esclusi.

Di questo regno, di questa nuova società che deve crescere nella storia coinvolgendo l’umanità tutta, la chiesa si pone a servizio. Essa non è il regno di Dio, ma è chiamata a costruirlo insieme a tutti gli uomini di buona volontà, esercitando il suo servizio attraverso un’azione pastorale, fatta cioè di cura, di attenzione, di sostegno, di incitamento e profezia, sulle stile di Dio, pastore del suo popolo, come annuncia la prima lettura: “cercherò… radunerò…. condurrò… farò riposare… fascerò… curerò… pascerò con giustizia…”, verbi che descrivono con efficace chiarezza il modo di essere della chiesa.

Comprendiamo allora come sia importante, in questi tempi, sentirci tutti partecipi nel cammino della comunità cristiana. Oggi in particolare il nostro vescovo ci invita a pregare per il Sinodo in atto nella nostra Diocesi. E questa preghiera deve tradursi in concreta collaborazione e partecipazione al fine di discernere i passi necessari per costruire qui e ora quel regno che chiede il nostro apporto e impegno.

Il tutto con la consapevolezza che questo regno potrà compiersi in pienezza oltre questo pellegrinaggio terreno. Questo è motivo di fiducia e di speranza che sostiene il nostro lavorare al di là dei risultati che ancora non vediamo.

La festa di oggi allora, che fa da passaggio tra un anno liturgico che si chiude e quello nuovo che inizieremo con l’avvento, rinnovi in noi la gioia di sentirci collaboratori del Regno di Dio e la quotidiana capacità di collaborare alla sua edificazione attraverso i piccoli ma concreti gesti dell’amore misericordioso. Sì, perché alla fine fondamento di questa nuova società, di queste nuove relazioni, è l’amore. Come il vangelo oggi proclama: alla fine della nostra vita, saremo giudicati solo sull’amore concreto che abbiamo saputo realizzare, imparando a vedere l’altro, ogni altro senza esclusione, come fratello e sorella, come figlio dell’unico Padre, come presenza di Lui dentro la nostra umanità.

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