sabato 3 ottobre 2020

"Un popolo che ne produca frutti" - Ventisettesima domenica del Tempo ordinario

Canto d’amore e di tradimento. 

Questi i due opposti che risuonano nella Parola ascoltata che ci racconta la storia della vigna. Vigna tanto amata, voluta, custodita e anche tanto tradita, sfruttata, calpestata.

Chi è l’innamorato della vigna risulta ben evidente: il Signore.

Chi sono coloro che tradiscono e deturpano la vigna? Gesù parla ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, ma non dobbiamo fermarci qui: il vangelo risuona per noi oggi e tutti siamo interpellati perché di questa vigna siamo tutti parte.

Il salmo e il profeta nella 1 lettura ci dicono che “la vigna del Signore è la casa di Israele”, è il popolo eletto. Tuttavia con Gesù sappiamo che questa “elezione” si allarga al nuovo popolo di Dio, la chiesa, di cui noi, grazie al battesimo, siamo stati eletti a farne parte. Ma il cerchio si allarga ancora: Gesù va oltre i confini di un popolo e fa intendere di avere a cuore l’umanità intera, la creazione tutta. Vigna del Signore dunque è la chiesa, è l’umanità, è la creazione tutta.

Ci rendiamo conto allora che siamo tutti chiamati a ripensare al nostro stare nella vigna, a discernere se siamo in essa come custodi e coltivatori o come sfruttatori e traditori.

Fermiamo la nostra attenzione su due ambiti. Il nostro essere chiesa e il nostro essere parte del creato. Oggi viviamo l’inizio del mese missionario e la giornata per la carità del Papa, che ci richiamano il nostro essere chiesa. Oggi celebriamo anche la festa di s.Francesco e la giornata che conclude il “Tempo del Creato”, questo mese di preghiera e impegno per tutti i cristiani e non solo, in questo anno dedicato alla Laudato sii.

Innanzitutto essere parte della chiesa, della comunità cristiana ci interroga. A prima vista questa chiesa oggi più che mai appare come è descritta dal salmo: “la devasta il cinghiale del bosco e vi pascolano bestie selvatiche”. Una chiesa ferita al suo interno da scandali, corruzione, potere; invece che produrre frutti buoni, si ritrova con acini acerbi. Non scarichiamo la colpa solo su vescovi e cardinali, sul Vaticano e nemmeno generalizziamo. Interroghiamoci piuttosto come ciascuno di noi sta collaborando per rendere la chiesa feconda secondo il vangelo, sulla via indicata con perseveranza da papa Francesco.

L’altro ambito di riflessione riguarda il creato. Nella ‘Laudato sii’, e nella nuova enciclica sulla fraternità, il papa ci richiama all’attenzione verso il creato quale attenzione verso l’umanità tutta, per una ecologia integrale che sa tradursi nella cura e nella custodia della terra, dell’acqua, dell’aria, ma anche e soprattutto delle persone, perché solo con scelte di giustizia, di rispetto della vita e della dignità umana, di solidarietà e fraternità possiamo ritrovare l’equilibrio e l’armonia tra i popoli e con il creato.

“Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi” grida il profeta. La vigna dell’umanità oggi è segnata da sangue, da grida di popoli, da sfruttamento e ingiustizia. E tutti sappiamo; non possiamo far finta di niente. Tutti siamo coinvolti e responsabili di questa vigna, del creato intero. Tutti chiamati a fare la nostra parte, oggi. Si può, di deve fare qualcosa anche di piccolo, di semplice…

La parabola del vangelo si chiude con un’immagine di fecondità, di speranza per la vigna, di ‘ripartenza’. “il Regno di Dio sarà dato a  un popolo che ne produca i frutti”. Il Signore non viene meno ai suoi disegni di amore. Chiama oggi e sempre operai. Chi è questo “popolo” di cui parla il vangelo? Sono gli scarti che sanno fondare la loro vita sulla pietra scartata che diventa pietra angolare, Cristo; sono gli ultimi, i piccoli, i miti, gli assetati di giustizia, i pacifici. Possiamo essere anche noi, uomini e donne che dentro questa vigna operano insieme, fraternamente, con amore per renderla feconda di ogni bene. Questo è il miracolo dell’amore di Dio: dalla debolezza costruisce una storia di salvezza. Anche se l’amore è ferito e tradito, Dio non si arrende. E se anche ci sembra che il Vangelo non germogli, in tante situazioni di vita personale e sociale, in realtà, pur in mezzo ai fallimenti, Dio fa cose grandi. La vigna darà il suo frutto, perché c’è ancora chi saprà difenderla e farla fruttificare. Ci sono, nascono dovunque, e lui sa vederli, vignaioli bravi che custodiscono la vigna anziché depredarla, che servono l’umanità anziché servirsene. Con loro uniamoci anche noi per essere i custodi della chiesa, del creato, i custodi della fecondità.

 

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