sabato 16 marzo 2019

II Domenica di Quaresima - C


Quel giorno sul monte deve essere stata un’esperienza unica per i tre discepoli. Non si trattava certo di una bella passeggiata. Lo scopo era chiaro: Gesù, con loro, “salì sul monte a pregare”.
Tutto quello che accadde è conseguenza di questa scelta. Infatti così continua il testo: “Mentre pregava…” e descrive una serie di dirette conseguenze di questa particolarissima esperienza.
Nella preghiera “il volto cambiò d’aspetto”, “la sua veste divenne candida e sfolgorante”, “due uomini conversavano con lui”. Straordinaria esperienza la preghiera, che trasfigura e apre a un orizzonte di luce, di bellezza, di comunione.
Pietro, Giacomo e Giovanni un po’ stanchi e addormentati o forse un poco preoccupati per la fatica di andare dietro a quel Messia che stava andando verso un fallimento dichiarato (aveva poco prima parlato loro di sofferenza e di morte!), vengono decisamente risvegliati da tutto ciò a tal punto da gustare e ammirare quanto stava davanti ai loro occhi.
La scena era così coinvolgente che subito Pietro esclama: “Maestro è bello per noi essere qui…”
La fatica e l’angoscia lasciano il posto alla gioia di essere lì, alla gioia di vedere un volto luminoso, bello, di osservare un orizzonte di vita che sta oltre ogni delusione e prova.
Questo è il frutto della preghiera, di Gesù e nostra. Avere la forza di trasfigurare la nostra vita, di far uscire da noi tutta la bellezza nascosta, tutta la luce che ci abita.
Ma non basta: occorre che giunga una voce, una Parola per ricordare a tutti, noi compresi, che questa bellezza e luce altro non sono che il manifestarsi di ciò che siamo: figli amati. “Questi – questo Gesù dal volto luminoso e bello – è il figlio mio l’eletto; ascoltatelo!”. “Ascoltatelo” per ritrovare anche voi, pur in mezzo alle prove e alle fatiche del cammino, quella bellezza e quella luce che derivano dall’essere stati anche noi amati da sempre e resi figli prediletti.
“E’ bello stare qui”, certo; e non tanto per il luogo incantevole, ma per la scoperta interiore di chi siamo, in e grazie a Gesù.
E allora si può anche scendere dal monte, tornare nella mischia in mezzo a tutti, lottare e faticare ma continuando a dire “E’ bello”. E’bello perché sono figlio di Dio, perché in me risplende la sua luce, la sua Parola, la sua bellezza.
E’ bello perché questo Dio mi ricorda che non ha mai dimenticato quell’alleanza stretta un giorno con Abramo, con l’umanità intera che Abramo rappresenta, alleanza d’amore, di benedizione, di pace per tutte le genti.
E questa consapevolezza è la preghiera che la risveglia in noi. Con essa torniamo belli, torniamo figli. Grazie ad essa abbiamo la forza di stare dentro la storia di oggi, drammatica e preoccupante per tanti versi, sapendo che “è bello stare qui” perché Lui ci ha posti qui e ci custodisce affinché abbiamo a diffondere la sua benedizione, il suo amore, la sua bellezza ovunque.
Se la preghiera non porta a questo è perché forse non è preghiera, ma solo richiesta, contratto, pretesa…
La preghiera vera ci fa entrare nell’alleanza col Padre, ci immerge nella luce e nella bellezza del nostro essere figli amati a immagine del Figlio, e ci dona la luce e la forza dello Spirito per affrontare di nuovo il cammino quotidiano della vita. Ma non più da tristi e rassegnati, ma carichi di fiducia, perseveranti nel bene, nell’impegno di portare a compimento quell’alleanza che è per tutti i popoli e tutti deve abbracciare affinché tutti, scoprendosi figli amati, si riconoscano fratelli e insieme operino per costruire una umanità più giusta, solidale e unita. Sì la preghiera ci trasfigura, perché con la nostra vita abbiamo a trasfigurare il mondo, il creato e la società.

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