venerdì 16 novembre 2018

XXXIII° domenica del Tempo ordinario

La Parola di oggi ci consegna un messaggio di speranza.
La fragilità del mondo, dell’universo intero, dell’uomo, di ciascuno di noi volge verso un fine, una mèta che si prospetta mèta di comunione (radunerà) e di maturazione, di piena realizzazione (dalla pianta imparate…), un fine di vita.
Questo il messaggio carico di speranza. Se ogni giorno c’è un mondo che muore, ogni giorno c’è anche un mondo che nasce; se ogni giorno facciamo esperienza di un mondo che ci crolla addosso (fatiche, delusioni, fallimenti) tuttavia ogni giorno proprio da lì possiamo sempre ripartire verso nuove mete e orizzonti.
Fare nostro questo messaggio apre la nostra vita oltre che alla speranza anche a una rinnovata responsabilità.
Questa responsabilità la potremmo declinare almeno in due atteggiamenti che ci vengono suggeriti, oltre che dalla Parola, anche da quanto siamo invitati a celebrare e vivere in questa domenica.
Innanzitutto papa Francesco ha voluto che si celebrasse in questa domenica la Giornata mondiale dei poveri.
Scopo non è raccolta offerte, ma riflessione, sensibilizzazione, responsabilità appunto.
Il povero grida, ricorda il papa. Grida il suo dolore, la sua solitudine; grida davanti a un mondo che gli crolla addosso, che lo schiaccia e lo umilia. Il povero grida e il Signore lo ascolta; non lo lascia solo, gli dona vicinanza e speranza. Così anche noi, chiesa tutta, siamo chiamati ad ascoltare il grido dei poveri, a offrire loro consolazione, rendere giustizia, donare speranza in un futuro migliore.
Rispondere così a questo grido è operare per portare liberazione, per creare una società più giusta, attenta alla dignità di ogni persona, più fraterna; un anticipo di quel raduno finale mèta del nostro cammino.
“Coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre”, proclama il profeta Daniele nella prima lettura.
C’è poi un secondo invito alla responsabilità che viene a noi dalla nostra chiesa diocesana che sta vivendo il Sinodo.
Il nostro vescovo ci chiede oggi di pregare, affidando in particolare a Maria questo evento. E la preghiera tende a invocare il dono dello Spirito per imparare insieme a leggere i segni, a vedere e toccare con mano i germogli di quel mondo nuovo che cresce in mezzo a noi, di quel regno di Dio che è già qui tutto da scoprire e costruire insieme.
Ecco l’altro atteggiamento di responsabilità cui siamo chiamati. Discernere, riflettere, valutare. “Quando vedrete accadere queste cose (e si tratta di cose positive: germogli di bene, foglie e frutti che spuntano e maturano…) sappiate che egli è vicino”. Il Sinodo deve aiutarci insieme a compiere questa scoperta, a contemplare questi segnali buoni, a farli crescere per il bene della chiesa e del mondo, per essere annunciatori e testimoni di misericordia.
Speranza e responsabilità da coniugare insieme dunque.
Non noi da soli. Ma tutti sotto la guida di Gesù stesso e della sua Parola che da sempre e per sempre illumina i passi e scalda il cuore. Ridà speranza e sostiene il nostro impegno di responsabilità.
“Le mie parole non passeranno mai” afferma Gesù. E queste parole allora non possono mancare mai nella nostra vita di ogni giorno, dentro le nostre comunità. Sono il tesoro prezioso che ci accompagna per aiutarci insieme a tendere verso quel fine di pienezza, di comunione, di vita, mèta finale del cammino di ciascuno e dell’umanità intera.

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