venerdì 22 giugno 2018

Natività di Giovanni il Battista


Il vangelo ascoltato mette in evidenza l’evento della nascita di Giovanni il Battista, di cui celebriamo oggi la festa. Nella prima lettura il brano di Isaia risuona come profezia di questo evento “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome”. Infine il brano degli Atti, nella seconda lettura, è quasi una sintesi della missione del Battista, attraverso la testimonianza di Paolo.
Una Parola dunque che vuole sottolineare l’importanza di questo evento all’interno del grande disegno di salvezza che la Bibbia ci rivela: Giovanni è l’ultimo dei profeti ed è il precursore e annunciatore di Colui che sarà Messia e Salvatore.
Importante questo fatto anche per noi cristiani di oggi, richiamati, in questa festività, a soffermarci almeno su alcune sottolineature che la Parola ci suggerisce.
Innanzitutto siamo invitati allo stupore: è lo stupore che nasce dal riconoscere il disegno di Dio che si compie in Giovanni e così pure in ciascuno di noi. E’ lo stupore del riconoscerci, come Giovanni, da sempre pensati e amati, voluti e desiderati, da un Dio che fa di ogni creatura “una meraviglia stupenda”. Ci aiuta a manifestare questo stupore il salmo responsoriale (138): “Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda”.
Siamo poi chiamati a riconoscere che, dietro al dono della vita, di ogni vita, c’è una missione, un compito. Non solo siamo pensati e voluti, bensì anche ‘incaricati’, mandati. Per Giovanni si prospetta una missione altissima: annunciare che “viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”; è il preparare la strada a Gesù. E’ essere a servizio della sua Parola e Presenza. Ma questa è anche la nostra missione oggi; la missione di ogni cristiano, pensato, amato e voluto per essere un raggio di luce dentro il mondo, un richiamo luminoso di Colui che è la luce del mondo. Anche per noi sono le parole di Isaia: “E’ troppo poco che tu sia mio servo… io ti renderò luce delle nazioni”.
Infine una terza sottolineatura. E’ l’invito a riconoscere la novità che ogni vita e ogni missione porta in sé. Nel Vangelo ha uno spazio considerevole la questione del nome: “volevano chiamarlo col nome di suo padre… ma sua madre intervenne: ‘No, si chiamerà Giovanni’… domandavano con cenni a suo padre… egli scrisse ‘Giovanni è il suo nome’”. C’è qualcosa di nuovo in tutto ciò. Non più secondo le usanze e le tradizioni; ma un nome nuovo, per una missione nuova. Quasi a ricordarci che ognuno di noi non è freddo ripetitore di quanto è nel passato, ma costruttore di un futuro di novità. In ciascuno c’è un futuro di novità che ci supera, che va oltre ogni usanza e tradizione, che porta ogni creatura ad essere nella storia una novità, un orizzonte che si apre e non un cerchio che si chiude dentro le strette mura di una famiglia, di una comunità, di una cultura... E’ così importante saper riconoscere la novità che è in ciascuno che, nell’episodio della nascita del Battista, davanti a questo riconoscimento avviene per Zaccaria il ritrovato uso della parola; lui che, proprio per non aver creduto alla novità di Dio, era rimasto muto. Credere nella novità di Dio e accoglierla nelle persone che entrano nel cammino della nostra vita non può che aprirci alla lode e alla benedizione: “si aprirono la sua bocca e la sua lingua e parlava benedicendo Dio”.
Mi sembrano tre semplici sottolineature che possono aiutarci a ripensare non solo alla figura di Giovanni, ma anche al valore della vita di ciascuno di noi e a saper riconoscere in essa il progetto di Dio che si compie.
Un ultimo particolare, ma niente affatto secondario. Tutto quanto abbiamo detto fiorisce in un contesto di debolezza e fragilità. Zaccaria ed Elisabetta erano nella vecchiaia e segnati dalla sterilità.
Quasi a ricordarci che proprio lì, dove umanamente tutto sembra impossibile, Dio sa operare meraviglie. Quasi a ricordarci che è la sua grazia che fa, che opera, che agisce; grazia più forte di ogni nostra umana fragilità. E Giovanni significa appunto “il Signore fa grazia”. Figlio della vecchiaia, figlio della grazia e figlio di una fede perseverante seppur faticosa: questi è il Battista.
Questi siamo tutti noi: figli amati del Padre, non per i nostri meriti, ma per sua grazia; figli chiamati a manifestare nel mondo la sua novità rivelata in Gesù, attraverso un cammino perseverante di fede.

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