venerdì 2 febbraio 2018

Quinta domenica del Tempo ordinario



Dove sta Gesù? Cosa fa nelle sue giornate? Il Vangelo di oggi lo presenta totalmente dentro la vita degli uomini: è nella sinagoga, va nella casa di Pietro, sta presso la porta della città, va in ogni luogo, ovunque c’è vita. Ma più che stare in luoghi diversi, vive relazioni reali e profonde con chi incontra. Così facendo annuncia che Dio, il Padre, ama la vita, ogni vita, ed è qui accanto all’uomo che vive, con tutte le sue fatiche.
La vita, come già urlava Giobbe nella prima lettura, è fatica, prova. Lo sperimentiamo ogni giorno. La fatica di vivere è evidente attorno a noi. La Parola oggi ci parla di un Dio che in Gesù è dentro in questa vita. Per amarla. Per sostenerla. Per apprezzarla.
E’ un Gesù che tocca, parla, prende le mani. Non fa discorsi; non dice: ‘poverino sopporta, rassegnati’. No: parla con gesti. Con i gesti accompagna l’annuncio che è possibile vivere meglio, trovare vita in pienezza, vivere una vita bella, buona, gioiosa. Ascolta, si avvicina, si accosta e prende per mano. Mano nella mano: così davanti alla suocera di Pietro. E la rialza.
Cristo non è un mago che fa sparire la malattia, la sofferenza e la morte, ma qualcuno che condivide, accompagna, offre sollievo e conforto, libera e salva. Questo lo fa vivendo relazioni che risanano. Non si chiude a nessuno, ma si pone in relazione con tutti.
Per tutta la giornata a Cafarnao combatte la sofferenza e il male stringendo relazioni forti, vitali. E ci aiuta a riconoscere che ogni vita, anche quella sofferente, piccola, indifesa, è preziosa davanti a Dio. Ogni vita ha bisogno di un mano che accompagni, risollevi, accarezzi, aiuti.
Oggi celebriamo la giornata per la vita e i vescovi nel messaggio sottolineano che: i segni di una cultura chiusa all’incontro gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità. Solo una comunità dal respiro evangelico è capace di trasformare la realtà; una comunità che sa farsi “samaritana” chinandosi sulla storia umana lacerata, ferita, scoraggiata. Di questa vita il mondo di oggi, spesso senza riconoscerlo, ha enorme bisogno per cui si aspetta dai cristiani l’annuncio della buona notizia per vincere la cultura della tristezza e dell’individualismo, che mina le basi di ogni relazione”.
Vivere relazioni feconde che generano vita: questo è l’invito; questo fa Gesù.
Tuttavia vivere così non è facile. Spesso è stressante.
Pensiamo a una giornata tipo quella di Gesù, così densa di eventi, descritta nel vangelo. Noi al suo posto ne usciremmo logorati, distrutti…
Ma Gesù ci svela il segreto per riuscirci. Il Vangelo dice che “si ritirò in un luogo deserto e la pregava”. Nella relazione d’amore col Padre sta il segreto. Senza questa relazione d’amore con Dio non può esserci vera relazione d’amore con i fratelli. Non c’è nulla che possa dare energia come passare del tempo a pregare con amore il Padre.
Senza preghiera saremo sempre più preoccupati e meno appassionati. Senza guardare il volto del Padre, saremo incapaci di riconoscere il valore della vita – nostra e di ogni creatura che ci circonda -, di vedere in ogni volto il Suo.
L’amore per la vita matura nella relazione d’amore con Dio, sorgente della vita stessa. E da Lui ci viene la forza, la capacità di affrontare con coraggio la vita anche nei momenti più difficili.
Ecco il segreto, ecco dove Gesù attinge la sua forza, la pazienza, la dedizione, la capacità di spendersi, di servire. In questa relazione quotidianamente nutrita con il Padre, scaturisce la capacità di vivere con amore, attenzione, coraggio. La capacità di servire ogni vita.
Anche noi con Gesù cerchiamo di vivere una vita di relazioni che trovino la loro sorgente nell’amore del Padre. 
E’ la missione che Cristo affida ai discepoli ovunque. Dice loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!” E Paolo, nella seconda lettura, esclama “Guai a me se non annuncio il Vangelo!”. Guai se non trasmetto, con le parole e i gesti, quella bella notizia che la vita è il dono più grande, perché essa è la vita stessa di Dio, ed è da Lui amata, sostenuta, accolta e destinata a trovare in Lui la sua pienezza e bellezza definitiva.

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