sabato 21 ottobre 2017

Ventinovesima domenica del Tempo ordinario



Il racconto di oggi è un tentativo di mettere Gesù in trappola per avere di che accusarlo. Un tentativo ben organizzato e studiato (è la prima ampia parte del brano) e che si apre con una vena di ironia («Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere..).
Il pagare il tributo o meno diventa pretesto per  costringere Gesù a schierarsi.  Insomma tu da che parte stai?
Questa la vera questione; da che parti ti schieri: sei dei nostri oppure no? Sei per la Legge di Mosè o per i dominatori romani…
Gesù innanzitutto svela, con furbizia, la loro ipocrisia; infatti l’episodio si svolge nel Tempio dove era vietato portare immagini umane anche se coniate sulle monete (per questo c’erano i cambiavalute…). Ebbene proprio loro i puri farisei, davanti alla domanda di Gesù “mostratemi la moneta del tributo” ecco che levano di tasca ciò che non avrebbero dovuto avere. Sono proprio loro i primi a violare la norma, a seguire più che la legge di Mosè quella del dio denaro, a dire senza volerlo per chi sono schierati: per il denaro e i loro interessi.
Poi la risposta che li spiazza definitivamente e che apre un orizzonte di novità: “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” .
Da che parte sta Gesù? Dalla parte di Dio, che è anche la parte dell’uomo, perché il Dio che Gesù annuncia è il Dio che è per l’uomo, creato a sua immagine. Se la moneta porta l’immagine di Cesare, noi portiamo l’immagine di Dio e siamo figli suoi. Stare dalla parte di Dio è sempre stare dalla parte dell’uomo. Non è possibile altrimenti. Se sei contro l’uomo sei di fatto contro Dio; e viceversa.
E la risposta di Gesù evidenzia questo.
Ci fa capire innanzitutto che non si tratta di ‘pagare’ qualcosa, ma di ‘rendere’, restituire. Gesù usa volutamente un verbo diverso dal ‘pagare’…  Noi riceviamo tutto: la vita, la salute, il tempo, le capacità umane, intellettive, spirituali. Tutto riceviamo da Dio. Tutto rendiamo a Dio facendo della nostra vita una risposta al Suo amore, un capolavoro di relazioni, di scelte, di cose belle.
Senza Dio noi non siamo. Solo con Lui noi possiamo tutto. Perché tutto è di Dio. E tutto a Lui dobbiamo allora rendere, di tutto dobbiamo imparare a riconoscere il riferimento a Lui se vogliamo veramente realizzare noi stessi.  Del Signore è la terra e quanto contiene, il mondo e i suoi abitanti” (Sl.24); l'uomo e la donna sono dono che proviene da oltre, cosa di Dio. Restituiscili a Lui onorandoli, prendendotene cura come di un tesoro. Il creato è dono suo: rispettalo, curalo, proteggilo, restituiscilo a Lui e a chi verràin tutta la sua bellezza…
Tutto ci viene da Lui e tutto deve essere vissuto con Lui e per Lui. A Lui tutto è destinato a tornare.
Ma noi riceviamo anche da ‘Cesare’, cioè dalla società, dagli altri: pensiamo ad esempio quanto riceviamo dal lavoro di altri, ai diversi servizi che ci vengono dati per la salute, per la scuola, anche per il divertimento… Anche qui allora si tratta non di pagare, ma di rendere, restituire. Questo attraverso relazioni di solidarietà, di condivisione, di fraternità. Purtroppo oggi abbiamo ridotto tutto a denaro e a tasse, che altro non sono che un modo di restituire e collaborare a far sì che si possano offrire servizi sempre più utili e necessari. Abbiamo perso molto il senso e la capacità della condivisione e del sostegno reciproco.
Gesù dunque, con la sua risposta, invita noi oggi a entrare in una forma nuova di relazioni. Invita noi a schierarci: non se pagare o no, ma da che parte stare, se con Dio e l’uomo o sotto lo schiavizzante dominio del mercato e degli interessi privati. Ci chiama a relazioni non tanto basate sul pagare, su un rapporto tra padrone schiavo, ma piuttosto sul rendere, costruendo rapporti di fraternità-figliolanza, con Dio e con le persone. Con Dio da cui tutto riceviamo gratuitamente, come da un padre, vivendo una relazione dunque di figli che sanno rendere tutto a lui, orientando tutta la loro vita a Colui che questa vita l’ha data a noi in dono. Con gli altri riconosciuti fratelli-sorelle da cui riceviamo e insieme rendiamo, in uno scambio non di potere-dominio, ma di solidarietà e condivisione.
Da qui deriva la capacità e la forza di costruire una società più vera, giusta e fraterna.
Come siamo ancora distanti…: eppure come cristiani a questo dovremmo tendere.
Oggi la giornata missionaria mondiale ci ripropone la sfida della missione. E quale altra missione se non quella di far conoscere che la nostra vita è legata a un Dio da cui tutto riceviamo come da un padre, e che solo in lui e con lui possiamo riconoscerci fratelli capaci di collaborare per costruire un mondo più giusto?
E’ questa la bella notizia del Vangelo; e annunciare il vangelo è annunciare il primato di Dio e dell’uomo che insieme, legati da un patto di amore, collaborano a realizzare una storia più umana proprio perché più orientata a Dio e da Lui provvidenzialmente e gratuitamente guidata.

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