sabato 18 febbraio 2017

Settima domenica del tempo ordinario



Siamo su un altro pianeta! Così potrebbe essere la prima reazione alla Parola ascoltata oggi. Non siamo piuttosto nel cuore stesso del messaggio cristiano? Messaggio che appunto ha lo scopo di cambiare i cuori e di cambiare – perché no? – anche il pianeta in cui viviamo. 
Non accantoniamo subito queste parole come impossibili e utopiche. Proviamo invece con calma, nel silenzio e nella preghiera, a lasciarle entrare nel nostro cuore, a lasciare che illuminino la nostra vita, le nostre relazioni sociali e personali. Non potranno che, pian piano, far crescere in noi un senso di pace interiore, di desiderio di crescere nel nostro modo di rapportarci gli uni gli altri, di riscoprire che l’essere cristiani fa la differenza e ci spinge a osare la diversità, a costruire nuove relazioni che sappiano esprimere il nostro vero volto di figli di un Dio che è Padre e che non fa distinzioni, ama tutti, “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”.
Sì perché quanto ci è detto da Gesù, dando compimento e portando a vera maturazione l’antica legge mosaica (che pur utilizzando la legge del taglione – ‘occhio per occhio dente per dente’ – già tendeva alla costruzioni di relazioni umane paritarie), trova il suo significato e soprattutto la sua motivazione profonda proprio dal riferimento al Padre, al Dio santo, che ci chiama ad essere riflesso di Lui: “Siate santi, perché io il Signore vostro Dio, sono santo” (così si apre la prima lettura); “Dunque siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”: così chiude il vangelo. Luca invece nel suo testo dice: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste”. Ci mette così sulla giusta via per capire in cosa consista questa ‘santità-perfezione’ cui siamo chiamati. Non certo nell’essere onnipotenti e  grandi, bensì nell’essere diversi (la santità di Dio indica la sua diversità da noi), nell’essere completi, pieni di amore e di bontà (“Il Signore è buono e grande nell’amore” abbiamo pregato nel salmo). Potremmo ancor meglio dire: in questo invito alla perfezione e santità sta l’appello a fare nostro lo sguardo stesso di Dio che sa vedere ogni vivente non con l’etichetta del amico-nemico, simpatico-antipatico, bensì in tutti i suoi figli amati. Ecco perché la strada che Gesù ci propone alla fine porta ad essere veramente figli di Dio: “amate… affinché siate figli del Padre vostro celeste”, affinché possiamo far vedere quell’immagine di figli che è in ciascuno, possiamo manifestare quel volto di Padre che tutti ci ama.
Le parole di Gesù allora, lette dentro questa cornice che fa da sfondo e ne offre le motivazioni, sono stimolo a un cammino che deve portarci a saper sprigionare le migliori energie che ci sono in noi. “Non opporti al malvagio… Amate i vostri nemici”. Non replicare al male col male; spezza la catena perversa con il coraggio del bene: questo sta a dire il “porgi l’altra guancia”. Non significa passare per stupidi. Gesù non ci chiede di essere stupidi, tonti, ma buoni fino in fondo. Anche Gesù quando è stato schiaffeggiato non ha presentato l’altra guancia, ma ha detto: “Se ho sbagliato dimostrami dove ho sbagliato, se non ho sbagliato perché questa violenza?”. Lui ci invita dunque a non opporre alla violenza che viene addosso altra violenza, altrimenti questa cresce. Osa essere diverso: ecco cosa ci chiede Gesù; non chiudere i ponti con gli altri, impara a vedere il positivo che c’è in tutti, a vedere l’altro con lo sguardo stesso di Dio: più che prossimo, figlio suo. 
Messaggio solo per persone speciali? No. Per ogni cristiano. Oserei dire per ogni uomo e donna. E’ la strada per tendere a una ricchezza di umanità che possiamo e dobbiamo recuperare. In un pianeta dove le relazioni quotidiane, sia sociali che personali, sono segnate sempre più da forme di violenza assurda (la cronaca purtroppo ce lo ricorda tutti i giorni); una violenza che penetra come virus dentro le famiglie, nelle relazioni più intime e profonde e genera divisione, morte, apre catene infinite di ricatti, di vendette, di ritorsioni. Questo è il pianeta, la storia che stiamo vivendo; qui dunque siamo chiamati a un sussulto di umanità, e come cristiani al coraggio di essere differenti, alternativi, di essere veramente (e non solo per modo di dire) figli di Dio. E si è figli solo se si assomiglia al Padre nel comportamento. Ma non dimentichiamoci che per noi non è solo questione di assomigliare al Padre; Paolo ci ha ricordato che noi “siamo tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in noi… santo è il tempio di Dio che siete voi”. Noi casa si Dio, sua dimora. Noi come comunità e come singole persone. Ogni essere umano è il tempio di Dio. Da qui dunque uno sguardo nuovo. Una forza nuova: la forza del Suo Spirito. Da Lui guidati e plasmati veniamo resi capaci, in un cammino di pazienza e di conversione quotidiana, di manifestare quell’amore che già è stato seminato nei nostri cuori e che attende solo di poter germogliare dentro questa nostra storia, nelle nostre relazioni sociali e personali. L’Eucaristia stessa a cui partecipiamo non fa altro che alimentare e rafforzare questa presenza in noi. Nell’eucaristia si manifesta chiaramente che “noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio”, che noi, che ci nutriamo di Cristo, parola e pane, siamo resi “tempio di Dio”, dimora del suo Amore e chiamati a generarlo e testimoniarlo con la nostra vita.

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