domenica 16 novembre 2014

33° domenica del tempo ordinario / A



Ci sono due eccessi nella vita di oggi: da una parte l’attivismo frenetico che non concede tregua alcuna, rendendoci schiavi dell’orologio, del computer, del cellulare, degli infiniti impegni che ritmano le giornate…; dall’altra l’indifferenza più assoluta, il pensare solo ai propri interessi, alle proprie preoccupazioni, senza scomodarsi affatto per gli altri…
Due eccessi che tante volte si incontrano: il nostro frenetico vivere diventa un pensare solo a noi stessi.
Siamo invitati, dalla Parola di Dio oggi, a ritrovare un equilibrio, a uscire da una vita dispersiva, a tendere a una vita più armonica e feconda.
Per fare questo occorre innanzitutto verificare il nostro modo di vivere “i tempi e i momenti” – come ammonisce Paolo nella seconda lettura – che la vita ci presenta. Paolo richiama i cristiani a quella vigilanza che deve tradursi in un saper vivere con responsabilità. “Non dormiamo, vegliamo, siamo sobri”. “Non siete nelle tenebre… siete tutti figli della luce e figli del giorno”. E’ invito a una vita luminosa che non cade negli eccessi sopra accennati, ma si attua nell’equilibrio della responsabilità, capace di riconoscere “i tempi e ei momenti”, le occasioni che ci vengono date e di farle fruttificare al meglio.
Esempio di tale vita vissuta con responsabilità è l’immagine della donna che il libro dei Proverbi ci presenta nella prima lettura. Un’immagine che è riferita non tanto alla donna in sé, bensì vuole rappresentare l’umanità stessa, quello che dovrebbe essere il modo di vivere del popolo di Israele, di cui appunto la donna è immagine.
In lei vediamo descritta una vita non certo dispersiva, anzi: sa unificare ogni cosa (corpo, mente e spirito), divenendo così capace di vivere con responsabilità i doni ricevuti. Una responsabilità che si traduce in affabilità, laboriosità, vigilanza, generosità. Una vita dunque che si realizza in modo luminoso, in piena armonia, lasciando attorno a sé una scia di luce, di bellezza, di bene: “superiore alle perle è il suo valore”. Così dovrebbe essere il nostro vivere nel mondo.
E il vangelo torna sul tema presentandoci la figura dei tre servi. Anche in loro possiamo vedere cosa significhi vivere con responsabilità o meno, e il risultato che ne deriva. La felicità e la realizzazione (“prendi parte alla gioia del tuo padrone”) oppure il fallimento (“gettatelo fuori nelle tenebre”). Luce e tenebre ritornano anche qui a indicare un modo di essere e di vivere.
Ma importante e interessante è notare che il diverso modi di agire di questi servi è strettamente legato all’idea e al rapporto che essi hanno con il loro padrone.
I primi due percepiscono che questo padrone-signore è estremamente generoso e pieno di fiducia nei loro confronti, né colgono tutta la gratuità del dono ricevuto (non dato in prestito…: “consegnò” dice il testo: è un dare senza riprendere). Si rendono conto che più che servi li considera suoi collaboratori, di più: quasi suoi familiari. E tali si sentono. E la consapevolezza di ciò, li spinge a impiegare con libertà, genialità, generosità quanto ricevuto.
Il terzo servo invece si è fatta un’idea diversa e sbagliata “so che sei un uomo duro… ho avuto paura”: pensa al padrone con paura, teme il suo giudizio, non coglie la sua gratuità, ma vede il rapporto con lui in termini di contratto; è rimasto servo, non ha colto l’opportunità e il dono ricevuto. Da questo modo di vedere e pensare deriva paura, timore, calcolo, che portano questo servo non a impiegare, ma a nascondere, a conservare quanto ricevuto.
Il risultato è descritto chiaramente. La fiducia nella gratuità e nell’amore del padrone, che ha portato i due servi al moltiplicare i doni del suo amore, è premiata: “Bene, servo buono e fedele”; e il padrone non solo non richiede quanto dato, ma rende partecipi di tutti i suoi beni, di tutta la sua vita: “ti darò potere su molto.. prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Non sono più servi, ma signori come Lui.
La paura che invece spinge a chiudersi e a conservare quanto ricevuto in dono porta al fallimento: “Servo malvagio e pigro”. E’ il “servo inutile”: perché chiamato ad essere signore, è rimasto servo. E’ rimasto seppellito nelle tenebre, perché ha seppellito i doni, le opportunità ricevute. Una persona che ha fallito la sua esistenza per paura.
Il cuore della parabola dunque è condurci a una corretta immagine di Dio e a costruire con Lui una relazione giusta, liberandoci dalla paura di Dio che impedisce di realizzarsi. Solo così tutta la nostra vita potrà diventare produttiva, feconda.
Dio, ci ricorda Gesù, non è un padrone avido, cui preme il guadagno, la resa, ma un padre che ci riempie di doni e desidera solo che viviamo rimanendo fedeli al Lui, fiduciosi nel suo amore, perché solo così questi doni potranno moltiplicarsi, diffondersi.
Noi non viviamo per restituire a Dio i suoi doni, ma per essere resi partecipi del suo amore, per essere trasformati da servi in signori, da schiavi a figli. Solo la fiducia in lui può aprirci a vivere come figli della luce. La paura invece che ci chiude in noi stessi, alla fine ci immerge e ci soffoca nelle tenebre. Dal rapporto che viviamo con Dio deriva dunque l’impostazione della nostra vita e dipende poi il nostro modo di agire nella storia.  Se tutto si riduce a un rapporto contrattuale (padrone-servo) la vita diventa calcolo, paura di sbagliare, stretta osservanza di regole, conservazione e attaccamento a quanto ricevuto.
Se invece ci apriamo a un rapporto di gratuità e di amore (padre-figli) la vita allora diventa opportunità, capacità di generare e moltiplicare l’amore ricevuto, fantasia e generosità per moltiplicare e far crescere quel Regno di Dio che ci è stato messo nelle mani perché, come figli, collaboriamo a diffonderlo con amore e non a seppellirlo per paura. 
Che cristiani siamo dunque? Conservatori o creativi? Pigri o responsabili? Un’immagine sbagliata, errata di Dio, può rovinare per sempre l’esistenza del credente e la vita-missione della chiesa stessa.  Sta a noi aprirci con fiducia a Lui così da vivere nel tempo con responsabilità e armonia, non sciupando i momenti e le occasioni che Lui ci offre, moltiplicando i doni del Suo amore

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