Quale reazione dopo l’ascolto della Parola di Dio oggi? Cosa ha suscitato in noi? Paura, angoscia, perplessità, oppure fiducia, speranza?
Sicuramente emerge un forte richiamo alla fragilità e alla provvisorietà del mondo, dell’universo intero, di ciascuno di noi. Tutto muove verso una fine, così ci viene da pensare. Ma di fatto la Parola parla, più che di una fine, di un fine, una mèta dove, tutto ciò che è destinato a passare, troverà il suo compimento. Si prospetta una mèta di comunione (radunerà i suoi eletti) e di maturazione, di piena realizzazione (dalla pianta imparate), un fine di vita.
Questo il messaggio carico di speranza. Se ogni giorno facciamo esperienza di un mondo che sembra crollarci addosso (fatiche, delusioni, fallimenti, guerre, violenze) tuttavia ogni giorno proprio da lì possiamo sempre ripartire verso nuove mete e orizzonti. Importante oggi accogliere e fare nostro questo messaggio. In questo “tempo di angoscia” come dice il libro di Daniele (1 lettura) occorre che apriamo la nostra vita alla speranza e di conseguenza anche a una rinnovata responsabilità.
Questa responsabilità si declina nel saper vedere il positivo, nel coltivare i germogli che ci sono e stanno maturando, di lavorare per una storia diversa nella consapevolezza del Suo ritorno pur non sapendo né il giorno né l’ora.
C’è poi un avvenimento, che siamo invitati a celebrare e vivere in questa domenica, che sollecita questa nostra responsabilità carica di speranza. Papa Francesco ci invita oggi a celebrare per l’ottava volta la Giornata mondiale dei poveri. Scopo non è la raccolta di offerte, ma la riflessione, la sensibilizzazione, la responsabilità da risvegliare.
Nell’anno dedicato alla preghiera, in preparazione dell’ormai imminente anno santo del giubileo, l’invito è appunto quello di pregare: “La preghiera del povero sale fino a Dio” (Siracide). E “tutti siamo poveri e bisognosi. Tutti siamo mendicanti, perché senza Dio saremmo nulla. Non avremmo neppure la vita se Dio non ce l’avesse donata”. Riconoscendoci così poveri con i poveri come cristiani “siamo chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società”. E’ la responsabilità di una carità solidale che può trovare solo nella preghiera la sua sorgente e forza; significativo l’esempio di Madre Teresa di Calcutta che il papa propone, che proprio dalla preghiera trovava le energie per vivere la carità verso i poveri.
Ecco dunque l’invito: “Esorto ognuno a farsi pellegrino di speranza ponendo segni tangibili per un futuro migliore. Non dimentichiamo di custodire ‘i piccoli particolari’ dell’amore’: fermarsi, avvicinarsi, dare un po' di attenzione, un sorriso, una carezza, una parola di conforto…” Non sono forse questi i piccoli germogli da imparare a vedere e da coltivare che ci parlano dell’”estate vicina”, della speranza in un futuro diverso? Certo, ricorda il papa, “questi gesti non si improvvisano; richiedono piuttosto una fedeltà quotidiana spesso nascosta e silenziosa, ma resa forte dalla preghiera”. E la preghiera è invocare il dono dello Spirito proprio per imparare a leggere i segni, a vedere e toccare con mano i germogli di quel mondo nuovo che cresce in mezzo a noi, di quel regno di Dio che è già qui, tutto da scoprire e costruire insieme attraverso i piccoli dettagli del quotidiano. “Quando vedrete accadere queste cose (e si tratta di cose positive: germogli di bene, foglie e frutti che spuntano e maturano…) sappiate che egli è vicino”.
Speranza e responsabilità da coniugare insieme dunque.
Non noi da soli. Ma tutti sotto la guida di Gesù stesso e della sua Parola che da sempre e per sempre illumina i passi e scalda il cuore. Ridà speranza e sostiene il nostro impegno di responsabilità. “Le mie parole non passeranno” afferma Gesù. E queste parole allora non devono mancare mai nella nostra vita di ogni giorno, trovando concretezza dentro le nostre comunità. Sono il tesoro prezioso che ci accompagna per aiutarci insieme a tendere verso quel fine di pienezza, di comunione, di vita, mèta finale del cammino di ciascuno e dell’umanità intera.