sabato 12 luglio 2025

"Amerai" - XV° domenica del tempo ordinario

 

“Che cosa devo fare?”. La domanda che un dottore della Legge pone a Gesù risuona anche per noi ogni giorno. Quante volte, nelle situazioni più diverse, ci ritroviamo a interrogare noi stessi o altri: che cosa devo fare? come devo agire? E’ una domanda non solo personale ma anche sociale, politica direi: cosa fare davanti a questo e a quest’altro problema?

Più ancora importante diventa l’interrogativo se si tratta di capire cosa fare per vivere bene, per realizzare una vita piena, eterna, come chiede il dottore della Legge a Gesù.

Per capire ciò che è giusto o meno fare, noi cristiani troviamo indicazioni, nella Parola di Dio che come bussola indica il cammino. Già Mosè (1 lettura) diceva al popolo: “Obbedirai alla voce del Signore”. Questa ‘voce’ o ‘parola’ – che inizialmente era la Legge - prende poi carne in Gesù stesso, il ‘Verbo fatto carne’, Lui che – come ricorda Paolo nella 2 lettura – “è immagine del Dio invisibile, è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono”.

Questo Gesù, risorto e vivente sappiamo che abita con noi e in noi grazie al Suo Spirito che diventa guida, luce, suggerimento per affrontare il  cammino della vita con tutte le sue scelte. E’ vero quanto Mosè diceva: “Questa Parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore perché tu la metta in pratica”.

Ecco allora che dobbiamo imparare ad ascoltare, ad ascoltarci. Cosa ci dice questa Parola che è dentro il nostro cuore come seme di vita? Ci dice semplicemente: “Amerai”.

“Cosa devo fare? Amerai”. In ogni cosa, in ogni situazione, in ogni scelta: amerai. Amerai Dio, amerai gli altri, amerai il creato, amerai te stesso. “Fa’ questo e vivrai!”

Sarebbe così semplice, no? E invece, anche noi come il dottore della Legge volendo giustificarsi, vogliamo chiarire, specificare, precisare… si ma… ”e chi è il mio prossimo?”, quasi ci fossero distinzioni tra le  persone, quasi a trovare scusanti o sconti circa il fatto di essere chiamati ad amare!

Oggi, come cristiani in primo luogo e come esseri umani, è necessario che torniamo a riscoprire veramente chi è il prossimo. Anche tra noi troppi pensano che prossimo indichi chi hai vicino, i tuoi, quelli di casa, i familiari, insomma prima il vicino, prima questo poi magari anche gli altri…

Fosse almeno così! Purtroppo vediamo come coi vicini spesso si arriva se non ai coltelli, ai litigi, all’odio, alle liti…

Gesù oggi vuole aiutarci a comprendere il senso profondo di questo imperativo “Amerai”. Lo fa con una parabola semplice e splendida, che in fondo altro non fa che descrivere Lui, la sua vita, quello che lui è venuto a fare (perché alla fine è Gesù il vero buon Samaritano).

“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico…” Così inizia il racconto; ed è subito novità: “un uomo” dice Gesù. Non specifica se ebreo, pagano, bianco o nero, straniero o amico, buono o cattivo… semplicemente un uomo. E questa è già indicazione preziosa: imparare a vedere l’uomo al di là di tutti gli aggettivi e attributi che lo possono qualificare. “E’ l’uomo, un oceano di uomini, di poveri derubati, umiliati, bombardati, naufraghi in mare, sacche di umanità insanguinata per ogni continente”. (E.Ronchi)

Ma poi viene un’altra sorpresa: ci fa capire, attraverso l’atteggiamento dei diversi personaggi, che il prossimo non è tanto qualcuno piuttosto che un altro, ma sono io; io sono chiamato a farmi prossimo di questo uomo concreto. Di chiunque incontro sul mio cammino.

“Chi ti sembra sia stato il prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?” “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”.

Questa la vera religione; non basta quella rituale del sacerdote e del levita che però schivano l’uomo ferito. 

Questo significa tornare umani, più ancora essere cristiani ovvero come Cristo che “lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino”. E’ la declinazione del verbo “amerai”: “lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino”. 

Amerai facendoti prossimo ad ogni uomo e donna che incontri sul cammino della vita. Questo è il vangelo. Questo è quanto dobbiamo fare se vogliamo rendere bella e riuscita la nostra e l’altrui vita.


sabato 5 luglio 2025

"Prima dite: Pace" - XIV domenica del tempo ordinario

 

Una parola attraversa le letture di oggi: “pace”.

“Io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la pace” (1let.)

“Su quanti seguiranno questa norma (essere nuova creatura) sia pace e misericordia” (2 let.)

“La pace di Cristo regni nei vostri cuori” (al canto dell’alleluia)

“prima dite: Pace a questa casa” (vangelo)

Una pace che appare come dono, annuncio, frutto di una presenza, quella di Dio, del suo regno, in mezzo a noi.

Questa pace diventa missione per tutti noi. “Andate” è l’invito, il mandato. Siate portatori, operatori della pace che nasce dalla presenza di Dio: “li inviò davanti a sé”, per aprire la strada alla sua presenza di pace.

Come compiere questa missione? Gesù elenca modi, atteggiamenti, parole che non passano e ancora oggi diventano per noi la via da seguire.

- “li inviò a due a due”: insieme, come fratelli; la fraternità è il primo annuncio della pace di Dio;

- “La messe è abbondante”: Gesù ha e ci insegna ad avere uno sguardo positivo che sappia vedere il bene che già c’è e aspetta di essere riconosciuto, sostenuto, incoraggiato;

- “Pregate dunque”, sì, proprio perché ci siano sempre più operai, operatori di pace, collaboratori nel costruire insieme il regno di Dio;

- “vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, chiarissimo no alla violenza, no alle armi, no ad arroganza e potere; solo uno stile di mitezza e di non violenza conquista.

- “non portate…”: è l’invito alla libertà dall’attaccamento alle cose, alle sicurezze umane, a partire dal denaro che è spesso causa di odio, violenza, guerra…

- “in qualunque casa prima dite: Pace a questa casa”: è il primo annuncio in assoluto, è il dono, è il frutto che deve maturare nelle relazioni domestiche e in ogni luogo, ovunque andiamo e siamo.

Questa chiamata missionaria che oggi risuona per noi ha tutta la sua forza e urgenza che aveva allora. Fare strada a Gesù, al Regno di Dio che è definito “vicino” accanto noi; questa Sua presenza che ci accompagna e sostiene e ci manda per costruire relazioni nuove, relazioni di pace. Il discepolo di Gesù che non opera e non costruisce relazioni di pace non può dirsi né essere suo discepolo, non può dirsi cristiano.

Come comunità lavoriamo insieme per trovare modalità, scelte che sappiano promuovere e sostenere ogni forza positiva che già è presente accanto a noi.

Facciamo sentire, con la nostra presenza e la nostra vita, la Sua presenza, il suo regno: “E’ vicino a voi il regno di Dio”. Alla fine, ci ha detto Paolo, “ciò che conta è l’essere nuova creatura” e lo si è grazie all’amore di Cristo ricevuto e donato ai fratelli.

Creature nuove, creature di pace che con la loro vita costruiscono e rendono sempre più vicino il regno di Dio. Questo è il cristiano, la chiesa. Questa la missione che oggi Gesù ci affida.

 


sabato 28 giugno 2025

"Unità nella carità" - Solennità dei santi apostoli PIETRO e PAOLO

Abbiamo ascoltato le vicende di Pietro nella prima lettura e Paolo stesso che nella seconda lettura fa un resoconto del suo cammino di apostolo. Due voci, due testimonianze, due persone diverse e due apostoli che ci confermano un solo, unico messaggio: “il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza”, “il Signore mi ha liberato da ogni paura”, come abbiamo pregato nel salmo.

Questo ci ricorda che non stiamo celebrando due super eroi che hanno compiuto grandi imprese, ma due discepoli di Gesù che lo hanno riconosciuto quale figlio di Dio: “Voi chi dite che io sia? Tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente”, risponde Pietro e su di Lui, la roccia angolare, hanno costruito e impegnato la loro vita fino al dono del martirio.

Questo è il primo richiamo anche per noi: “Voi chi dite che io sia?”, riconosciamo Gesù quale fondamento della nostra vita personale e comunitaria? E’ come se mi dicesse: significo qualcosa per te? Lo senti il mio amore per te?

La chiesa che siamo chiamati a costruire insieme nasce da questo riconoscimento, da questa centralità di Cristo su cui far poggiare le nostre vite, il nostro impegno, il nostro essere insieme annunciatori e testimoni del suo vangelo.

Pietro con Paolo diventano inoltre richiamo di una chiesa sinodale, chiamata a camminare insieme armonizzando i doni diversi che la costituiscono.

Certo c’è un primato di Pietro ma finalizzato a un servizio: edificare, custodire, legare e sciogliere. Un servizio reso direttamente a Gesù perché alla fine è lui che edifica e fa crescere mentre noi siamo solo amministratori come Paolo stesso riconoscerà.

Quindi mentre oggi preghiamo, come fecero i primi cristiani (1 lettura) in particolare per il successore di Pietro, papa Leone, vogliamo chiedere al Signore che non solo lo sostenga nel suo servizio universale alla chiesa ma anche preghiamo perchè ci renda collaboratori con lui, sotto la sua guida, per costruire questa chiesa che Cristo stesso ha voluto e su di lui cresce e si edifica per portare nel mondo il regno di Dio, regno della novità evangelica.

Oggi più che mai c’è bisogno di questi passaggi: fondare su Gesù, collaborare insieme sotto la guida di colui che Gesù ha voluto come suo primo riferimento in un cammino sinodale, riscoprire l’importanza e la bellezza di essere chiesa, comunità radunata nel nome della Trinità e chiamata a continuare la missione stessa di Cristo nel mondo.

Sono tre aspetti tutti da ‘rispolverare’ perché il rischio è quello di andare verso un cristianesimo individualizzato o di piccoli gruppi che altro non fa che far male alla chiesa frammentandola e rendendola insignificante.

Occorre riprendere la passione della comunione tra noi, del lavorare insieme, del riconoscerci strumenti – spesso incapaci e fragili – che tuttavia sono guidati e sostenuti da Cristo stesso. La vera pietra è il signore Gesù. Pietro e tutti noi siamo pietre friabili, di roccioso a cui ancorarsi c’è solo il Suo amore e la Sua fedeltà che resta salda, pronta a perdonare sempre e nonostante tutto.

Così anche noi possiamo allora ripetere: “il Signore ci è stato vicino e ci ha dato forza perché anche noi potessimo portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero.”